Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-02-2011) 20-04-2011, n. 15642 Diritti d’autore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello ha riformato parzialmente la pronuncia di primo grado con la quale l’imputato era stato condannato per avere detenuto, a fini di vendita, oltre 50 supporti magnetici contenenti riproduzioni abusive di opere musicali e cinematografiche. I giudici d’appello hanno, infatti, escluso l’aggravante del secondo comma della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter ma, al contempo, hanno respinto altri motivi di appello finalizzati ad ottenere l’assoluzione.

Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso, tramite il difensore denunciando vizio di motivazione nella parte in cui non si è data risposta alla doglianza difensiva secondo la quale non vi sarebbe stata la prova della corrispondenza tra i contenuti effettivi dei supporti magnetici e quanto indicato nelle copie di locandine che li rappresentava. In particolare, si fa notare che l’informativa di P.G. è particolarmente generica e che, in ogni caso, la risposta della Corte non sarebbe stata pertinente e puntuale nel replicare alla questione posta che non era quella di stabilire se l’imputato avesse potuto vendere delle opere difformi da quelle menzionate sulle locandine bensì "se le opere contenute nei ed e dvd fossero coperte dal diritto di autore".

Altra critica viene mossa per il fatto che sia stato ritenuto sussistente il delitto sub b) (che, per la insussistenza di quello sub a), avrebbe dovuto essere escluso) ed, infine, al fatto Che la Corte non abbia spiegato i motivi del mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

2. Motivi della decisione – Il ricorso è manifestamente infondato.

La prima questione sollevata è, vista la contestazione, irrilevante e fuorviante. L’accusa mossa all’odierno ricorrente è di avere detenuto per la vendita e posto in commercio n. 67 supporti magnetici contenenti fonogrammi di opere musicali (n. 28 CD, videogrammi di film ed opere cinematografiche, n. 29 DVD) e programmi videogiochi per consolle (n. 9 DVD per Playstation), opere protette dal diritto d’autore, abusivamente riprodotte e sprovviste del contrassegno SIAE, nonchè le relative locandine ed altri segni distintivi pure abusivamente riprodotti.

A fronte di ciò, la Corte pur dando atto di una ricognizione piuttosto "sommaria" da parte della polizia, ha sottolineato – in primo luogo – che, tuttavia, essa non ha impedito una classificazione del materiale e, comunque, ha evidenziato – con motivazione compiuta e logica – che l’abusività della riproduzione era desumibile dal fatto che l’imputato "esponeva per la vendita (come egli stesso ha ammesso) i sessantasette CD e DVD sprovvisti del marchio SIAE sul viale (OMISSIS), ossia nel pieno centro della città".

Tale dato obiettivo viene acutamente commentato dai giudici di merito con l’osservazione che "la stabilità e centralità del punto vendita e la connessa facilissima reperibilità non gli avrebbero consentito di porre in vendita oggetti che non corrispondevano realmente a quanto offerto, con il rischio di essere immediatamente individuato e raggiunto dagli acquirenti, in tal modo sostanzialmente truffati".

La logicità ed inappuntabilità dell’argomentare della Corte sono completati dal rilievo che "del resto, non si vede cos’altro, se non contenuti di opere protette dalla tutela della legge, l’imputato potesse porre in vendita in tali condizioni di tempo e di luogo per sperare che la sua attività avesse uno sbocco economicamente apprezzabile".

A tale stregua, risulta non conferente insistere sul profilo della violazione dei diritti d’autore posto che, all’evidenza, per la sicura mancanza dei contrassegni SIAE e le complessive modalità di detenzione e vendita dei prodotti, l’assenza del marchio prescritto per le opere intellettuali era un corollario indiziante di una attività la cui illiceità era comunque desumibile aliunde.

Per l’effetto delle considerazioni che precedono, è manifestamente infondata anche la questione relativa alla violazione dell’art. 648 c.p. che è, oltre tutto, generica e meramente assertiva.

Infine, non può trovare accoglimento nemmeno la critica che il ricorrente rivolge alla sentenza impugnata a proposito dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4. Contrariamente, a quanto si assume, infatti, la risposta della Corte è bene rinvenibile e corretta. Dicono i giudici che "non è concedibile la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 tenuto conto del valore commerciale non trascurabile della merce sequestrata, desunto dal numero dei supporti magnetici in rapporto ai valori medi di vendita".

Non solo, quindi, la doglianza circa una assenza di risposta è palesemente destituita di fondamento ma deve soggiungersi che, trattandosi di un apprezzamento fattuale argomentato con logica ed in aderenza ai dati processuali, esso si sottrae a qualsiasi critica perchè il compito di questa S.C. non è certo quello di verificare la possibilità di dare nuove letture alle risultanze processuali optando per quella che si ritiene preferibile.

Alla palese infondatezza del ricorso segue una declaratoria di inammissibilità, che comporta, per legge ( art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000.
P.Q.M.

Visto l’art. 637 e ss. c.p.p.;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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