Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-03-2011) 20-04-2011, n. 15649 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 4 maggio 2009, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina ha ritenuto A.A. responsabile del reato previsto dall’art. 81 cpv. cod. pen., D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, (T.U. Stup.), L. n. 1423 del 1956, art. 9 e lo ha condannato alla pena di anni sette di reclusione ed euro ventisette di multa.

A sostegno della conclusione, il Giudice ha rilevato come dalla perquisizione domiciliare fosse emerso che l’ A. detenesse di cocaina e come dagli appostamenti effettuati dalla polizia fosse possibile concludere che vari giovani frequentavano la casa dell’imputato per rifornirsi da lui di sostanze stupefacenti. In esito all’appello dello A., la Corte territoriale ha reputato fondata la richiesta di concessione della speciale attenuante dell’art. 73, comma 5, T.U. citato e di riduzione della pena (fissata in anni due di reclusione ed euro quattromila di multa) mentre ha respinto le censure sulla responsabilità considerate quasi inammissibili. Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione rilevando come l’iter argomentativo sia solo apparente e che manchi una, sia pure concisa, esposizione delle ragioni in fatto e diritto che hanno consentito la sua condanna per i reati in tema di stupefacenti. Le censure sono meritevoli di accoglimento.

Deve, innanzi tutto, precisarsi come l’imputato – nei sintetici, ma puntuali motivi di appello – avesse dedotto, per il reato sub b (illecita detenzione di grammi due di cocaina), di essere tossicodipendente per cui la droga serviva ad uso personale e, per il reato sub (cessione di stupefacenti), avesse rilevato che le dichiarazioni dei presunti acquirenti lo scagionavano.

In tale contesto, l’intero apparato argomentativo del provvedimento in esame, in punto di responsabilità, si riduce alla citazione di decisioni della Cassazione sulla possibilità e sulle condizioni di una motivazione della sentenza di appello per relationem a quella di primo grado.

Ora la integrazione tra le due conformi decisioni è fattibile solo se la Corte territoriale fornisca un nucleo essenziale di argomentazione dal quale sia desumibile la dimostrazione che i Giudici – dopo avere preso in esame le censure dell’appellante ritenute non pertinenti – hanno fatto proprie le considerazioni svolte nella prima sentenza reputandole coerenti e corrette (ex plurimis: Cass. Sez. 6 sentenza 35346/2008).

Nella ipotesi che ci occupa, la Corte di Appello si è limitata a confermare la decisione impugnata in termini apodittici e stereotipati senza dare conto dei motivi di impugnazione e senza indicare le ragioni per cui aderiva alla decisione di primo grado ;

pertanto, la impugnata sentenza di pone al di fuori dal legittimo ambito di una argomentazione per relationem con conseguente vizio di motivazione sindacabile a sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Inoltre, nel testo della sentenza impugnata, è riscontrabile una incoerenza. La Corte ha concesso la speciale attenuante considerando l’entità del fatto irrilevante per il dato ponderale della droga (pari a grammi due di cocaina); in tale modo, ha implicitamente ritenuto sussistente solo il reato sub a senza motivazione alcuna sul residuo delitto.

Per le esposte considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria perchè quella di Messina è munita di una unica sezione.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame alla Corte di Appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *