T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 18-04-2011, n. 3341

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ricorso, notificato in data 7 febbraio 2005 e depositato il successivo giorno 24, la società S.Y. impugnava il provvedimento in epigrafe, con il quale S.I. aveva deliberato di non accogliere la richiesta di ammissione alle agevolazioni indicate in epigrafe.

1.1.- La società ricorrente premetteva, in fatto:

– di avere presentato, in data 18 febbraio 2002, domanda di ammissione alle agevolazioni per l’intrapresa di un’attività di locazione e noleggio di imbarcazioni a vela – ai sensi della legge 236/1993 – presso la Sede di Lamezia Terme di S.I. Calabria ove i soci si erano avvalsi dei preliminari ed istituzionali servizi di accompagnamento alla progettazione;

– che, in base ai protocolli organizzativi e procedimentali vigenti all’epoca della domanda, S.I. Calabria avrebbe dovuto provvedere, nel rispetto dell’ordine cronologico, "alla verifica dei requisiti di accoglibilità formali e, nel caso di esito positivo, all’avvio del successivo iter istruttorio"(nota SICAL 020290 del 26 febbraio 2002);

– che l’istruttoria si era svolta presso la sede regionale di S.I., a ciò delegata, sicché quest’ultima, in data 27 giugno 2002 (e cioè quattro mesi dopo la presentazione della domanda) nel corso dell’iter istruttorio, segnalava, alla istante la necessità di approfondire alcuni aspetti progettuali con l’intera compagine sociale e fissava un incontro, presso la sede di Lamezia Terme, per il giorno 8 luglio 2002;

che, nel corso dell’incontro, svoltosi prima della data fissata, S.I. Calabria provvedeva a redigere una relazione istruttoria, rimasta riservata, culminante con un parere finale circa la "accoglibilità" della domanda e quindi trasmetteva la domanda, lo studio di fattibilità, con i relativi allegati e il parere stesso alla sede nazionale di S.I. ai fini dell’emissione della delibera di approvazione o non approvazione;

– che i dettagli del procedimento valutativo e decisionale, vigente all’epoca della domanda per cui è causa, erano sintetizzati nella guida all’art. 1 bis della legge 236 (ed. settembre 2001) a cura ed edita da S.I.- Area creazione di impresa e promozione del lavoro autonomo, che prevedeva un apposito "iter di valutazione", della durata di 120 giorni, intercorrente dal progetto alla deliberazione che concludeva "la fase istruttoria", comportante "tre tipologie di giudizio": "valutazione negativa", "sospensione" e "valutazione positiva";

– che successivamente, nessuna delibera, ancorché intempestiva, interveniva da parte di S.I. per sospendere il decorso del termine massimo di procedimento, trascorrendo altresì anni senza che la ricorrente potesse avere notizie sull’evoluzione della vicenda, né, tantomeno, ottenere un appuntamento con un responsabile della struttura o del procedimento;

– che, in data 11 novembre 2002, l’amministratore della S.Y. inoltrava a S.I. una nota in cui si sintetizzavano i fatti successivi alla presentazione della domanda evidenziando i disagi derivanti dall’ingiustificato ritardo nell’adozione di una delibera di qualsivoglia tenore e si chiedeva la comunicazione del responsabile del procedimento, delle ragioni del ritardo e dei residui tempi massimi di istruttoria;

– che poiché nessun riscontro perveniva da S.I., seguivano una serie di telefonate ed una email di messa in mora all’indirizzo di posta elettronica del responsabile per le relazioni con il pubblico;

– che all’email rispondeva, in data 22 gennaio 2003, un funzionario della "Customer care – Area sostegno politiche occupazionali di S.I." la quale così sintetizzava lo stato del procedimento: "La risposta formale alla vs lettera di novembre 2002 è stata trasmessa via posta e dovrebbe arrivare a breve. La situazione ad oggi è la seguente: il vs progetto ha terminato l’iter valutativo, ed è in attesa della sola delibera firmata dall’amministratore delegato. Sarò probabilmente in grado dì farle sapere qualcosa nel mese di febbraio p.v.";

– che dopo tale informazione non solo non veniva emessa alcuna delibera, ma S.I. solo dopo dieci mesi, cioè il 25 novembre 2003, trasmetteva, alla S.Y., la seguente nota: "in relazione all’oggetto vi comunichiamo che è in corso la valutazione del progetto da Voi presentato. A breve provvederemo a trasmetterVi il format per l’aggiornamento dello studio di fattibilità, necessario per il completamento dell’iter istruttorio. Desideriamo far Vi presente che quanto sopra non potrà costituire affidamento alcuno per Voi circa l’effettiva disponibilità dei fondi né ovviamente, circa l’ammissione del Vostro progetto alle agevolazioni, che è comunque, subordinata all’esito positivo dell’istruttoria";

– che, a fronte dei 120 gg. fissati da come tempo massimo di istruttoria, a distanza di circa due anni e dopo aver già comunicato da dieci mesi che l’istruttoria era conclusa, "S.I. stravolge tutto il pregresso e comunica che la valutazione è ancora in corso e che anzi occorre, per il completamento dell’istruttoria, un aggiornamento (omettendo, tra l’altro di scusarsi per avere essa stessa cagionato il grave ritardo e la conseguente necessità di aggiornamento) per il quale, a breve, i soci avrebbero ricevuto un apposito format";

