T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 18-04-2011, n. 639 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

erbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente è proprietaria di una vasta area in edificata. In base al piano regolatore generale del 1975 i mappali erano gravati dal vincolo preordinato all’esproprio in quanto destinati a giardino pubblicozona verde attrezzato per gioco sport.

La variante approvata l’8 maggio 1992 classificò l’aria come zona F. "per servizi e impianti di interesse comune" con ciò disponendo la prima reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio, decaduto nel 1980 per il decorso del termine quinquennale.

Nuovamente decaduto il vincolo reiterato, con deliberazione consiliare numero 368 del 26 aprile 1999 il Comune adottava la seconda variante dello strumento urbanistico generale, assoggettando nuovamente l’area a vincolo espropriativo, qualificandola in parte come beni storico culturali e in parte come verde privato.

La richiamata deliberazione veniva impugnata con il primo dei ricorsi in epigrafe, deducendosi l’illegittimità della destinazione a beni storico culturali perché impressa in applicazione parziale delle previsioni del p.t.p.c., il quale però da un lato era stato solo adottato e quindi era sprovvisto di efficacia vincolante e dall’altro non conteneva alcuna prescrizione vincolistica; quanto della destinazione verde privato, perché reiterativa di un vincolo sostanzialmente espropriativo, senza nessuna motivazione. La ricorrente chiedeva l’accertamento del diritto a conseguire l’indennizzo per reiterazione del vincolo espropriativo e il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo ex articolo 35 del decreto legislativo numero 80 del 1998.

Dopo oltre un anno dalla notifica del ricorso il consiglio comunale revocava la delibera di adozione della variante. A ciò facevano seguito l’approvazione della delibera consiliare numero 78 del 30 ottobre 2001 di riadozione della variante al piano regolatore e della delibera di giunta numero 195 del 30 ottobre 2001 di approvazione dei criteri di indennizzo per la reiterazione dei vincoli e espropriativi, l’una e l’altra impugnate con il secondo dei ricorsi in epigrafe, poiché con la prima il Comune reiterava ancora una volta il vincolo preordinato all’esproprio, assoggettando l’area integralmente a verde privato, senza indennizzo e senza motivazione, con la seconda l’indennizzabilità veniva circoscritta alle sole zone z.t.o.F, senza comprendervi le aree gravate da altri vincoli.

Anche in questo secondo ricorso la società chiedeva l’accertamento del suo diritto all’indennizzo e al risarcimento del danno.

La variante così riadottata veniva approvata con decreto della Giunta regionale del Veneto numero 422 del 21 febbraio 2003, impugnato con il terzo ricorso, deducendosi gli stessi motivi dei precedenti ricorsi sia come vizi di illegittimità propri sia come vizi di illegittimità derivata, e riproponendo la domanda risarcitoria e quella di accertamento del diritto all’indennità per reiterazione del vincolo.

Si è costituita l’amministrazione comunale nel secondo e nel terzo ricorso e l’amministrazione regionale nel solo terzo ricorso, le quali hanno controdedotto puntualmente.

All’odierna udienza dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

Come esattamente rappresenta la società ricorrente la questione che deve essere affrontata preliminarmente in tutti tre ricorsi è quella della qualificazione giuridica del vincolo reiteratamente imposto sull’area di proprietà della società ricorrente.

La giurisprudenza, dopo la sentenza della Corte costituzionale numero 179 del 1999, ha avuto modo di occuparsi ripetutamente della problematica della reiterazione dei vincoli decaduti, per cui allo stato risultano affermati alcuni principi, pur essendo la materia in continua evoluzione, rinvenendosi i due estremi da un lato nell’obbligo di minuziosa giustificazione delle singole scelte reiterative, dall’altro nella sufficienza di una motivazione globale, individuandosi la tesi intermedia quale richiedente solo la giustificazione di alcuni rinnovi di vincolo.

La più recente giurisprudenza ha dunque affermato che:

la previsione dell’indennizzo nel caso di reitera di vincoli è doverosa non solo per i vincoli preordinati all’ablazione del suolo, ma anche per quelli "sostanzialmente espropriativi" (secondo la definizione di cui all’art. 39, comma 1, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), i quali comportano l’azzeramento del contenuto economico del diritto di proprietà.

Non possono essere considerati come vincoli "sostanzialmente espropriativi", ma costituiscono dei vincoli conformativi, quelli derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l’iniziativa privata in regime di economia di mercato.

