Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-03-2011) 20-04-2011, n. 15708 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14 giugno 2010, il Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi, confermava la sentenza del Giudice di Pace in sede appellata da P.P., con la quale questi era stato dichiarato colpevole del delitto di cui all’art. 81 cpv. c.p. e art. 639 c.p., comma 2 per avere ripetutamente imbrattato il portone nonchè i muri esterni dell’immobile sede della sezione distaccata del Tribunale, incollandovi manifesti ed incidendovi una scritta.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – illogicità della motivazione perchè la sentenza ha ritenuto la responsabilità per tutto quanto oggetto di addebito senza tenere conto che P. ha ammesso l’affissione dei manifesti ma non di avere inciso una scritta; – inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 639 c.p., n. 2 e illogicità della sentenza perchè la mancanza di una valida motivazione circa i fatti emersi nel corso del giudizio e quelli riferiti in sentenza, rendono quest’ultimo provvedimento privo di nesso logico tra premessa e conclusioni. La questione assume rilevanza, perchè la semplice affissione di manifesti non può costituire l’ipotesi del reato contestato.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità, perchè a fronte della motivazione della sentenza impugnata che ha giustificato il convincimento della riferibilità soggettiva dello scritto in gesso all’imputato sia in ragione della contestualità del suo rinvenimento con quello dei manifesti (in ordine alla cui affissione vi è stata ammissione per la sorpresa in flagranza) sia in ragione del suo contenuto (coincidente con i motivi posti a fondamento della condotta contestata), si limita a rammentare che il ricorrente aveva negato la circostanza. La doglianza è cioè proposta in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, oltre che generico, perchè la sentenza impugnata ha spiegato che l’uso della colla ha determinato il contestato imbrattamento, per le difficoltà connesse alla sua rimozione, provate dalle dichiarazioni dei testimoni, che hanno riferito dati di natura fattuale e non valutativa che la sentenza impugnata indica come riscontrati.

Va quindi ribadito che il delitto di cui all’art. 639 cod. pen. tutela la proprietà sotto il profilo della sua menomazione per effetto del deturpamento o imbrattamento laddove la violazione amministrativa di cui all’art. 663 cod. pen. è posta a tutela dell’ordine pubblico (cfr. Cass. Sez. 1, n. 4816/1972 rv. 121556).

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere in conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e della somma, che in ragione dei motivi di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 100/0,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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