– che la trasmissione del format avveniva dopo tre mesi; che S.Y. lo riceveva infatti in data 24 febbraio 2004 con invito a compilano e corredarlo della documentazione richiesta entro il successivo 26 aprile; che il format – consistente nella richiesta di un nuovo progetto di fattibilità dell’iniziativa – era stato compilato e tempestivamente spedito a S.I.;

– che il 10 dicembre 2004, e cioè circa tre anni dopo la presentazione della domanda, S.I. comunicava alla ricorrente che "l’istruttoria del progetto da Voi presentato si è conclusa con esito negativo. Le motivazioni sono indicate nel provvedimento allegato in copia alla presente. Le stesse qui si riportano integralmente: "CONSIDERATO che il settore del charter nautico è caratterizzato da una domanda stabile e da una crescente competizione tra gli operatori (fonte: Dossier Nautica, supplemento del Sole 24 Ore del 9/10/2004; dati consuntivi delle 27 aziende di charter nautico agevolate da S.I.; pubblicazione UCINA: La nautica in cifre edizione 2003, ricerca effettuata per il settore del noleggio e della locazione di unità da diporto in collaborazione con la rivista Vela e Motore); che a causa della stabilità della domanda e del crescente numero di operatori presenti sul mercato, la produttività media è attestata su 12/13 settimane annue di utilizzo per imbarcazione; che i costi per le spese di ormeggio e quelle pubblicitarie incidono mediamente per circa il 15% del fatturato; che le previsioni economico finanziarie della S.Y. S.a.s. di F.O. & C. ipotizzano un utilizzo delle imbarcazioni pari a 21 settimane annue per imbarcazione, un’incidenza delle spese di ormeggio e di quelle pubblicitarie pari rispettivamente al 4% del fatturato atteso; che il progetto non fornisce elementi tali da giustificare la differenza in termini di margini attesi e trend di crescita rispetto agli andamenti medi del settore; che rielaborando i bilanci previsionali, sulla base dei valori medi di settore, le previsioni economiche denotano assenza di redditività dell’iniziativa proposta; DELIBERA di non ammettere alle agevolazioni la società S.Y. s.as. di O.F. &. C. prot. 7594, in quanto non risulta verificata la validità tecnica, economica e finanziaria dell’iniziativa proposta – art. 16 comma 1, lett. c) D.M 250/2004".

1.2.- La società ricorrente deduceva, in diritto, otto motivi di ricorso, così di seguito sintetizzabili:

a.- Violazione dell’art. 5 comma 3 della legge 241/90 per omessa comunicazione del responsabile del procedimento amministrativo, così determinandosi l’impossibilità per la società ricorrente non solo di partecipare al procedimento ma di ottenere informazioni qualificati sull’iter istruttorio e sui gravissimi ritardi accumulati (ben tre anni dalla presentazione della domanda di ammissione alle agevolazioni per cui è causa).

b.- Violazione delle norme organizzative e procedimentali di cui al documento nominato "guida alla legge 236" in punto di termine massimo di conclusione del procedimento. Eccesso di potere per l’irragionevolezza e l’illogicità di una decisione tardiva.

Pur ammettendo che secondo la giurisprudenza il mancato rispetto del termine massimo del procedimento amministrativo, nei casi in cui il termine sia meramente acceleratorio (e tale sarebbe quello di 120 giorni previsto per la conclusione della fase istruttoria nel procedimento de quo), determinerebbe solo l’illegittimità del silenzio mantenuto dalla p.a. e non anche l’illegittimità del provvedimento tardivamente assunto, sottolinea la ricorrente che il termine massimo di conclusione del procedimento non è qui solo stabilito in funzione di mera delimitazione temporale dell’azione amministrativa, in ossequio ad un principio di buon andamento ed efficienza, ma rappresenta il congruo termine per valutare iniziative imprenditoriali che in ragione della dinamicità e variabilità dei loro presupposti di fattibilità e redditività (rapida evoluzione del mercato, costo dei beni e delle risorse, limiti di operatività temporale dei preaccordi commerciali, contingenza della strategia commerciale, evoluzione della legislazione fiscale etc.) sono fortemente influenzate dal fattore tempo.

Sottolinea in particolare che uno studio di fattibilità tecnico- economicofinanziaria, dopo un anno dal suo concepimento, non ha più quelle caratteristiche di attualità che lo rendono aderente al reale ed aggiornato contesto economico e sociale in cui si inquadra.

Soggiunge che il termine, non a caso previsto di quattro mesi, si configura congruo per la valutazione del progetto così come presentato e indurrebbe, nella delibera di non accoglimento intervenuta a distanza di tre anni, profili di invalidità, se non per violazione di legge, quanto meno sotto l’aspetto dell’eccesso di potere per l’irragionevolezza e l’illogicità di una valutazione effettuata a così grande distanza temporale dalla domanda.

c.- Violazione degli artt. 6 e 7 del DM. 695/94. Violazione degli artt. 16, 17 e 40 del D.M. 250/2004.

