T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 18-04-2011, n. 984

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Questore della Provincia di Pavia ha archiviato la domanda di permesso di soggiorno- emersione, presentata dal ricorrente in quanto questi risulta condannato per violazione della normativa in materia di immigrazione (art. 14 c. 5 ter D. Lgs. 286/1998) con sentenza del Tribunale di Verona n. 976/09.

Contro il suddetto atto il ricorrente solleva il seguente motivo di ricorso. Violazione dell’art. 3 della L. 241/90 in quanto il provvedimento non indicherebbe l’iter logico seguito dall’amministrazione per emanare l’atto impugnato. In particolare, secondo il ricorrente la condanna per il reato di immigrazione clandestina non sarebbe ostativo all’accoglimento dell’emersione, trattandosi di reato che non rientra nell’elenco di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p.

La difesa erariale ha chiesto la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 12.04.2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione di merito, previo avviso alle parti.

2. Il ricorso è fondato e va accolto.

La giurisprudenza di questa Sezione (TAR Lombardia, Milano, IV, 22/03/2011 n. 711) ha chiarito che il trattamento sanzionatorio del reato di indebito trattenimento nel territorio dello Stato, ex art. 14, comma 5ter, del D. Lgs. n. 286 del 1998 è rappresentato dalla pena edittale della reclusione da uno a quattro anni (art. 14, comma 5ter) e dall’arresto obbligatorio dell’autore del fatto colto in flagranza (art. 14, comma 5quinquies).

Prendendo in considerazione soltanto la pena edittale, la fattispecie delittuosa sarebbe sussumibile nelle categorie previste dall’art. 381 c.p.p., in quanto punita con la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni. Tuttavia il predetto art. 381, con riferimento alle tipologie di delitti contenuti nello stesso, prevede la possibilità di ricorrere all’arresto facoltativo, diversamente da quanto stabilito dall’art. 14, comma 5quinquies, del T.U. dell’Immigrazione che prevede l’arresto obbligatorio per il soggetto che commette il reato di indebito trattenimento nel territorio dello Stato.

Ciò determina una non perfetta sussumibilità di quest’ultima fattispecie nello spettro applicativo delineato dall’art. 381 c.p.p. Difatti, se è pur vero che, con riferimento al trattamento sanzionatorio, vi è una effettiva sovrapponibilità tra le prescrizioni contenute nell’art. 381 c.p.p. e la disciplina riservata al reato di indebito trattenimento nel territorio dello Stato, al contrario, in relazione alla fase cautelare, precedente il processo, vi è una evidente differenza di trattamento tra le stesse.

Pertanto è necessario stabilire se il legislatore abbia ritenuto di rinviare alle fattispecie, complessivamente intese, tratteggiate negli artt. 380 e 381 c.p.p., senza voler riconoscere rilevanza decisiva all’elemento sanzionatorio, ossia alla pena edittale, ma richiamando tutta la disciplina giuridica ivi contenuta, comprese le misure dell’arresto obbligatorio o facoltativo per i soggetti colti in flagranza di reato, oppure abbia deciso di fare riferimento al solo trattamento sanzionatorio prescindendo dagli altri aspetti, pure disciplinati negli stessi articoli citati (cfr. Consiglio di Stato, VI, ordinanza 21 gennaio 2011, n. 422).

Il dato letterale, contenuto nell’art. 1ter, comma 13, lett. c, della legge n. 102 del 2009, laddove si rinvia ad "uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381", sembra abbastanza evidente che si riferisca al complessivo regime giuridico contenuto nelle predette disposizioni, ivi compresa la disciplina delle misure cautelari. Tra l’altro, la rilevanza delle misure cautelari nella disciplina delle fattispecie di cui alle sopraindicate disposizioni emerge in maniera evidente dalle stesse rubriche, che richiamano esplicitamente l’arresto obbligatorio, o facoltativo, in flagranza (si veda tuttavia, in senso contrario, Consiglio di Stato, VI, 29 settembre 2010, n. 7209).

Nemmeno sembra consentito all’interprete procedere alla scomposizione delle varie fattispecie previste, valorizzando, volta per volta, soltanto l’elemento della pena edittale o soltanto la previsione dell’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza. Infatti, non appare possibile per l’interprete procedere alla creazione di un peculiare e arbitrario regime giuridico risultante dalla combinazione parziale di due norme, utilizzando alcuni elementi delle stesse e dando vita ad un tertium genus non espressamente contemplato dalla normativa.

Del resto, pur non vertendosi in un ambito sanzionatorio in senso stretto – trattandosi pur sempre di un procedimento amministrativo non finalizzato all’emanazione di sanzioni – ci si trova in ogni caso al cospetto di una normativa di matrice penalistica, da interpretare comunque in senso restrittivo e tassativo, oltretutto incidente sul godimento di diritti fondamentali delle persone (diritto al lavoro, alla conservazione dei rapporti familiari, alla libera esplicazione della propria personalità, ecc.).

In conclusione non essendovi perfetta simmetria tra il reato di cui all’art. 14, comma 5ter, del D. Lgs. n. 286 del 1998 – che in relazione alla pena edittale sarebbe assimilabile alle fattispecie regolate dall’art. 381 c.p.p., mentre in relazione all’arresto in flagranza, obbligatorio, rientrerebbe nello spettro applicativo dell’art. 380 c.p.p. – e la disciplina di una delle due disposizioni, singolarmente richiamate, non può annoverarsi il primo tra i reati automaticamente ostativi alla procedura di emersione.

