Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2011) 20-04-2011, n. 15634 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Catania confermò la sentenza 28.6.2005 del tribunale di Catania, che aveva dichiarato C.M. colpevole dei reati di cui: A) all’art. 609 bis cod. pen. per avere con violenza costretto la fidanzata Ca.

V. ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà; B) all’art. 582 cod. pen.; C) all’art. 612 cod. pen.; D) all’art. 594 cod. pen., e, con le attenuanti generiche e l’attenuante del fatto di minore gravità, lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, con i doppi benefici, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge e totale mancanza di motivazione perchè la corte d’appello ha motivato succintamente solo sul primo motivo di appello, omettendo di motivare sugli altri cinque motivi e sui reati diversi da quello di violenza sessuale;

2) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al reato di violenza sessuale in quanto la valutazione sulla attendibilità del racconto della donna (ritenuta non credibile dallo stesso Procuratore generale di udienza) si fonda su affermazioni apodittiche, su riscontri inesistenti e che anzi smentiscono l’assunto accusatorio, nonchè sulla testimonianza di un soggetto che non ha mai testimoniato e su un certificato medico del pronto soccorso che non parla di alcuna lesione compatibile con una violenza sessuale.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato perchè effettivamente la sentenza impugnata è irrimediabilmente viziata da mancanza oltre che da apoditticità e manifesta illogicità di motivazione.

Per quanto concerne i reati diversi da quello di violenza sessuale ( artt. 582, 612 e 594 cod. pen.) che pure erano stati oggetto di specifici e puntuali motivi di appello, la sentenza impugnata enuncia sommariamente i motivi di impugnazione, ma poi omette totalmente di esaminarli e quindi di motivare sul loro implicito rigetto. Sui reati di cui ai capi 2), 3) e 4), dunque, vi è assoluta mancanza, anche grafica, di motivazione.

Anche in ordine al reato di cui all’art. 609 bis cod. pen. è ravvisabile mancanza di motivazione, oltre che apoditticità e manifesta illogicità della stessa. L’imputato, invero, con l’atto di appello aveva eccepito la mancanza di prova sulla sua responsabilità e la inattendibilità del racconto della ragazza, ed aveva specificamente e puntualmente contestato sotto diversi profili le estese ed articolate argomentazioni della sentenza di primo grado.

La corte d’appello si è limitata ad affermare che le dichiarazioni accusatorie della ragazza erano pienamente credibili e conducenti (senza però indicare specificamente le ragioni di tale piena attendibilità), ed a sostenere che le stesse erano state pienamente confermate dalle altre dichiarazioni testimoniali, oltre che dalla documentazione medica. Sennonchè vengono richiamate le deposizioni del P., oltre che quelle della Cr., della F. e della B., senza tuttavia considerare che non risulta che quest’ultima abbia mai deposto in giudizio e senza specificare le ragioni per cui le altre deposizioni confermerebbero le accuse circa il reato di violenza sessuale. Anche il richiamo al certificato medico è generico, perchè non vengono indicate le ragioni per le quali le lesioni riscontrate (contusioni al volto, al capo e alle cosce e trauma cervicale) costituirebbero riscontri di una subita violenza sessuale.

Apoditticamente la corte d’appello afferma che l’imputato avrebbe sostanzialmente confermato il racconto della ragazza dal momento che il C. ha sempre sostenuto che entrambi i rapporti sessuali (e non solo il secondo) erano stati consenzienti. Nemmeno è spiegato il motivo per il quale il riconoscimento degli sms inviati e trascritti dalla ragazza in un quaderno confermerebbe la tesi accusatoria e smentirebbe invece la versione della difesa.

In ogni modo, è decisiva la circostanza che la corte d’appello abbia omesso di motivare su tutte le eccezioni e le lagnanze proposte con i motivi di appello. Tali contestazioni erano specifiche e non manifestamente infondate e quindi dovevano essere esaminate e valutate dal giudice di secondo grado, il quale non poteva limitarsi a richiamare genericamente la sentenza di primo grado ma doveva semmai respingerle con congrua, adeguata e specifica motivazione, salvo vanificare la garanzia e la finalità del giudizio di appello.

D’altra parte, una motivazione specifica ed adeguata nella specie si imponeva tanto più in quanto il Procuratore generale di udienza aveva chiesto nella sua requisitoria l’assoluzione dell’imputato dal reato di cui all’art. 609 bis cod. pen., sicchè il giudice doveva adeguatamente rispondere anche alle considerazioni svolte dalla pubblica accusa ed evidenziare gli aspetti e le evidenze processuali che dimostravano, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità dell’imputato.

Una specifica ed adeguata motivazione era altresì necessaria perchè l’accusa di violenza sessuale si basava esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, mentre non sono stati indicati specifici elementi di riscontro in relazione all’episodio di violenza sessuale. La sentenza impugnata invero – oltre a fondarsi anche sulle dichiarazioni di un soggetto che invece non era stato mai sentito come teste – non indica quali parti del racconto degli altri testi riscontrerebbero l’accusa che il primo rapporto sessuale era stato ottenuto con la violenza e nemmeno indica quali lesioni o patologie riportate dal certificato medico deriverebbero da una violenza sessuale.

Anche l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa in relazione al reato di violenza sessuale è affermata apoditticamente, senza prendere in considerazione e valutare le specifiche contestazioni contenute nell’atto di appello, tra cui quelle relative alla inverosimiglianza del fatto che un soggetto che abbia compiuto una violenza sessuale e sia poi andato via, torni dopo poco tempo nello stesso luogo in cui era stata compiuta la violenza sessuale e sia fatto pacificamente entrare in casa dalla vittima, recandosi subito insieme in camera da letto; alla stranezza del fatto che una ragazza che abbia subito una violenza sessuale acconsenta poco dopo (come sembrerebbero ammettere i giudici del merito) ad avere un secondo rapporto sessuale consensuale col soggetto che poco prima l’aveva violentata; ai tempi della prima parziale denuncia (dove non si chiede la punizione per la violenza sessuale) intervenuta 20 giorni dopo il fatto, e della seconda denunzia (comprendente la querela per la violenza sessuale) presentata dopo cinque mesi dalla prima. Tutte queste circostanze non sono state valutate dalla corte d’appello.

In conclusione, la corte d’appello si è limitata ad un generico ed apodittico richiamo alla decisione di primo grado, senza compiere il dovuto, completo ed adeguato esame di tutti i concreti e singolari aspetti della vicenda e delle specifiche doglianze mosse con l’atto di appello.

La sentenza impugnata deve dunque essere annullata per difetto di motivazione con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Catania per nuovo giudizio.

Il rinvio va fatto in ordine a tutti i reati contestati, pur essendo quelli diversi dalla violenza sessuale ormai prescritti, sia perchè il giudice di rinvio dovrà comunque pronunciare sulle statuizioni civili e quindi entrare nel merito della sussistenza dei reati stessi, e sia perchè, di conseguenza, non può escludersi in astratto che il giudizio di rinvio possa portare ad un proscioglimento nel merito su tutti o parte di detti reati.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Catania per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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