S.I., dopo aver lasciato trascorrere inutilmente quasi tre anni senza l’adozione di alcuna delibera sospensiva del termine finale a fini eventualmente integrativi o di approfondimento dell’istruttoria, richiede alla compagine un "aggiornamento" del progetto da effettuare a mezzo di apposito format che è in realtà il format o schema di domanda imposto, dopo l’entrata in vigore del regolamento 250/2004, da S.I. per la presentazione di nuove domande.

Nell’evidenziare che tale format è lo standard di uno studio di fattibilità in cui devono essere indicati elementi di dettaglio (relativamente a soci e società, descrizione dell’idea imprenditoriale e dell’attività di impresa che si intende realizzare, il mercato, il contesto competitivo e la strategia commerciale, il programma di investimenti, la localizzazione, la previsione di spesa, la tempistica di realizzazione etc.), rileva la ricorrente come si sia utilizzato un espediente per richiederle non integrazioni istruttorie o approfondimenti istruttori, ma "un nuovo studio di fattibilità", che l’ha costretta, a distanza di tre anni dal primo studio, a rimodulare ogni aspetto del progetto, a rivedere gli accordi preliminari per le collaborazioni con i futuri partners commerciali, a riesaminare gli aspetti competitivi e di tenuta del mercato a dimostrare, ancora una volta, tutto ciò che era stato già ampiamente provato e documentato prima.

Il tutto però in violazione e contrasto con gli artt. 6 e 7 del D.M. 695/1994 nonché in contrasto, a volerli ritenere applicabili, con gli artt. 15, 16 e 17 del D.M. 250/2004 ed in violazione delle norme procedurali e di dettaglio elaborate e pubblicate dalla stessa S.I., non prevedendo le prime alcun aggiornamento istruttorio e limitandosi le ultime a legittimare la possibilità, in capo a S.I. di sospendere, per una sola volta, con apposita delibera, il termine massimo di 120 giorni.

Né potrebbe sostenersi che sulla vicenda giochi un ruolo legittimante l’art. 40 del D.M. 250/2004 poiché, sebbene in esso sia previsto che "le domande per le quali non è stata completata la procedura di valutazione alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono integrate sulla base delle disposizioni recate dal decreto legislativo e dal presente regolamento" non v’è, a ben vedere, nessuna integrazione necessaria in virtù del solo D.M. 250/2004 rispetto a quanto già previsto dal D.M. 695/94, senza considerare che la richiesta di aggiornamento è del febbraio 2004 e dunque molto antecedente rispetto all’entrata in vigore del D.M. 250 del 16 luglio 2004, fissata al 21 ottobre 2004.

d.- Eccesso di potere per gravi contraddittorietà emerse in sede di istruttoria.

Dopo la conclusione dell’istruttoria, compiuta presso la sede regionale di S.I., gli atti sono stati trasmessi alla sede centrale per l’adozione della delibera di accoglimento o non accoglimento, ma tali atti sono rimasti per più di due anni senza ricevere alcuna attenzione ulteriore sino all’aprile 2004. Tanto dimostra che l’istruttoria era già completa e terminata già all’atto della trasmissione degli atti, ciò desumendosi dalla nota del funzionario della predetta sede regionale che il progetto aveva "terminato l’iter valutativo" ed era "in attesa della sola delibera firmata dall’amministratore delegato".

Tale atteggiamento contraddittorio – chiusura dell’istruttoria, poi stranamente riaperta dopo due anni e mezzo – non potrebbe che essere un chiaro sintomo di "esercizio sfunzionale del potere finalizzato… a postergare la valutazione fino a rendere inattuale il progetto".

e.- Violazione di legge per mancata richiesta del parere alla Regione Calabria o comunque eccesso di potere per omessa indicazione nel provvedimento delle risultanze istruttorie in riferimento al parere espresso.

Il provvedimento impugnato sarebbe privo del parere della Regione Calabria, previsto dall’art. 6 del D.M. 695/1994.

f.- Eccesso di potere per omessa motivazione in ordine alla relazione istruttoria compiuta dalla sede regionale di S.I..

Il provvedimento impugnato non reca alcuna motivazione della relazione istruttoria redatta da S.I. Calabria, di cui si è detto in precedenza (relazione istruttoria particolarmente significativa perché elaborata nell’immediatezza dello studio di fattibilità), ciò inducendo a ritenere che di detta relazione non vi sia stata alcuna valutazione.

g.- Eccesso di potere per illogicità manifesta, irragionevolezza, travisamento di fatti.

Nel premettere che l’attività che ha esitato l’impugnato provvedimento di diniego è senza dubbio caratterizzato da discrezionalità tecnica, come tale sindacabile dal giudice amministrativo, e che la motivazione del non accoglimento è imperniata su una serie di considerazioni di carattere generale relative al potenziale mercato di riferimento e su una valutazione apodittica, relativa al progetto presentato, deduce la ricorrente, con l’articolato motivo, che l’assunto che sta alla base della determinazione contestata si sostiene su due premesse – premessa maggiore e premessa minore – che non troverebbero effettivo riscontro.

