Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-03-2011) 20-04-2011, n. 15665 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 16 febbraio 2009 la Corte di Appello di Catanzaro liquidava a B.F. la somma di Euro 30.000,00 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione subita (per la durata di 141 giorni, di cui 18 in regime carcerario, gli altri in regime di arresti domiciliari),quale imputato del delitto di all’art. 416 c.p., dal quale è stato poi definitivamente assolto. I giudici del merito determinavano in Euro 300,00 al giorno l’importo dovuto per la detenzione carceraria ed in Euro 200,00 al giorno quello per la detenzione domestica.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso l’istante, per mezzo del difensore, denunziando il vizio di motivazione. Deduceva che, pur avendo il provvedimento impugnato richiamato "le conseguenze personali e familiari" derivanti dalla privazione"della libertà, nella sostanza aveva valorizzato unicamente la durata e la forma della misura sofferta. Lamentava che la Corte distrettuale non aveva compiutamente esaminato la documentazione fornita dall’istante e tendente a dimostrare, non solo i danni non patrimoniali, ma altresì quelli patrimoniali. In particolare aveva trascurato di valutare la perizia medico-legale, pur meticolosa e puntuale, relativa ai danni subiti sotto il profilo bio-psichico e con riferimento alla vita di relazione…; inoltre aveva omesso di tener conto della personalità del ricorrente e del danno all’immagine, pur in presenza di specifica doglianza sul punto. Aveva omesso di valutare la perizia tecnico- contabile diretta a provare l’entità del danno economico patito dal richiedente e dalla società cui era a capo, essendogli stati anche negati tutti i fidi bancari e la società era stata esclusa e bandita da tutte le gare di appalto pubblico; quella medico-legale con cui si era accertata una menomazione alla pregressa attività psicofisica pari all’8%; il supporto audio-video… contenente la cronaca a diffusione regionale della notizia da parte del TG3. Infine non aveva valutato gli articoli di cronaca giudiziaria, che per tutta la durata della vicenda (ben 8 anni) avevano esposto il ricorrente alla gogna mediatica.

La Corte di legittimità accoglieva il ricorso. In proposito osservava che il giudice del merito,pur richiamando la documentazione prodotta, non aveva specificato se ed in quale misura fossero stati ritenuti sussistenti ed eventualmente calcolati gli ulteriori pregiudizi lamentati dall’istante. Pertanto annullava il provvedimento impugnato per difetto di motivazione specificando però che il danno indennizzabile è quello derivante dalla privazione della libertà e non dal processo.

La Corte del merito confermava la precedente motivazione osservando che gli ulteriori danni non economici lamentati non erano stati provati e che le dedotte conseguenze sullo stato di salute e su quello economico si fondavano su allegazioni generiche e comunque non provanti.

Ricorre per cassazione l’interessato per mezzo del proprio difensore denunciando:

la violazione dell’art. 627 c.p.p., perchè la Corte distrettuale aveva ignorato il principio di diritto enunciato dalla Corte di legittimità, la violazione degli artt. 314, 315 e 643 c.p.p., perchè il giudice del merito,pur dichiarando che si deve tenere conto delle conseguenze personali e patrimoniali, in realtà non le aveva valutate e liquidate;

mancanza o contraddittorietà della motivazione sulle doglianze contenute nelle memorie difensive ed omessa valutazione della documentazione prodotta.

Resiste al ricorso il Ministero per mezzo dell’Avvocatura dello Stato.
Motivi della decisione

Il ricorso è in parte fondato e va accolto per quanto di ragione.

Questa corte con la sentenza di annullamento non ha imposto al giudice del merito di attribuire all’interessato una congrua somma di denaro per ogni componente del danno da lui dedotta, trattandosi pur sempre di un indennizzo di natura equitativa e non d’integrale risarcimento del danno secondo le regole civilistiche,ma ha solo precisato che dalla motivazione non risultava se il giudice del merito avesse o no tenuto conto delle componenti del danno lamentate dall’istante e se le avesse liquidate considerandole comprese nella somma attribuita all’istante (al predetto si è riconosciuta una somma di poco superiore a quella derivante dal mero calcolo aritmetico). Quindi il provvedimento è stato annullato per difetto di motivazione. Inoltre questa corte ha richiamato l’attenzione del giudice del merito sulla circostanza che il danno indennizzabile è quello derivante dalla custodia cautelare e non dalla processo.

Orbene il giudice del merito solo in parte si è attenuto ai principi enunciati dal giudice di legittimità. Invero la Corte distrettuale legittimamente ha escluso i danni collegabili alla durata del processo ed in modo particolare quello esistenziale per la durata del processo. A proposito di tale danno si deve rilevare che secondo l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 39815 del 2007) in tema di riparazione per ingiusta detenzione, deve escludersi che tra le conseguenze ulteriori indennizzabili possa essere ricompressa una voce a titolo di danno esistenziale, perchè il pregiudizio che con questa tipologia di danno non patrimoniale viene evidenziato non è diverso ed autonomo da quello conseguente alla stessa privazione della libertà personale, di per sè idonea, da sola, a sconvolgere per un periodo consistente le abitudini di vita della persona.

Ciò precisato, la motivazione della Corte distrettuale è lacunosa per quanto concerne la valutazione della documentazione prodotta dall’istante a sostegno del danno patrimoniale e in parte per quanto riguarda quella indicata a sostegno del danno psichico.

Sul primo aspetto la Corte si è limitata ad affermare che non poteva ritenersi provato che la privazione della libertà personale avesse potuto seriamente determinare una diminuizione dei profitti ed un aumento delle perdite,senza indicare le ragioni per le quali tale prova non poteva considerarsi raggiunta. Si tratta di un’affermazione meramente assertiva che va approfondita valutando l’eventuale insorgenza di obbligazioni risarcitorie a carico del detenutola mancata conclusione di contratti ecc., durante il periodo delle detenzione.

Con riferimento alle ripercussioni psichiche si osserva che queste sono già comprese nella determinazione dell’indennizzo in base al calcolo aritmetico allorchè sono contenute in limiti normali, posto che la privazione della libertà causa sempre disagi psichici o stati ansiosi (Cass. 13 febbraio del 2008, Pagano CED 239683). Vanno invece indennizzate allorchè danno luogo ad un danno alla salute ossia ad una lesione psichica permanente. Anche su tale punto la motivazione non è adeguata.

Alla stregua delle considerazioni svolte il provvedimento impugnato va annullato con rinvio per un nuovo esame.

In particolare il giudice del rinvio dovrà riesaminare la documentazione contabile prodotta dall’istante al fine di stabilire se la società abbia subito danni durante il periodo della detenzione del B. dipendenti dalla detenzione stessa nonchè quella sanitaria al fine di stabilire se il periodo di detenzione abbia causato una vera e propria sindrome depressiva ansiosa di natura permanente, collegabile alla detenzione, superiore a quella che normalmente si verifica in caso di privazione della libertà personale.

Rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese di questo grado tra le parti.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 623 c.p.p., annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro, cui delega la liquidazione delle spese di questo grado.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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