Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-02-2011) 20-04-2011, n. 15645 Diritti d’autore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Con la sentenza impugnata, la Corte ha riformato in punto di pena la condanna di primo grado (per avere dichiarato la estinzione per prescrizione di uno dei reati in continuazione) ed ha, quindi, sostanzialmente confermato il giudizio di responsabilità pronunciato nei confronti dell’odierno ricorrente accusato di violazione della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter.

Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione perchè, con motivazione illogica, la Corte perviene alla conclusione della abusività della riproduzione dei supporti magnetici pur in assenza di una verifica sul loro contenuto effettivo e sulla corrispondenza con quanto risultante dalle copertine fotocopiate.

Si contesta, altresì, il fatto che la Corte non abbia ritenuto di escludere l’aggravante dell’art. 171 ter, comma 2 sebbene non fosse stata raggiunta la prova della vendita di oltre 50 supporti.

Infine, si invoca una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

2. Motivi della decisione – il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.

E’ stato ribadito anche di recente da questa S.C. che il reato di vendita o messa in commercio di supporti audiovisivi illecitamente duplicati è configurabile, non soltanto nella flagranza del medesimo, "ma anche in presenza di una prova indiziaria desumibile dalle modalità di rinvenimento e dal luogo della detenzione" (sez. in, 27.1.09, diop. rv. 243110).

Tale affermazione è stata fatta proprio con riferimento ad una fattispecie nella quale il reo – come nel caso in esame – era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria mentre esponeva ai passanti la merce su una bancarella.

Il principio appena enunciato si fonda anche con altro, omologo, secondo cui l’assenza del contrassegno non dimostra, sempre e comunque, l’illecita provenienza del prodotto (perchè, come risulta dalla L. n. 633 del 1941, art. 181 bis, comma 3, il contrassegno può non essere apposto su determinate opere indicate dalla legge o dallo stesso regolamento) ma costituisce elemento indiziario nella valutazione della fattispecie concreta ed, unitamente ad altri elementi (quali, ad esempio, le circostanze della detenzione, un numero di supporti particolarmente significativo, copertine contraffatte ecc), concorre a qualificare correttamente il fatto (Sez. 3, 24.6.08, Mersal, Rv. 240792).

Trasferendo tali concetti al caso in esame, si deve concludere per la piena correttezza del ragionamento della Corte d’appello che ha respinto le – analoghe alle presenti – deduzioni difensive sulla natura presuntiva della prova in ordine ai contenuti dei supporti osservando che la loro illiceità "sia pure non riscontrata con riferimento all’ascolto o visione dei supporti sequestrati, può ritenersi empiricamente dimostrata dalle modalità e circostanze di fatto poichè i supporti venivano pubblicizzati con il corredo delle relative copertine e dall’assenza del ed bollino SIAE". In particolare, poi, i giudici di merito hanno evidenziato il fatto che il T. "offriva in vendita i supporti pubblicizzandoli agli occasionali passanti, circostanze che, anche avuto riguardo al numero consistente di supporti, escludono una mera detenzione degli stessi a fini personali".

Inammissibile per carenza di interesse è, poi, la questione relativa alla mancata declaratoria formale di esclusione dell’aggravante contestata dal momento che, concretamente, ciò è già avvenuto con la affermazione di prevalenza delle circostanze attenuanti. Peraltro, si nota anche che la presente censura viene proposta in questa sede per la prima volta dal momento che non risulta formulata con i motivi di appello.

L’inammissibilità del presente ricorso preclude ogni possibilità – sia, di far valere, sia, di rilevare di ufficio – l’estinzione del reato per prescrizione, quand’anche maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta nè rilevata nel giudizio di merito (Sez. 3 8.10.09, Imperato, Rv. 244999; S.U., 22.3.05, Bracale, Rv. 23.11.64).

Alla presente declaratoria di inammissibilità, segue, per legge ( art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000.
P.Q.M.

Visto l’art. 637 e ss. c.p.p.;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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