In particolare, e in sintesi, la premessa maggiore – su cui è esclusivamente fondato il diniego – è costituita dall’affermazione che il settore del charter nautico è caratterizzato da una domanda stabile e da una crescente competizione tra gli operatori e che, a motivo di ciò, la produttività media è attestata su 12/13 settimane annue di utilizzo per imbarcazione, in buona sostanza affermandosi, in maniera niente affatto rispondente, che il settore in questione non garantirebbe redditività neanche agli operatori commerciali oggi attivi, ossia sarebbe un settore in crisi.

Si tratterebbe però di mere congetture, ciò desumendosi dal fatto che l’articolo del "Sole 24 Ore", al citato tra le fonti del provvedimento impugnato fa riferimento a un "dossier nautica" che non è significativo, sia perché si risolve in un questionario cui ha risposto solo un quinto delle società compulsate, sia perché da esso non emergerebbe alcun dato sintomatico della ventilata crisi, sia perché il resto dell’articolo in questione conterrebbe semplicemente una intervista a tale Domenico Lombardo, amministratore di una società di charter denominata "S.I.P." ed un’altra a tale sig. C.D.M. amministratore di "E.", altra società di charter, che, in quanto operatori commerciali, sarebbero comunque interessati dunque a tutelare i rispettivi interessi ed a curare il proprio profitto, ma non già una istituzione di ricerca o una associazione di utenti o di imprenditori.

h.- Le considerazione sul progetto nello specifico. Eccesso di potere per insufficiente motivazione. Eccesso di potere per omessa valutazione di risultanze istruttorie. Errore sui fatti e loro travisamento.

Anche a volere dare validità alla riferita premessa maggiore (secondo la produttività media si attesterebbe su 12/13 settimane) – definita in ricorso "l’affermazione di un noleggiatore preoccupato per l’incremento della concorrenza", è la premessa minore del sillogismo motivazionale che farebbe emergere palesemente la circostanza della mancata lettura (nei tre anni a disposizione) dello studio di fattibilità presentato da S.Y..

La premessa minore sarebbe che le previsioni economico finanziarie della compagine istante ipotizzano un utilizzo delle imbarcazioni pari a 21 settimane annue per imbarcazione, un’incidenza delle spese di ormeggio e di quelle pubblicitarie pari rispettivamente al 4% del fatturato atteso (quindi dati ben diversi da quelli individuati da S.I.) ma che il progetto non fornirebbe elementi tali da giustificare la differenza in termini di margini attesi e trend di crescita. rispetto agli andamenti medi del settore.

Una siffatta motivazione, oltre che del tutto apodittica, sarebbe totalmente infondata e denoterebbe l’uso di formule motivazionali a stampo, prive di qualsivoglia aggancio o aderenza con la realtà sottoposta a va1utazione.

Per ciò che concerne in particolare le aspettative di S.Y. in ordine al numero di settimane di noleggio, la ricorrente fa rinvio alla lettura delle pagine da 62 a 91 dello studio di fattibilità, in cui sarebbero rappresentati numerosi e consistenti elementi che giustificherebbero totalmente le aspettative di produzione, così come dichiarate dalla società istante, e sui quali S.I. non avrebbe ritenuto di doversi soffermare.

1.3.- Resisteva al ricorso l’intimata S.I. s.p.a. eccependo in primis l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui esso sarebbe diretto a contestare la determinazione assunta dalla medesima nell’ambito della propria discrezionalità; nel merito opponeva l’infondatezza del ricorso nella considerazione che le censure con esso dedotte muovo dal presupposto della non applicabilità alla fattispecie delle regole procedimentali di cui alla normativa regolamentare posta con il D.M. n. 250/2004 e nell’asserita violazione della precedente normativa di cui al precedente D.M. n. 695/1994.

1.4.- In data 21 febbraio 2005, a seguito dell’esercizio del diritto di accesso, la ricorrente, venendo a conoscenza dei contenuti della relazione istruttoria svolta da S.I. Calabria e di quella elaborata dalla sede romana di S.I., proponeva motivi aggiunti deducendo ulteriori profili di illegittimità nei riguardi del provvedimento impugnato.

Ulteriori motivi aggiunti venivano proposti, con atto notificato in data 30 giugno 2005, in relazione alla conoscenza in data 4 giugno 2005 – a seguito dell’esercizio di nuovo diritto di accesso – dei contenuti analitici della delibera di ammissione alla fase di progettazione esecutiva emessa il 4 luglio 2003.

1.5.- Con successive memorie le parti ulteriormente ribadivano i propri assunti difensivi insistendo nelle contrapposte richieste, e alla udienza pubblica del 3 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2.- Il ricorso è meritevole di accoglimento.

2.1.- Le circostanze fattuali della vicenda all’esame – che si è ritenuto opportuno riportare in premessa nella loro obiettiva scansione – dimostrano come l’ente intimato abbia posto in essere un comportamento palesamente illegittimo, risultando così confermati i distinti profili di illegittimità dedotti con l’impugnativa (ricorso e motivi aggiunti).

