Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-02-2011) 20-04-2011, n. 15735 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 25.4.2010 il Tribunale del riesame di Lecce decidendo, a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza in data 6.4.2010, sull’istanza di riesame proposta da M.M. nei confronti dell’ordinanza del GIP di Lecce che, in data 16.3.2010, gli aveva applicato la misura cautelare della detenzione in carcere per partecipazione ad un’associazione illecita finalizzata al narcotraffico (capo AC) e per cessione continuata di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente (capo AD), confermava la misura in atto.

Il Tribunale, preso atto che questa Corte aveva annullato con rinvio per una rinnovata valutazione del compendio indiziario in ordine alla partecipazione del M. all’associazione criminosa di cui al capo AC), al fine di rendere al riguardo una motivazione più congrua ed esauriente, ed aveva annullato, sempre con rinvio, anche con riferimento alle esigenze cautelari relative al reato di cessione di sostanze stupefacenti contestate al capo AD) poichè il giudice del riesame aveva ricollegato l’esistenza di un concreto pericolo di reiterazione criminosa esclusivamente alla ritenuta gravità indiziaria per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ed poichè solo per tale fattispecie criminosa operava la presunzione di pericolosità richiamata nel provvedimento, compiva una complessiva rivalutazione del compendio istruttorio con riguarda alla contestata partecipazione al reato associativo ed una nuova valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari con riguardo al reato di cessione di sostanze stupefacenti.

Riteneva il Tribunale correttamente identificato l’attuale indagato nel fornitore di droga dell’associazione sulla scorta dei seguenti elementi: dichiarazioni di T.D. che lo aveva riconosciuto fotograficamente e lo aveva indicato come il principale fornitore di hashish del gruppo in argomento; intercettazioni ambientali sulla vettura in uso all’indagato che, grazie al tracciamento con sistema di localizzazione satellitare del tragitto seguito da G. C. e T. negli ultimi giorni di dicembre 2008, avevano consentito di accertare che i due si stavano portando in (OMISSIS) da tale M.; intercettazione telefonica n. 662 del 30.12.2008 nel corso della quale D. ( T.) chiedeva a M. se V. fosse suo fratello, circostanza confermata dall’interlocutore e conclamata dai riscontri in atti;

dall’indicazione emergente sempre da intercettazioni della disponibilità in capo a M. di una Mercedes Classe A. A conferma dell’asserita abitualità degli acquisti dal M. venivano richiamate la conversazione telefonica intercettata progr.

N. 663 delle ore 12.02.14 del 30.12.2008 e l’ambientale progr. N. 630 del 29.12.2008.

Con riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari in ordine al capo AD) il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione dei reati considerato la gravità dei fatti e la professionalità dimostrata. Esigenze che riteneva potessero essere idoneamente tutelate, considerata anche la personalità del M., solo con la detenzione in carcere.

Avverso il provvedimento ricorre per Cassazione il difensore di M.M. lamentando:

1. violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) con riferimento alla ritenuta partecipazione al reato associativo. Contesta il ricorrente la motivazione dell’ordinanza sostenendo in particolare che non può affermarsi che il capo AD) con riguardo alla gravità indiziaria sia coperto dal giudicato cautelare e ventilando diversa interpretazione delle conversazioni intercettate richiamate nel provvedimento impugnato.

2. violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento alla sussistenza delle aggravanti di cui al capo AC).

3. violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla indispensabilità della custodia cautelare in carcere.

IL ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

L’ordinanza del Tribunale del Riesame si appalesa sorretta da una argomentazione motivazionale logica ed esaustiva.

Si osserva sul punto che in tema di misure cautelari personali, la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure, che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto decidente.

Va aggiunto che dal controllo di legittimità restano escluse le deduzioni che riguardano l’interpretazione e la specifica consistenza degli elementi indizianti o probatori e la scelta di quelli determinanti, poichè la verifica di legittimità è limitata alla sussistenza dei requisiti minimi di esistenza e di logicità della motivazione, essendo inibito il controllo sul contenuto della decisione.

Ne consegue che non possono trovare ingresso in sede di legittimità i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti addotta dal ricorrente nè su altre spiegazioni fornite dalla difesa, per quanto plausibili.

Gli atti di indagine hanno determinato il Tribunale del riesame a ritenere l’indagato coinvolto nell’associazione diretta al narcotraffico in argomento e nei satelliti reati di spaccio in argomento.

Con riguardo al reato di cui al capo AC) a fronte di una completa ed esauriente motivazione dei giudici di merito, che hanno tratto dagli elementi acquisiti, individuati principalmente nelle dichiarazioni di T.D. riscontrate da specifici atti di indagine richiamati e nelle intercettazioni telefoniche e ambientali che attestano che il gruppo in argomento abitualmente si approvvigionava di droga dal M. (cfr. progr. N. 663, n. 630) un quadro gravemente indiziario a carico dell’indagato, in relazione ai reati in argomento, le deduzioni del ricorrente si risolvono in censure di fatto alla valutazione operata dai giudici in ordine ai gravi indizi di reato.

Premesso che correttamente il Tribunale del Riesame ha ritenuto che le molteplici cessioni di sostanza stupefacente contestate al capo AD) fossero coperte dal giudicato cautelare, ha dato contezza con motivazione coerente e logica della sussistenza delle esigenze cautelari e della tutelabilità delle stesse solo con la misura in atto.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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