Non sono vincoli "sostanzialmente espropriativi", ma sono da ritenere vincoli conformativi, le destinazioni a parco urbano, a parcheggio ed viabilità; tali destinazioni, infatti, non comportano automaticamente l’ablazione dei suoli ed ammettono, anzi, chiaramente la realizzazione, anche da parte di privati in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico. Per tale tipo di destinazioni, conseguentemente, nel caso in cui siano confermate da un nuovo strumento urbanistico o da una sua variante generale, non occorre nè la previsione di indennizzo nè una particolare motivazione per giustificare la loro conferma. (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – sentenza 1° ottobre 2007 n. 5059);

L’art. 2 della L. 19 novembre 1968 n. 1187 (secondo cui "le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità, perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati") si riferisce solo alle fattispecie in cui l’amministrazione esercita il proprio potere ablativo, e non ai casi in cui essa, così come consentito in via generale dall’art. 42 Cost., si limita a conformare il contenuto del diritto di proprietà, se pure in tal modo viene diminuito l’utile economico che da un dato terreno si può in astratto trarre.

Sono vincoli di tipo conformativo quelli che importano destinazioni, anche di contenuto specifico, realizzabili ad iniziativa privata o promiscua, ovvero sia pubblica sia privata, senza comportare necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica, atteso che tali vincoli non privano il contenuto del diritto di proprietà, ma si limitano a imporre al titolare intenzionato a trarne le relative utilità di seguire una data procedura. (TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. I – sentenza 11 giugno 2007 n. 507);

L’onere motivazionale in materia di pianificazione urbanistica deve in generale ritenersi assolto facendo riferimento alle linee guida illustrate nella relazione generale allo strumento urbanistico, salvo che si sia in presenza di particolari condizioni che consentano di configurare, in capo al privato, situazioni di aspettativa qualificata ovvero impongano allo stesso sacrifici di particolare entità.

(TAR PUGLIA – BARI, SEZ. III – sentenza 3 settembre 2008 n. 2026).

Inoltre con l’ordinanza n. 6633 del 2006, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato aveva rimesso all’esame dell’Adunanza Plenaria le ulteriori questioni controverse:

– sulla sufficienza della istruttoria e della motivazione che l’Autorità urbanistica deve porre a base dei provvedimenti con cui può esservi la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio

– sull’esigenza o meno di prevedere – nei medesimi atti – un indennizzo e i mezzi finanziari per attuare il vincolo.

Orbene con decisione n. 7 del 24 maggio 2007 "quanto alla adeguatezza della motivazione, l’Adunanza Plenaria ritiene che essa vada valutata tenendo conto, tra le altre, delle seguenti circostanze:

a) se la reiterazione riguardi o meno una pluralità di aree, nell’ambito della adozione di una variante generale o comunque riguardante una consistente parte del territorio comunale;

b) se la reiterazione riguardi soltanto una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l’altra parte non è disposta la reiterazione, perché ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli standard;

c) se la reiterazione sia stata disposta per la prima volta sull’area in questione.

Tali circostanze rilevano nel loro complesso, perché gli atti inoppugnabili che impongono i vincoli preordinati all’esproprio incidono sui valori di mercato delle aree prese in considerazione.

Quanto al profilo sub a), vanno distinti i casi in cui la reiterazione del vincolo riguardi un’area ben specificata (per realizzare una singola opera pubblica o per soddisfare i prescritti standard sui servizi pubblici o sul verde pubblico), da quelli in cui la reiterazione riguardi una pluralità di aree per una consistente parte del territorio comunale, a seguito della decadenza di uno strumento urbanistico generale che abbia disposto una molteplicità di vincoli preordinati all’esproprio (necessari per l’adeguamento degli standard, a seguito della realizzazione di ulteriori manufatti).

Infatti, quando sono reiterati "in bloccò i vincoli decaduti già riguardanti una pluralità di aree, la sussistenza di un attuale specifico interesse pubblico risulta dalla perdurante constatata insufficienza delle aree destinate a standard (indispensabili per la vivibilità degli abitati), mentre l’assenza di un intento vessatorio si evince dalla parità di trattamento che hanno tutti i destinatari dei precedenti vincoli decaduti.

Quanto al profilo sub b), va rimarcato come una anomalia della funzione pubblica possa essere ravvisata quando, dopo la decadenza "in bloccò dei vincoli complessivamente previsti dallo strumento urbanistico generale, l’Autorità ne reiteri solo alcuni, individuando altre aree per soddisfare gli standard, in assenza di una adeguata istruttoria o motivazione.