2.2.- Basterebbe in proposito considerare il semplice dato che la domanda di ammissione alle agevolazioni per cui è causa (agevolazioni per l’intrapresa di un’attività di locazione e noleggio di imbarcazioni a vela, ai sensi della legge 236/1993) è stata presentata in data 18 febbraio 2002 e che essa è stata esitata (con l’impugnato provvedimento negativo) solo in data 10 dicembre 2004, e cioè a distanza di quasi tre anni dalla presentazione della domanda.

2.3.- Ciò porta ad apprezzare anzitutto il secondo motivo di ricorso, con il quale è dedotta la violazione delle norme procedimentali del "documento guida" alla legge 236/1993 in punto di fissazione del termine massimo di conclusione del procedimento di valutazione dell’iniziativa imprenditoriale, nonché l’eccesso di potere per l’irragionevolezza e l’illogicità della decisione dell’ente finanziatore perché intervenuta ben oltre il termine di 120 giorni dalla presentazione del progetto.

Invero, ove dovesse ritenersi che il precitato termine di 120 giorni abbia natura acceleratoria (non potendosi però non osservare che la previsione di sospensione del termine – fissato "al massimo" in 120 giorni – per "una sola volta nel caso di richiesta di documentazione integrativa", potrebbe far inclinare per la natura perentoria del termine), non potrebbe non aderirsi all’assunto della deducente secondo cui l’indicato termine è stato consapevolmente fissato perché corrispondente a un congruo ambito temporale sufficiente a valutare compiutamente l’iniziativa imprenditoriale, fortemente condizionata dal fattore tempo in ragione della dinamicità e variabilità dei presupposti di fattibilità e di redditività legati all’iniziativa medesima.

In proposito, del tutto pertinentemente a titolo di esemplificazione significativa, si menziona lo studio di fattibilità tecnicofinanziario condivisibilmente rilevandosi come dopo un anno dalla sua ideazione decadono le caratteristiche di attualità, rendendolo non più del tutto aderente al contesto socio- economico per il quale esso è stato elaborato.

Orbene, la lamentata circostanza che sia stato fatto decorrere un termine così abnormemente ampio per la valutazione della domanda porta ad affermare, in adesione alle censure svolte con il motivo, che il provvedimento impugnato è irragionevole e illogico.

Tale conclusione resiste al tentativo di confutazione opposto dall’ente resistente con la considerazione che, per la fattispecie all’esame, soggetta alle previsioni regolamentari poste con il D.M. 250/2004, non era previsto alcun termine per la valutazione della domanda di concessione delle agevolazioni.

E’ agevole osservare – in disparte ogni considerazione circa l’applicabilità alla vicenda dell’invocato D.M. 250/2004 (su cui inde) – che, anche a voler ipotizzare l’assenza della prefissazione di un termine per la conclusione dell’attività valutativa della domanda in questione, un elementare principio di ragionevolezza, discendente dal più generale principio di buon andamento e di efficienza dell’azione amministrativa, avrebbe imposto di concludere in termini accettabili il procedimento valutativo, per il quale il summenzionato "documento guida" alla legge 236/1993 aveva previsto, non senza ragione, l’arco temporale di 120 giorni (nella specie superato di più di dieci volte).

2.4.- Anche il terzo motivo di ricorso è fondato.

Con raccomandata prot. n. 86/5 in data 20 febbraio 2004, S.I., "al fine di approfondire la valutazione tecnica ed economicofinanziaria del progetto n. 7594" presentato dalla società ricorrente ha trasmesso a quest’ultima il "format per l’aggiornamento dello Studio di Fattibilità", invitandola a compilarlo e a sottoscriverlo, e concludendo che "al ricevimento della suddetta documentazione" si sarebbe provveduto "al completamento dell’istruttoria, al cui esito positivo era da intendersi "subordinata la concessione delle agevolazioni".

In realtà – e come anche si preciserà nel prosieguo – l’istruttoria era già stata conclusa, e con la riferita richiesta, intervenuta dopo due anni dalla prestazione della domanda di ammissione alle agevolazioni finanziarie, si è inteso procedere non già ad un accertamento ovvero all’acquisizione di una documentazione integrativa (unica possibilità consentita dal "documento guida" all’art. 1bis della legge n. 236/1993) ma a un "format", definito di "aggiornamento dello studio di fattibilità", costituente in realtà un nuovo studio di fattibilità.

Non conta la circostanza – su cui fa leva la difesa della resistente per inferire l’inammissibilità del motivo – che la ricorrente abbia "provveduto ad inviare i richiesti aggiornamenti dello studio di fattibilità senza nulla osservare", quanto diversamente accertare (ciò costituendo l’oggetto specifico della valutazione demandata al Collegio) se, dopo che era stata conclusa l’istruttoria (in modo positivo come si vedrà), S.I. era legittimata a rinnovare la procedura valutativa e ad imporre sostanzialmente la rimodulazione dell’originario progetto.