Siffatta interpretazione – più aderente al dato letterale e meno gravosa per i soggetti possibili beneficiari dei procedimenti di emersione – risulta anche conforme al principio costituzionale di ragionevolezza.

La procedura di emersione e di regolarizzazione si indirizza esclusivamente ai lavoratori stranieri che risultano non in regola con la normativa sul permesso di soggiorno e quindi sono in una condizione di irregolarità sul territorio nazionale. Ne deriva che, in via di fatto, tutti i soggetti che hanno richiesto di regolarizzare la propria posizione sarebbero assoggettabili nella sostanza alla fattispecie regolata dall’art. 14, comma 5ter, del D. Lgs. n. 286 del 1998: il discrimine formale tra tutti i potenziali beneficiari del procedimento di emersione è rappresentato dalla circostanza, fattuale e puramente accidentale, che alcuni siano stati destinatari dell’ordine del Questore di allontanarsi dal territorio nazionale (ex art. 14, comma 5bis, del D. Lgs. n. 286 del 1998) e non vi abbiano ottemperato.

A ciò consegue che la posizione di soggiornante irregolare, pur essendo presupposto necessario per poter accedere alla proceduta di emersione, acquisirebbe una connotazione ostativa se accertata prima della presentazione della domanda. Emerge evidente, a tal punto, l’irragionevolezza di una tale soluzione che riserverebbe un trattamento diametralmente opposto a soggetti che si trovano nelle stesse condizioni di fatto, differenziati soltanto dall’avvenuto rintracciamento e dalla già intervenuta condanna.

Difatti, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, "al legislatore (…) è consentito, infatti, introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una "causa" normativa non palesemente irrazionale o, peggio, arbitraria" (Corte costituzionale, sentenza 2 dicembre 2005, n. 432).

A supporto di quanto evidenziato in precedenza può richiamarsi la circostanza che il comma 8 dell’art. 1ter della legge n. 102 del 2009, stabilisce che, nelle more del completamento della procedura di emersione, "sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore che svolge le attività di cui al comma 1 per le violazioni delle norme (…) relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, con esclusione di quelle di cui all’articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni". Per quanto interessa nell’ambito di cui ci si occupa, i procedimenti finalizzati all’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 14, comma 5ter, devono essere sospesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e fino alla conclusione del procedimento di emersione, rendendo evidente che l’eventuale accertamento del reato sopra indicato non viene ritenuto ostativo alla positiva conclusione della procedura di emersione, a differenza degli altri tipi di reati (quelli comuni o quelli previsti dall’art. 12 del D. Lgs. n. 286 del 1998) per i quali, non essendo prevista una identica sospensione automatica del procedimento per il loro riscontro, l’eventuale positivo accertamento, prima della conclusione dell’iter di regolarizzazione, rappresenterebbe comunque un elemento ostativo ad una conclusione positiva dello stesso.

La predetta interpretazione sembra in linea con quanto previsto dal par. 5 dell’art. 6 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 "recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare", allorquando prevede che "qualora un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare abbia iniziato una procedura per il rinnovo del permesso di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisce il diritto di soggiornare, lo Stato membro in questione valuta l’opportunità di astenersi dall’emettere una decisione di rimpatrio fino al completamento della procedura" (si veda il richiamo in Consiglio di Stato, Ad. plen., ordinanza 25 febbraio 2011, n. 916).

Più in generale, va evidenziato come sembra porre in dubbio la stessa conformità comunitaria del reato di immigrazione clandestina il sesto Considerando della Direttiva con cui si evidenzia l’opportunità che "gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei principi generali del diritto dell’Unione europea, le decisioni ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare".

Dal punto di vista dell’efficacia del diritto comunitario va evidenziato come – pur essendo maturato il termine per la trasposizione nell’ordinamento interno della sopra indicata direttiva in data 24 dicembre 2010, ossia in un momento successivo alla conclusione del procedimento amministrativo di cui alla presente controversia – la Direttiva è entrata in vigore il 13 gennaio 2009 (art. 22) e quindi da quel momento l’ordinamento interno degli Stati membri, pur non essendo formalmente tenuto ad adeguarsi alle misure previste nella direttiva, nemmeno avrebbe potuto procedere in senso opposto visto "che, in pendenza del termine per la trasposizione di una direttiva, gli Stati membri devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa" (Corte di Giustizia CE, Grande Sezione, 22 novembre 2005, causa C144/04, punto 67; altresì, Corte di Giustizia CE, sentenza 18 dicembre 1997, causa C129/96, punto 45).

Di conseguenza, anche l’ordinamento comunitario sembra suggerire una soluzione che presupponga la non ostatività del reato di immigrazione clandestina ai fini della procedura di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari.

In conclusione il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, devono essere annullati gli atti impugnati con lo stesso ricorso.

In ragione della complessità della controversia e della non univocità degli orientamenti giurisprudenziali, le spese possono essere compensate tra le parti, salva la restituzione del contributo unificato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il decreto prot. n. Cat/A12/11/Imm, emesso dalla Prefettura di Pavia, in 31/12/.2010.e notificato in data 04.01.2011, con il quale veniva decretata l’archiviazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno presentata in relazione alla dichiarazione di emersione di lavoro irregolare.

Spese compensate, salva comunque la restituzione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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