Tali scelte, infatti, devono fondarsi su una motivazione da cui emergano le relative ragioni di interesse pubblico, poiché avvantaggiano chi non è più coinvolto nelle determinazioni di reperimento degli standard, a scapito di chi lo diventa, pur non essendo stato destinatario di un precedente vincolo preordinato all’esproprio

Quanto al profilo sub c), si deve tenere conto del fatto se il vincolo sia decaduto una o più volte.

In linea di principio, può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni, quando vi è una prima reiterazione, ma – quando il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto – l’Autorità urbanistica deve procedere con una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni – riguardanti il rispetto degli standard, le esigenze della spesa, specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali – che inducano ad escludere profili di eccesso di potere e ad ammettere l’attuale sussistenza dell’interesse pubblico."(cfr. Sez.II, 7.10.2008, n.3128)

Ciò posto osserva il Collegio che tali destinazioni non comportano alcun vincolo preordinato all’esproprio, essendo espressione della potestà conformativa propria dello strumento urbanistico non soggetta a decadenza, né a indennizzo.

Proprio in relazione a tali considerazioni, la successiva giurisprudenza, ha quindi precisato che "Si è al cospetto di vincoli conformativi allorché le prescrizioni mirino ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto (per lo più spaziale) con un’opera pubblica; laddove, invece, allorquando le previsioni non abbiano una tale natura generale, ma impongano un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, il vincolo deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione, con conseguente ininfluenza agli effetti indennitari nella motivazione di detta pronuncia". (cfr. per tutte e da ultimo C.d.S., IV, 9 giugno 2008 n. 2837).

Se queste risultano essere le coordinate giurisprudenziali entro le quali leggere i ricorsi proposti, gli stessi non sono fondati.

Il terreno di cui è proprietaria la ditta ricorrente comprende sia un edificio sottoposto a tutela quale bene culturale sia due aree verdi la cui destinazione, passata da area attrezzata per parco giochi e sport a zona a verde privato, per giurisprudenza costante (Tar EmiliaRomagna Bologna 27 gennaio 2004 numero 93) non ha valenza espropriativa, rientrando nell’ambito della normale conformazione della proprietà privata, espressione del potere di pianificazione e di salvaguardia dei valori urbanistici esistenti.

Conseguentemente non essendo un vincolo preordinato all’esproprio non si può nemmeno parlare di reiterazione soggetta a indennizzo, ai sensi della giurisprudenza costituzionale più sopra ricordata. Tali destinazioni, infatti non comportano l’inedificabilità assoluta dell’area, né, tanto meno, svuotano di contenuto – azzerandolo economicamente in termini di valore di scambio – il diritto dominicale.

Va inoltre rilevato che pur trattandosi di scelte di pianificazione urbanistica relative ad un determinato terreno o immobile, in ordine a esse non sono ipotizzabili né censure di difetto di motivazione né censure di disparità di trattamento basate sulla comparazione con la destinazione impressa ad immobili adiacenti.

Ed invero, le scelte urbanistiche, che di norma non comportano la necessità di specifica giustificazione, oltre quella desumibile dai criteri generali di impostazione del piano o della sua variante, necessitano di congrua motivazione, solo quando incidono su aspettative dei privati particolarmente qualificate, come quelle ingenerate da impegni già assunti dalla amministrazione mediante approvazione di piani attuativi o stipula convenzioni; in tali evenienze, la completezza della motivazione costituisce infatti lo strumento dal quale deve emergere la avvenuta comparazione tra il pubblico interesse cui si finalizza la nuova scelta e quello del privato, assistito appunto da una aspettativa tutelata (C. Stato, IV, 14.5.2007, n.2411).

Orbene, nella specie non si configurano quelle legittime aspettative invocate dalla parte ricorrente atteso che rispetto alle previsioni e del piano regolatore previgente e della variante oggetto della presente impugnativa non è ravvisabile altro che una generica aspettativa ad una reformatio in melius, non meritevole di particolare tutela, né idonea a configurare obblighi di puntuale motivazione.

Va infine sottolineato che qualora nelle scelte di pianificazione – che inevitabilmente valorizzano alcune aree mortificando le prospettive di utilizzazione e il valore di scambio di altre – non siano ravvisabili contrasti con l’impostazione tecnicourbanistica dello strumento urbanistico o non si evidenzi la contrarietà ai principi della logica, è da escludere che possano ritenersi inficiate le scelte edificatorie e non è possibile dare ingresso a censure di disparità di trattamento.

I ricorsi dunque, riuniti per connessione oggettiva e soggettiva devono essere respinti.

Sussistono le ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, riuniti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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