All’interrogativo va data risposta negativa non potendosi dubitare che la valutazione sulla fattibilità dell’iniziativa imprenditoriale andava condotta sul progetto formulato nel 2002, e che la protratta e colpevole inerzia, imputabile unicamente a S.I., nel concludere l’esame della domanda presentata dalla ricorrente, non giustificava la richiesta di "un aggiornamento del progetto", impositiva in sostanza della presentazione di una nuova domanda. In proposito, il Collegio condivide la considerazione svolta dalla ricorrente secondo cui nella specie è stato utilizzato un espediente per richiederle non già integrazioni o approfondimenti istruttori, ma un nuovo studio di fattibilità dell’iniziativa a suo tempo formulata.

Né peraltro la richiesta dell’ente convenuto avrebbe potuto sostenersi sull’art. 40 del D.M. 250/2004 – secondo la tesi sulla quale ha particolarmente insistito la difesa dell’ente medesimo – ai sensi del quale "le domande per le quali non è stata completata la procedura di valutazione alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono integrate sulla base delle disposizioni recate dal decreto legislativo e dal presente regolamento".

In disparte la considerazione che la norma è intesa a disciplinare procedure valutative avviate prima dell’entrata in vigore del nuovo testo regolamentare, e ancora non perfezionate, ma sempre nel quadro di una fisiologica scansione temporale della procedura valutativa (che non si rinviene nella fattispecie all’esame), è decisivo il rilievo opposto dalla deducente che la richiesta "di aggiornamento" è del febbraio 2004, e quindi di molto antecedente all’entrata in vigore del D.M. 250 del 16 luglio 2004, fissata al successivo 21 ottobre.

2.5.- Fondato è anche il quarto motivo di ricorso.

E’ confermato in fatto che, dopo la conclusione dell’istruttoria presso la sede regionale di S.I., gli atti sono stati trasmessi alla sede centrale per l’adozione della conseguente delibera (di accoglimento o non accoglimento) e che tali atti sono rimasti negletti per più di due anni.

Orbene, appare priva di giustificazione la perdurante inerzia di S.I. dopo che l’istruttoria era stata completata; circostanza questa desumibile dalla nota in data 22 gennaio 2023 del funzionario della sede regionale, da parte del quale si comunicava che il progetto aveva "terminatol’iter valutativo" e che si era "in attesa della sola delibera firmata dall’amministratore delegato".

Altrettanta priva di giustificazione è la successiva riapertura dell’istruttoria, a distanza di due anni e mezzo dal suo completamento, ciò inverando l’assunto svolto con il motivo che un siffatto atteggiamento troverebbe spiegazione nell’intento dell’ente di "postergare la valutazione fino a rendere inattuale il progetto".

2.6.- Merita adesione anche la prospettazione svolta con il sesto motivo di ricorso.

Invero, il provvedimento impugnato non fa menzione alcuna della relazione istruttoria redatta dalla sede regionale di S.I., ciò inducendo a ritenere o che su detta relazione non via stata alcuna valutazione ovvero che quest’ultima vi sia stata ma che di essa non si sia tenuto conto.

3.- Tanto premesso, il Collegio ritiene di dover soprassedere all’esame del settimo e dell’ottavo motivo di ricorso, tutti incentrati a confutare le motivazioni sulle quali si sostiene il provvedimento impugnato (motivazioni sintetizzate dalla ricorrente in due "premesse" denominate "maggiore" e "minore"), e di procedere alla valutazione delle censure dedotte con i motivi aggiunti, notificati in data 28 febbraio 2005 e presentati all’esito dell’esercizio del diritto di accesso esercitato il precedente giorno 21; tanto anche in ragione del fatto che tali censure sono strettamente connesse ai motivi di ricorso già esaminati e coinvolgono attività (in particolare la delibera di ammissione alla progettazione esecutiva recante la data del 4 luglio 2003) che, nella scansione temporale della complessa vicenda culminata con la determinazione impugnata, precedono quest’ultima.

3.1.- Di tali motivi aggiunti possono essere esaminati congiuntamente il primo e il secondo, variamente deducenti eccesso di potere per violazione dei criteri procedimentali di cui alla "guida alla legge 236/93", per omissione della comunicazione e occultamento di provvedimento favorevole, nonché per travisamento dei fatti, contraddittorietà e illogicità manifesta.

3.1.1.- Con il primo dei menzionati motivi si premette che nella relazione istruttoria elaborata da S.I. – Funzione Creazione di Impresa – è contenuto quanto segue: "In data 04.07.2003, S.I. ha deliberato l’avvio della fase di progettazione esecutiva, a condizione che in tale fase, la società provveda a deliberare e versare l’aumento del capitale sociale sino ad almeno il 10% della spesa complessiva degli investimenti, verificando le capacità di accesso al credito presso terzi, alfine di assicurare la copertura finanziaria degli investimenti comprensivi di IVA; condizioni da verificarsi entro l’arco temporale di realizzazione degli investimenti".

In relazione a quanto precede, afferma la ricorrente che solo in sede di accesso agli atti ha appreso che S.I. ha deliberato, in data 4 luglio 2003, l’ammissione della sua domanda alla progettazione esecutiva, in applicazione ai criteri procedimentali di cui alla "Guida alla legge n. 236", omettendo di darne comunicazione alla società istante e astenendosi dal darvi applicazione.

