Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-03-2011) 20-04-2011, n. 15698

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Tempio Pausania giudicava con il rito ordinario B.M. imputato del reato di ricettazione di un assegno bancario provento di furto in danno di V.P.; commesso tra il (OMISSIS);

al termine del giudizio l’imputato veniva condannato con sentenza del 16.07.2002 alla pena ritenuta di giustizia;

La Corte di appello di Cagliari, sez. di Sassari, investita del gravame, confermava la decisione impugnata con sentenza del 19.01.2009;

B.M. ricorre per cassazione a mezzo del suo difensore, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e):

1)- il ricorrente censura di illogicità, ex art. 546 c.p.p., comma 1 lett. e), la decisione impugnata per avere desunto la responsabilità dalla circostanza che era restato contumace nel giudizio di primo grado;

– al riguardo, deduce l’illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto che l’omissione di chiarimenti in ordine alla provenienza del bene sarebbe elemento sufficiente per la prova dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione;

– osserva che tale principio contrasta con quello del "nemo tenetur se detergere" desumibile dall’art. 64 c.p.p., comma 3;

– la sentenza impugnata aveva eluso anche l’obbligo di risolvere il dubbio circa la ricorrenza dell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 712 c.p..

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La sentenza impugnata risulta congruamente motivata, avendo ricavato la prova della penale responsabilità del B. dalle circostanze:

– che l’imputato, restato contumace, aveva omesso di fornire qualsiasi giustificazione in ordine al possesso dell’assegno compendio di furto;

– che, per altro, dagli atti non era emerso alcun rapporto giuridico atto a collegare il prevenuto all’assegno in questione e tale da giustificarne una lecita disponibilità;

Con tale motivazione la Corte territoriale ha evidenziato un aspetto decisivo della vicenda, in piena adesione all’insegnamento di questa Corte che, con giurisprudenza costante ha ritenuto più volte che in tema di ricettazione, la consapevolezza dell’agente della provenienza delittuosa della cosa acquistata o ricevuta può desumersi da qualsiasi elemento, e, in particolare, anche, dall’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. Cassazione penale. sez. 2^, 22 gennaio 2008, n. 5996.

Da quanto sopra esposto emerge l’infondatezza dell’altro motivo di ricorso, relativo all’illogicità della motivazione nella parte in cui non ha riconosciuto sussistenti gli estremi di cui all’art. 712 c.p., atteso che la Corte territoriale, sul punto, ha evidenziato come la mancanza di giustificazioni circa il rapporto giuridico giustificativo del possesso dell’assegno in questione, non consentiva di ritenere ipotesi diverse da quella contestata ex art. 648 c.p..

Si tratta di una valutazione in fatto, ben motivata e pertanto incensurabile in questa sede di legittimità.

Va ricordato che nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se il provvedimento di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i "limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento" secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. sez 4 sent n. 47891 del 28.09.2004 – Cass. sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999; Cass. sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993).

Quanto ai vizi di illogicità della motivazione impugnata va osservato, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l’iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso,che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro iter, quand’anche, in tesi, egualmente corretti sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, ancorchè munite, in tesi, di eguale crisma di logicità. Cassazione penale, sez. 4^ 12 giugno 2008, n. 35318.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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