Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-03-2011) 20-04-2011, n. 15700

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Chieti, sez. di Ortona, giudicava con il rito ordinario C.A. imputato di due ipotesi di ricettazione di assegno bancario provento di furto in danno di M. M.; commesso il (OMISSIS);

al termine del giudizio, unificati i due reati con il vincolo della continuazione, veniva emessa sentenza di condanna, in data 16.02.2004, alla pena ritenuta di giustizia;

La corte di appello di L’Aquila, investita del gravame, rilevava che le due imputazioni di ricettazione riguardavano, in realtà, il medesimo assegno e la medesima condotta, sicchè riteneva la penale responsabilità in ordine ad un unico reato con esclusione della continuazione ritenuta dal primo giudice, confermando nel resto;

L’imputato ricorre per cassazione a mezzo del suo difensore, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1)-il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione del divieto di "reformatio in peius" ex art. 597 c.p.p., comma 3 ed osserva che la Corte di appello, pur avendo escluso la continuazione, ex art. 81 cpv c.p., tra i due reati contestati aveva poi omesso di ridurre le pena applicata in primo grado;

-lamenta l’erroneità della motivazione della Corte di appello laddove aveva osservato che non vi era luogo alla riduzione perchè il primo giudice non aveva comminato alcun aumento di pena per la continuazione;

-a parere del ricorrente tale motivazione era da censurare, atteso che il Tribunale aveva sicuramente proceduto all’aumento di pena anche se in maniera forfetaria e senza evidenziare il calcolo seguito per l’aumento della pena base;

2)-la sentenza era comunque da censurare per avere omesso la motivazione circa la ricorrenza dell’ipotesi attenuata, ex art. 648 c.p., comma 2, per altro ritualmente invocata nei motivi di appello;

-al riguardo sarebbe illogica, oltre che inidonea, la motivazione adottata dalla Corte territoriale, laddove aveva laconicamente osservato che tale ipotesi attenuata non ricorreva nel caso di ricettazione di titoli di credito, richiamando una Giurisprudenza relativa alla ricezione di moduli in bianco di assegni che, però, non era applicabile nella specie, relativa alla ricezione di un assegno già compilato;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

Quanto al primo motivo, relativo alla dedotta violazione del divieto della "reformatio in peius" si deve osservare che dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che il fatto era unico, anche se contestato due volte a causa dell’iniziale avvio di due procedimenti distinti;

correttamente la Corte di appello ha rilevato che non ricorreva alcuna ipotesi ex art. 81 cpv c.p. e che non andava applicato alcun aumento di pena;

la Corte territoriale ha osservato che anche il Tribunale aveva concluso in tali termini, tanto che aveva irrogato una pena unica senza procedere ad alcun aumento di pena e che tale volontà del Tribunale era riscontrabile nella circostanza che la pena irrogata, lungi dall’essere aumentata (sia pure forfettariamente – come sostenuto dal ricorrente -) era stata irrogata in misura addirittura inferiore al minimo edittale.

L’operato della Corte di appello risulta pienamente corretto e rispettoso del divieto della "reformatio in peius", emergendo in maniera chiara che il Tribunale si è limitato alla mera enunciazione del reato continuato, senza ritenerlo in concreto sicchè, in effetti, non vi era alcuna pena da ridurre.

II ricorrente prende spunto dalla pena irrogata in primo grado per sostenere che era stata comminata in misura inferiore al minimo edittale perchè il Tribunale aveva ritenuto, sia pure implicitamente, l’ipotesi attenuata ex art. 648 c.p., comma 2;

si tratta tuttavia di un motivo infondato, dovendosi condividere la sentenza di appello laddove ha congruamente osservato che nella decisione di primo grado non emergeva alcuna motivazione riguardo all’ipotesi del fatto di lieve entità.

Infine, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere rigettato la richiesta di applicazione dell’ipotesi attenuata ex art. 648 cpv c.p., ma al riguardo la sentenza impugnata motiva sia pure sinteticamente osservando che tale attenuante non può essere riconosciuta per la ricettazione di titoli di credito, ostandovi i criteri espressi dalla costante Giurisprudenza di legittimità.

In effetti, la Giurisprudenza è consolidata nel ritenere l’esclusione dell’ipotesi lieve di cui all’art. 648 c.p., comma 2, nel caso di ricettazione di assegni bancari, a causa dell’intrinseca pericolosità della condotta e della potenzialità del danno grave derivante dalla loro circolazione. (Cassazione penale, sez. 2^ 02 ottobre 2007, n. 45200).

A nulla vale replicare, come fa il ricorrente, che tale giurisprudenza è stata formulata in relazione a moduli di assegni in bianco, essendo del tutto evidente che quel principio può estendersi anche agli assegni già compilati, dovendosi in tal caso valutare, tra gli altri elementi del fatto, anche il valore portato dall’assegno che, nella specie, era superiore al milione di lire e perciò non collocabile nell’ambito del fatto di lieve entità.

Al riguardo, si è infatti ritenuto che in tema di ricettazione, il valore del bene è un elemento concorrente solo in via sussidiaria ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto di cui al capoverso dell’art. 648 c.p., "nel senso che se esso non è particolarmente lieve deve comunque escludersi la tenuità del fatto, essendo superflua ogni ulteriore indagine" (Cassazione penale, sez. 2, 23 marzo 1998, n. 4581).

Appare evidente dunque che l’incensurabilità della pur sintetica motivazione della sentenza impugnata.

Segue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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