Soggiunge, richiamando i criteri di cui alla precitata "Guida", che una volta approvata (come avvenuto) la delibera che autorizzava l’avvio della fase di progettazione esecutiva, S.I. avrebbe dovuto, in tale fase, anche attraverso il supporto dell’organismo che doveva assumere la funzione di tutor, definire in dettaglio, "a partire dall’assetto strategico definitivo", i seguenti aspetti:

"piano economico degli investimenti; piano economico della gestione; tempi di attuazione; agevolazioni; pianificazione economicofinanziaria. Contemporaneamente avrebbe dovuto analizzare i bisogni formativi propri di ciascuna compagine e delineare i percorsi di crescita imprenditoriale. Alla fine di questa fase, avrebbe dovuto emanare una nuova delibera per l’ammissione alle agevolazioni, per la cui attuazione avrebbe dovuto essere stipulato con la società beneficiaria un apposito contratto."

3.1.2.- Con il secondo dei motivi aggiunti proposti si deduce che non solo S.I. non ha comunicato, "con evidente mala fede", il contenuto del primo provvedimento favorevole, ma ha inviato alla società istante un format, cioè uno schema di studio di fattibilità, da compilare e sviluppare, con il quale sostanzialmente rimette in discussione l’intero iter valutativo del progetto e quindi, al termine di ulteriore attività istruttoria in ordine ad elementi già positivamente valutati in sede di prima delibera, decide di non ammettere la società istante alle agevolazioni.

3.2.- I motivi sono fondati.

Quanto al primo di essi è indubitabile che S.I. ha approvato una delibera di ammissione alla fase esecutiva e non l’ha portata a conoscenza degli interessati, invitando questi ultimi, e solo sei mesi più tardi, a ripresentare un nuovo progetto, in tal modo sostanzialmente obliterando elementi già valutati in senso positivo nella sede istruttoria.

E’ quindi avvenuto che l’attività istruttoria successiva alla precitata delibera di ammissione non è stata quella tipica della fase di progettazione esecutiva, con la definizione dei profili sopra enunciati, e cioè della individuazione del dettaglio degli aspetti finanziari ed operativi in contraddittorio con la società istante (che non è stato mai avviato), quanto, piuttosto, di un rinnovata valutazione degli aspetti attinenti alla fattibilità del progetto.

Quanto al secondo dei motivi aggiunti, non è del pari dubitabile – in piena adesione all’assunto svolto dalla ricorrente – che l’attività valutativa di S.I., pur dopo essersi da questa stabilito l’avvio della progettazione esecutiva previo aumento del capitale sociale sino al 10% della spesa per investimenti, non si è occupata, per come avrebbe dovuto, dei conseguenti aspetti finanziari e operativi della progettazione "esecutiva", ma, con un’ingiustificabile e illegittima regressione provvedimentale, è riandata alle previsioni di fattibilità afferenti alla progettazione preliminare, ossia, allo studio di fattibilità già approvato.

Gli enunciati ed evidenti profili di illegittimità danno corpo alla tesi sostenuta in ricorso, e cioè che il comportamento di S.I. sia stato mosso dalla finalità di elidere le valutazioni, ampiamente positive, già compiute (ma non comunicate) in sede istruttoria.

Trattasi in effetti di un atteggiamento sintomatico di un palese vizio di eccesso di potere nella parte in cui vanifica l’attività istruttoria già compiuta e oblitera una formale delibera di valutazione positiva dello studio di fattibilità, senza consentire la partecipazione della società istante.

Le ora rassegnate conclusioni non possono in alcun modo essere resistite dall’affermazione della convenuta secondo cui il provvedimento di ammissione alla progettazione non doveva essere comunicato poiché "atto interno" e comunque "assorbito" dalle nuove modalità procedimentali previste dal D.M. 250/2004.

A parte il dato di tutta evidenza, e sul quale si è già riferito, che nel luglio del 2003 il regolamento approvato con il decreto del 2004 non era stato ancora emanato, non può non osservarsi – anche qui in piena e testuale adesione all’assunto della ricorrente – che un provvedimento che prevede l’ammissione alla fase della progettazione esecutiva, condizionandola altresì ad aumento di capitale sociale sino al 10% degli investimenti programmati da parte della società istante, è un atto che non può che presupporre la sua comunicazione, e ciò per due concorrenti motivi:

a.- ammissione alla fase della progettazione esecutiva significa accedere ad una attività di dettaglio (da effettuare tra l’altro con l’ausilio dei servizi di tutorato approntati da S.I.) in ordine alla concreta operatività aziendale sulla base di una (implicita e necessaria) favorevole valutazione dell’iniziale progetto di fattibilità. Trattasi di attività che non può, evidentemente, essere svolta se la società non è informata del fatto che la sua domanda è stata ammessa alla progettazione esecutiva;

b.- non avrebbe alcun senso – risultando sommamente incongruo sul piano logico – imporre alla società istante un aumento di capitale sociale e tuttavia non comunicarle le attività di cui si compone il relativo onere.

