Cons. Stato Sez. III, Sent., 19-04-2011, n. 2394

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto del 14 novembre 2003 il Prefetto di Venezia ha respinto, per l’assenza del necessario nulla osta della Questura, l’istanza che era stata presentata dal sig. Alessandro Trovò per la regolarizzazione dell’appellante sig. A. R., ai sensi dell’art. 1 del d. l. 9 settembre 2002 n. 195, convertito in legge 9 ottobre 2002 n. 222.

La motivazione del provvedimento di diniego fa specifico riferimento alla sentenza di condanna emessa nei confronti dell’interessato, in data 22 maggio 2003, per i reati di cui agli articoli 474 e 648 del codice penale (oltre che alle condanne in data 25 marzo 2002, per il reato di cui all’art. 6 della legge n. 286 del 1998, e in data 7 ottobre 2002, per il reato di cui all’art. 650 c.p.).

Il riferimento alla sentenza di condanna emessa il 22 maggio 2003, come affermato dal TAR per il Veneto, è da solo sufficiente a sorreggere il provvedimento impugnato, qualificandolo come atto dovuto e vincolato, in quanto, per giurisprudenza consolidata (fra le tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2543), la sentenza di condanna, per uno dei reati per i quali gli art. 380 e 381 c.p.p. prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza, costituisce motivo di diniego dell’autorizzazione alla legalizzazione, come si ricava dal tenore della lett. c), del comma 8, dell’art. 1 della legge n. 222 del 2002, che prevede la regolarizzazione del rapporto di lavoro dello straniero nell’ipotesi in cui il procedimento penale si sia concluso con una sentenza assolutoria ovvero nei casi di archiviazione, mentre non consente la regolarizzazione nel caso di denuncia seguita da una condanna.

La predetta disposizione ha subordinato l’inaccoglibilità della richiesta di legalizzazione alla presenza di una condanna e non necessariamente alla presenza di un giudicato, altrimenti il legislatore avrebbe utilizzato una diversa terminologia e fatto riferimento ad una "sentenza passata in giudicato".

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 78 del 18 febbraio 2005, ha ritenuto illegittimo il predetto art. 1, comma 8, lett. c) della legge n. 222 solo nella parte in cui faceva scaturire effetti pregiudizievoli alla regolarizzazione dalla "mera denuncia" penale mentre nulla ha rilevato circa la (diversa) questione del passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

La legittimità del diniego impugnato non può essere contestata per effetto del successivo annullamento della citata condanna tenuto conto che la legittimità degli atti amministrativi deve essere valutata, secondo il noto principio del tempus regit actum, con riferimento al momento in cui l’atto è stato adottato (da ultimo Consiglio Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 112 e, in materia di rilascio di atti autorizzatori dell’ingresso e permanenza nel territorio nazionale di stranieri extracomunitari, Consiglio Stato, sez. VI, 27 dicembre 2010, n. 9417).

La legittimità del provvedimento di diniego della domanda di emersione del sig. A. R., deve essere quindi valutata alla stregua della situazione esistente al momento della sua emanazione e, pertanto, la sentenza con la quale l’appellante è stato poi assolto (il 13 dicembre 2008) dai reati per i quali era stato condannato (il 22 maggio 2003) non può costituire un parametro di valutazione della legittimità del provvedimento impugnato (emanato il 14 novembre 2003).

L’appellata sentenza del TAR per il Veneto risulta quindi esente dalle censure sollevate;

il sopravvenuto annullamento della condanna penale e la circostanza che il sig. A. R. sia oramai da tempo sul territorio nazionale, e risulti ancora alle dipendenze dello stesso datore di lavoro che ne aveva chiesto la regolarizzazione, possono costituire peraltro elementi di valutazione ai fini di nuove determinazioni dell’amministrazione.

In conclusione, l’appello va respinto, ma si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso in appello n. 1755 del 2011, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione fra le parti delle spese del giudizio di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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