Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-03-2011) 20-04-2011, n. 15748 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 26 giugno 2009, il Tribunale di Rimini, sezione per il riesame, annullava il decreto del GIP in sede con il quale era stato disposto il sequestro preventivo di porzione di fabbricato urbano sito nel Comune di (OMISSIS) di proprietà di G.S..

Il Tribunale, dato atto della sussistenza del fumus commissi delicti in riferimento al reato di cui all’art. 629 c.p. addebitato a P. G. marito convivente della G., sulla scorta delle dichiarazioni acquisite in sede di indagini difensive e della documentazione prodotta riteneva che fossero stati forniti "sufficienti elementi per fare quanto meno dubitare della sussistenza d’ una situazione d’interposizione fittizia in favore" dell’indagato, sicchè riteneva la mancanza dei presupposti del disposto sequestro preventivo L. n. 366 del 1992, ex art. 12-sexies.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso il Pubblico Ministero, che ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza ed erronea applicazione del citato art. 12-sexies per avere il Tribunale violato il principio basilare della norma costituito dall’inversione dell’onere della prova, perchè incombe ai soggetti che hanno la titolarità o la disponibilità dei beni sequestrati provarne la legittima provenienza, prova che nel caso in esame non è stata fornita in maniera adeguata, tanto che il provvedimento impugnato ha affermato che gli elementi offerti consentono quantomeno di dubitare della situazione della ritenuta interposizione fittizia.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

"In relazione alla speciale ipotesi di confisca di cui alla L. 7 agosto 1992, n. 356, art. 12-sexies, nel caso in cui il bene che si assume illecitamente acquistato risulti intestato a terzi incombe sull’accusa l’onere di dimostrare l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, in modo che possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell’acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca; in tal caso, il giudice ha l’obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, sì da costituire prova indiretta dell’assunto che si tende a dimostrare, cioè del superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene" (Cass. Sez. 2, 10- 24.1.2008 n. 3990; conf. Rv 211832, 226053).

La diversa opzione ermeneutica posta a fondamento del ricorso, secondo cui: "la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale, prevista dalla speciale ipotesi di confisca di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, opera anche in riferimento ai beni intestati al coniuge ove non risulti la riconducibilità dell’acquisto ai redditi derivanti dall’attività di lavoro svolta da quest’ultimo (Cass. Sez. 2, 3.12.2008 – 2.2.2009 n. 4479; conf. Rv 229300), è solo apparentemente in contrasto con l’altra, perchè in motivazione la ora citata decisione n. 4479/2009 pone a carico dell’accusa la prova dell’incongruenza reddituale e solo all’esito della dimostrazione di essa torna ad operare la presunzione legale di illecita accumulazione.

Correttamente quindi il Tribunale, a fronte della documentazione e delle dichiarazioni acquisite, ha ritenuto insussistente la prova della affermata interposizione fittizia.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso del P.M..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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