T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., 18-04-2011, n. 364 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I signori S.L. e A.M. sono proprietari di un’unità abitativa ubicata in Decimomannu, al n. 3 della via Milano.

Detto manufatto insiste su un lotto di mq. 600 circa, nel quale rientrano 2 ulteriori unità abitative, frutto di ampliamenti e vendite che hanno interessato l’unitaria struttura originaria.

In particolare, oltre quella del ricorrente, estesa su una porzione dei piani terra, primo e secondo, insistono sul medesimo lotto quelle attigue della famiglia S.- M. (occupante la rimanente porzione del piano terreno) e della famiglia G.- P. (occupante la rimanente porzione del primo piano).

Nel manufatto del ricorrente venivano realizzati degli abusi edilizi (rampa di accesso al primo piano, portoncino d’ingresso, balcone, apertura, modifico e spostamento di luci e vedute).

Con ordinanza n. 6 del 28 aprile 2006 il responsabile del servizio tecnico del Comune di Decimomannu ordinava al ricorrente l’immediata sospensione dei lavori.

In data 17 novembre 2008 il ricorrente presentava agli uffici comunali domanda per l’accertamento di conformità delle opere in questione.

Sennonchè, col provvedimento impugnato n. 6266 del 12 maggio 2009, il Comune di Decimomannu respingeva tale richiesta per le seguenti argomentazioni:

non viene garantita la necessaria verifica delle prescrizioni urbanistiche vigenti in quanto la mera rappresentazione di una singola unità immobiliare non dimostra il rispetto di tutte le norme vigenti ed adottate;

l’istanza deve essere prodotta da tutti i soggetti aventi titolo nel lotto urbanistico di riferimento..

Con il ricorso in esame, notificato il 23 luglio 2009 e depositato il successivo 13 agosto, il sig. L. ha chiesto l’annullamento del predetto atto di diniego lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi:

Violazione di legge per motivazione incongrua – Eccesso di potere per difetto di istruttoria;

Violazione di legge per motivazione incongrua – Eccesso di potere per ingiustificata introduzione, ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, di condizioni ulteriori rispetto a quelle previste dalla disciplina urbanisticoedilizia (generale e locale);

Concludeva quindi il ricorrente chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, con ogni conseguenza di legge anche in ordine alle spese del giudizio.

Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Decimomannu che, con articolate difese scritte, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.

In vista dell’udienza di trattazione le controparti hanno ulteriormente integrato, con memorie difensive, le proprie argomentazioni, insistendo, infine, nelle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 2 marzo 2011, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

Le censure proposte, che per il loro contenuto si prestano ad una trattazione unitaria della vicenda, sono palesemente infondate.

Il ricorrente, nella sostanza, lamenta, da un lato, l’estrema genericità dell’assunto comunale, ritenendo violate le disposizioni che, al contrario, impongono all’amministrazione di pronunciarsi sulla richiesta di permesso in sanatoria con motivazione adeguata.

Dall’altro lato si duole dell’atteggiamento assunto dall’amministrazione, che avrebbe subordinato ad una condizione meramente potestativa (il consenso dei controinteressati) il rilascio della concessione in sanatoria.

Osserva in proposito il Collegio che la ricostruzione operata dal ricorrente al fine di dimostrare l’esaustività, sotto il profilo documentale, della domanda di sanatoria inoltrata all’amministrazione, non considera i presupposti di fatto che connotano la vicenda in esame.

Deve infatti rilevarsi che il sig. L. è proprietario, nei termini precisati in narrativa, di parte di un fabbricato costituente un unico lotto urbanistico, per il resto diviso in unità abitative appartenenti ad altri comproprietari.

Su tale fabbricato il sig. L. ha realizzato, in mancanza di titolo edilizio, nella parte anteriore e in quella posteriore dell’edificio, gli abusi sopra precisati.

Trattandosi, come detto, di immobile facente parte di un più ampio fabbricato sul quale coesistono i diritti di proprietà di altri soggetti, resta evidente che per poter intervenire sulla facciata e sui prospetti, la domanda di sanatoria degli abusi perpetrati avrebbe dovuto contenere anche la sottoscrizione degli altri soggetti titolari di diritti sull’edificio.

Viceversa, come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione, questi ultimi, non solo non hanno sottoscritto l’istanza, ma si sono espressamente opposti al suo accoglimento.

Si rivela pertanto corretto il contenuto del provvedimento impugnato laddove contesta l’impossibilità di procedere all’esame dell’istanza in quanto la rappresentazione planimetrica della sola unità immobiliare del ricorrente, non consente di verificare il rispetto di tutte le vigenti disposizioni edilizie in materia, in relazione all’intero fabbricato.

Sul punto la giurisprudenza è pacifica.

Si è infatti anche di recente precisato che in base all’art. 11 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il permesso di costruire "è rilasciato al proprietario o a chi ne abbia titolo".

Ora, interpretando tale normativa (che ricalca quella precedentemente vigente), la giurisprudenza amministrativa ha costantemente chiarito che nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, l’Amministrazione ha il potere ed il dovere di verificare l’esistenza in capo al richiedente di un idoneo titolo di godimento sull’immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, per cui, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari (quali le opere edilizie interessanti porzioni condominiali comuni), è legittimo esigere il consenso degli stessi o pretendere la produzione della dichiarazione di assenso dell’amministrazione condominiale anche nelle ipotesi di autorizzazioni in sanatoria, in quanto il contitolare del bene può essere estraneo all’abuso ed avere un interesse contrario alla sanatoria di opere che potrebbero risolversi in suo danno (Cons. St., sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6529).

In effetti, sul punto la giurisprudenza, che in passato era prevalentemente orientata nel senso che il parametro valutativo dell’attività amministrativa in materia edilizia era esclusivamente quello dell’accertamento della conformità dell’opera alla disciplina pubblicistica che ne regola la realizzazione, salvi i diritti dei terzi e senza che la mancata considerazione di tali diritti potesse in qualche modo incidere sulla legittimità dell’atto, ha oggi avuto occasione di precisare che la necessaria distinzione tra gli aspetti civilistici e quelli pubblicistici dell’attività edificatoria non impedisce di rilevare la presenza di significativi punti di contatto tra i due diversi profili. In proposito ha, pertanto, chiarito che non è seriamente contestabile che nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi l’Amministrazione abbia il potere ed il dovere di verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull’immobile, interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, trattandosi di una attività istruttoria che non è diretta, in via principale, a risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario degli immobili interessati, ma che risulta finalizzata, più semplicemente, ad accertare il requisito della legittimazione del richiedente (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, sez. Bolzano, 27 febbraio 2006, n. 81, T.A.R. Lombardia, sede Milano, sez. II, 11 febbraio 2005, n. 357, T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 18 dicembre 2007, n. 4286).

Pertanto, la funzione autorizzatoria dell’Amministrazione richiede un livello minimo di istruttoria che comprende anche l’acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza e il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione, senza che l’esame del titolo di godimento operato dalla Pubblica Amministrazione costituisca un’illegittima intrusione in ambito privatistico; per cui, in definitiva, legittimamente l’Amministrazione, ove accerti che l’intervento edilizio interessi parti comuni dell’edificio, ben può subordinare il rilascio del titolo edilizio alla previa assunzione del consenso dei comproprietari per la parte di intervento che interessa tali parti comuni.

Per le suesposte considerazioni, dunque, il ricorso si rivela infondato e va respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Decimomannu delle spese del giudizio, che liquida in complessivi euro 2000,00 (duemila//00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *