Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-02-2011) 20-04-2011, n. 15692

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

pese.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.G., M.C. e F.C. ricorrono avverso la sentenza, in data 30 ottobre 2009, della Corte d’appello di Milano, con cui è stata confermata la loro condanna per il reato di ricettazione, e chiedendone l’annullamento, lamentano la carenza, contraddittorietà, illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi essenziali del reato, il secondo anche la mancata applicazione delle attenuanti di cui all’art. 114 c.p., art. 62 bis c.p. e l’erroneo riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7, e l’entità della pena inflitta, e il terzo anche l’erroneità della motivazione in ordine all’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7.

Con i ricorsi in apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta una valutazione delle prove diversa e più favorevole ai ricorrenti, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto, peraltro già proposte in sede di appello, che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez. 4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n 12/2000, Jakani, rv 216260), in particolare la Corte ha motivato senza censure logico – giuridiche in ordine alla ricettazione contestata ai tre ricorrenti e ai criteri di dosimetria della pena adottati (v. p. 3, 4 e 5 della sentenza impugnata), anche relativamente alle questioni concernenti la sussistenza o meno delle circostanze attenuanti o aggravanti evocate.

Uniformandosi all’orientamento sopraindicato che il Collegio condivide, vanno dichiarate inammissibili le impugnazioni;

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè di ciascuno al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000, nonchè il M. e il F. alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Johnson e Johnson liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende nonchè, alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Johnson e Johnson che liquida complessivamente in Euro 3088,00, comprensive di CNPA e IVA. Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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