Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-02-2011) 20-04-2011, n. 15738 Custodia cautelare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 1.10.2010 il Tribunale del riesame di Firenze respingeva l’appello proposto avverso l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Pistoia che aveva rigettato istanza di modifica della misura cautelare della detenzione in carcere presentata nell’interesse di G.G.E. per ragioni connesse all’età e a motivi di salute.

Riteneva il Tribunale, richiamando le motivazioni della misura in atto, sussistenti esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

Sottolineava che la G., già nota alle cronache giudiziarie come "(OMISSIS)", più volte incriminata e condannata per gli stessi reati, appena rimessa in libertà o agli arresti domiciliari, aveva continuato imperterrita le sue attività truffaldine ai danni di povera gente con cui continuava ancora a tenere contatti epistolari dal carcere. Con riferimento alle condizioni di salute sottolineava come dalla perizia medica disposta dal GIP e dalla consulenza medica disposta dal P.M. non emergessero situazioni di incompatibilità con la detenzione carceraria.

Avverso il provvedimento ricorre per Cassazione il difensore di G.E. lamentando violazione di legge processuale sotto il profilo del vizio della motivazione e dell’erronea applicazione della legge processuale.

In particolare contesta la violazione dell’art. 275 c.p., nn. 4 e 4 bis contestando gli esiti delle consulenze mediche.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il Tribunale con motivazione coerente e priva di vizi logici ha dato conto della sussistenza di esigenze cautelari di reiterazione del reato di eccezionale rilevanza, l’imputata già condannata per gli stessi reati appena era uscita dal carcere, quando ancora era in detenzione domiciliare, aveva ripreso la sua attività truffaldina ai danni di povera gente con la quale continuava tuttora ad avere rapporti epistolari anche dal carcere.

Con riguardo alla lamentata incompatibilità dello stato di salute della ricorrente con la detenzione in carcere deve osservarsi che in tema di ricorso avverso ordinanza di rigetto della richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere, compito della Corte di Cassazione non è quello di esprimere un ulteriore apprezzamento di merito circa la possibilità di cura del ricorrente nello stato di detenzione, ma quello di esaminare il provvedimento impugnato per stabilire se il giudice di merito è giunto a conclusioni logicamente corrette, nell’ambito dei poteri valutativi a lui riservati.

In sede di legittimità, pertanto, non devono essere presi nuovamente in considerazione gli atti concernenti le condizioni di salute, ma occorre verificare se il provvedimento impugnato ne ha tenuto conto ed è giunto a conclusioni logicamente corrette, nell’ambito dei poteri valutativi riservati al giudice di merito.

Ciò detto deve osservarsi che con riguardo allo stato di salute della G. il Tribunale, richiamati gli accertamenti medici disposti dal GIP e prima di lui dal P.M. e il parere medico legale prodotto dalla difesa, ha ritenuto che lo stato di salute della donna fosse compatibile con lo stato di detenzione. In particolare ha affermato che dalla relazione del perito nominato dal GIP non risultava che la situazione cardiocircolatoria della G. fosse così compromessa da costituire un rischio per la vita e che le terapie necessarie potevano essere ben realizzate anche in regime carcerario.

In sintesi il Tribunale ha tenuto conto di tutti gli atti a sua disposizione e ha fatto proprie le conformi conclusioni dei medici nominati dal GIP e dal P.M. trovandole approfondite e convincenti sul piano medico legale ed immuni da vizi e contraddizioni logiche.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro Mille alla Cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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