Cons. Stato Sez. III, Sent., 19-04-2011, n. 2392 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

si dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– il 3 ottobre 2007 due guardie venatorie del Servizio di Vigilanza della Regione Piemonte accertavano che il signor M. B. esercitava la caccia in evidente stato di ebbrezza e a meno di 100 metri da abitazioni e luoghi di lavoro;

– come risulta dal verbale di constatazione in pari data, "…ad un certo punto il cacciatore ha iniziato a barcollare e si è accasciato per terra,… il cacciatore era in evidente stato di ebbrezza (parole biascicate, alito, incapacità di stare in piedi e di deambulare)… lo stesso sig. M. ha ripetutamente affermato di avere bevuto e di avere il diritto di cacciare… continuava a barcollare e ad appoggiarsi al fucile… cadeva nuovamente a terra…";

– con processo verbale n. 573/07/F del 03.10.2007, le suddette guardie venatorie contestavano al signor M. la violazione dell’art. 21, comma 1, lett. E della legge 157 del 1992 per aver esercitato l’attività venatoria "a meno di 100 metri (45 metri misurati a passi) da abitazioni e stabilimenti";

– i Carabinieri del Comando Stazione di Castiglione Torinese, sopraggiunti in loco, sottoponevano il sig. M. ad alcotest, in esito al quale il medesimo "risultava in evidente stato di ebbrezza, avendo superato la soglia di 1,38 g/l al primo controllo e di 1.28 g/l al secondo controllo" (cfr. "comunicazione di notizia di reato ex art. 347 c.p.p." in data 16.10.2007);

– con decreto in data 7 novembre 2007, il Prefetto di Torino vietava quindi al signor M. la detenzione di qualsiasi tipo di arma e munizione;

– con successivo decreto in data 16 febbraio 2008, il Questore di Torino revocava poi al signor M. la licenza di porto di fucile per uso caccia;

– il TAR per il Piemonte, Sezione II, con la sentenza n. 1922 del 15 aprile 2010 ha respinto il ricorso proposto dal sig. M. avverso i suddetti provvedimenti;

Considerato che:

– il potere del Prefetto di vietare la detenzione di armi e munizioni e il potere del Questore di revocare la licenza del porto di fucile ad uso caccia sono caratterizzati da una valutazione ampiamente discrezionale sulla affidabilità dei soggetti destinatari, con la conseguenza che detta valutazione è censurabile solo sotto i profili di eccesso di potere per evidente illogicità e travisamento dei fatti (Consiglio Stato, sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8707);

– la finalità di tutela dell’ordine pubblico dei suddetti poteri ne giustifica l’esercizio non solo in caso di accertata lesione ma anche in caso di pericolo di lesione (Consiglio Stato, sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4280), essendo sufficiente, ai fini dell’applicazione della misura interdittiva, che il soggetto abbia dato prova di non essere del tutto affidabile quanto all’uso delle armi (Consiglio Stato, sez. V, 13 novembre 2009, n. 7107);

– devono ritenersi, quindi, legittimi il divieto di detenere armi, munizioni ed esplosivi e la revoca del permesso di porto d’arma disposti sulla base di una serie di fatti che, nell’apprezzamento che ne fa l’amministrazione, possono indurre ad ipotizzare un uso improprio dell’arma che possa recare danno ad altri (Consiglio Stato, sez. VI, 19 gennaio 2011, n. 360);

– nella fattispecie, la valutazione effettuata dall’amministrazione, circa l’idoneità dei fatti accertati a giustificare un possibile abuso delle armi, risulta, come affermato dal TAR per il Piemonte, congruamente motivata e non può ritenersi arbitraria o illogica tenuto conto che il signor M. esercitava l’attività venatoria a meno di 100 metri da luoghi abitati e in accertato stato di ebbrezza;

ritenuto inoltre che:

– i provvedimenti in materia di detenzione e utilizzo di armi e di revoca del porto d’armi per uso caccia, in quanto rimedi finalizzati a salvaguardare la collettività dal pericolo dell’uso delle armi da parte di un soggetto che si ritiene capace di abusarne, possono avere (per la loro natura) il carattere dell’urgenza, con la conseguenza che si può prescindere, ai sensi dell’art. 7, della legge 7 agosto 1990 n. 241, dalla previa comunicazione di avvio del procedimento (Consiglio Stato, sez. VI, 7 febbraio 2007, n. 509);

– non ha rilievo la omessa sottoscrizione della copia del decreto di revoca del porto di fucile comunicata al ricorrente in quanto, per principio pacifico, la mancata sottoscrizione (o la dizione "firmato") nella copia conforme di un provvedimento amministrativo non costituisce un vizio dell’atto essendo la sottoscrizione autografa un elemento essenziale dell’atto originale e non anche delle copie conformi (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2007, n. 6517),
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1766 del 2011, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore delle Amministrazioni resistenti, delle spese e competenze della fase di appello che si liquidano in Euro 1.000 (mille), tenuto conto della ridotta attività difensiva svolta dall’Avvocatura dello Stato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *