Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-01-2011) 20-04-2011, n. 15684

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.R., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 26.4.2010 con la quale la Corte d’Appello di Catania lo ha condannato alla pena di mesi tre di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni liquidati in Euro 3.500,00, per la violazione dell’art. 641 c.p..

La difesa richiede l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

(1) il vizio di illogicità della motivazione della decisione perchè l’imputato si sarebbe limitato alla sola postdatazione del titolo senza compiere atti tesi a dissimulare il proprio stato di insolvenza, avvisando la parte offesa che avrebbe potuto onorare il proprio debito solo successivamente all’accreditamento della pensione. Conclude la difesa, sul punto che solo una impossibilità sopravvenuta, ha determinato la condizione di insolvenza dell’imputato che va comunque assolto per mancanza degli elementi costitutivi della fattispecie; (2) la eccessività della pena.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La difesa deduce a sostegno del primo motivo di ricorso, argomenti che impongono valutazioni di merito e un riesame del fatto che sfugge alla cognizione del giudice della legittimità.

La Corte territoriale ha indicato la prova dalla quale ha desunto come l’imputato abbia "dissimulato" la propria condizione di insolvenza, rilevando, in particolare che il C. ha consegnato in pagamento un assegno posdatato tratto su un conto corrente che già presentava una scopertura per migliaia di Euro e nessuna entrata. Non è pertanto manifestamente illogica la deduzione per la quale la Corte ha ritenuto che l’imputato non fosse in grado di adempiere alla propria obbligazione e non aveva prospettive di poter assolvere al debito, avendo il conto corrente già scoperto per pregresse posizioni passive. Gli elementi del reato di insolvenza fraudolenta sono pertanto tutti integrati. In particolare affermare che la "copertura" di un titolo di credito postdatato è da ricollegarsi al futuro accreditamento di una somma sul conto di traenza, tacendo nel contempo, che il conto ha una scopertura complessiva di importo ben superiore a quanto verrà accreditato sul medesimo conto, vale a dissimulazione della propria condizione di insolvenza.

Il secondo motivo è manifestamente infondato ex art. 606 c.p.p., comma 3; infatti, la difesa deduce in questa sede una doglianza che non è stata oggetto di motivo di appello, dovendosi peraltro comunque ribadire che: "la graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p., sicchè è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena". (Cass. pen., sez. 3, 17.10.2007, Cilia).

Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, ex art. 616 c.p.p., attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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