Sotto altro verso, e alla luce delle ora svolte considerazioni che consentono una più puntuale e organica valutazione dell’evidente illegittimità che ha connotato il comportamento dell’ente resistente, deve disattendersi la tesi da quest’ultimo sostenuta, nella memoria conclusiva, in ordine alla richiesta di un nuovo studio di fattibilità in luogo del già deliberato avvio della progettazione esecutiva.

Oppone l’ente che, ove detta richiesta potesse considerarsi come un ingiustificato aggravio procedimentale, l’avvenuta presentazione, da parte della società ricorrente, del nuovo studio di fattibilità sarebbe espressiva in sostanza di una prestata acquiescenza.

La tesi non è di alcun pregio.

Come efficacemente osservato nelle repliche della ricorrente, la presentazione del nuovo studio di fattibilità sconta la mancata conoscenza, da parte della medesima, della deliberazione di ammissione alle agevolazioni, non potendosi diversamente escludere – essendo anzi largamente prevedibile – che sarebbero conseguite iniziative giudiziarie a tutela della posizione giuridica della ricorrente.

Nell’enunciata situazione non vi è quindi spazio per sostenere che la società ricorrente, nel trasmettere il nuovo studio di fattibilità, abbia prestato acquiescenza ai successivi comportamenti dell’amministrazione, dovendosi invece affermare – come bene osserva la ricorrente medesima – che l’adempimento si configura come la necessitata osservanza della richiesta dell’ente finanziatore, pena l’improcedibilità della domanda di ammissione alle agevolazioni..

3.3.- Alla luce dell’acclarata fondatezza dei motivi di ricorso esaminati, e assorbite le rimanenti censure, il ricorso e i motivi aggiunti vanno accolti con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento negativo emesso in data 26 novembre 2004.

L’accoglimento dell’impugnativa determina la conseguenza – avuto riguardo all’illecito arresto del procedimento mirato all’ammissione al finanziamento per cui è causa – che l’ente soccombente dovrà riavviare il procedimento dalla delibera di ammissione recante la data del 4 luglio 2003, curando tutti gli adempimenti contenuti in detto atto deliberativo, e quindi limitarsi a verificare gli aspetti operativi legati all’accessibilità al credito e alla pianificazione economicofinanziaria di dettaglio, da effettuarsi con l’ausilio dei servizi di tutoraggio della stessa amministrazione; dovrà subito dopo deliberare in ordine all’ammissibilità o meno alle agevolazioni con conseguente stipulazione, in caso positivo, del contratto con la società beneficiaria.

E’ poi il caso di puntualizzare, per prevenire "atteggiamenti elusivi o addirittura ritorsivi dell’ente finanziatore", paventati dalla difesa della società ricorrente, e al precipuo fine di disporre "misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio" (art. 34, comma 1, lett. c.- del c.p.a.) che l’attività da compiersi da parte di S.I. in esecuzione della presente decisione:

– non dovrà comprendere lo studio di fattibilità, che è stato già favorevolmente valutato, né il giudizio di ammissibilità, che è stato già deliberato salvo che per i profili economico e finanziari della progettazione esecutiva;

– non potrà prendere in considerazioni elementi fattuali o giuridici sopravvenuti dovendo solo limitarsi – ripetesi – a verificare gli aspetti operativi legati all’accessibilità al credito e alla pianificazione e economica e finanziaria di dettaglio da effettuarsi con le modalità sopra enunciate;

– in particolare, quanto allo specifico settore di mercato del charter, la valutazione dovrà operarsi con riferimento al contesto temporale entro il quale il procedimento avrebbe dovuto legittimamente concludersi, tenendo presente che nel riferito contesto non erano prefigurate né prefigurabili crisi del settore atteso che, come si evince dalla documentazione esibita dalla stessa S.I. (cfr. elenco delle delibere di ammissione o non ammissione in ambito del charter nautico), poco prima, e cioè alla data del 12 maggio 2003, era stata ammessa alle agevolazioni la società "Blue Star s.r.l." (prot. 6647 e n. 1 dell’elenco), e poco dopo, alla data del 27 febbraio 2004, venivano ammesse altre due società: "Sun’s Sail’ e "Sevenstars Charter" (prot. 6197 e 6681 n. 2 e 3 dell’elenco).

4.- In definitiva, alla stregua delle svolte considerazioni, il ricorso e i motivi aggiunti vanno accolti e, per l’effetto, va disposto l’annullamento dell’impugnato atto deliberativo emesso in data 26 novembre 2004.

L’ente soccombente dovrà riavviare e concludere il procedimento con le modalità e nei tempi stabiliti in parte motiva (par. 3.3.).

Nulla disponesi, allo stato, sulle istanze risarcitorie avanzate con l’impugnativa, che potranno eventualmente essere riavviate all’esito del perfezionamento delle attività demandate a S.I..

Quanto alle spese di giudizio e degli onorari di causa, esse vanno imputate all’ente soccombente e, quantificate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, l’accoglie e, per l’effetto, dispone l’annullamento del provvedimento impugnato recante la data del 26 novembre 2004.

Condanna l’ente soccombente al pagamento delle spese di lite quantificate in euro 10.000/00 (diecimila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *