Corte Costituzionale ordinanza n. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 novembre 2009 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 35 del 1-9-2010

IL GIUDICE DI PACE

Nella causa civile iscritta al n. 15643/09 del ruolo generale
avente per oggetto risarcimento danni da incidente strasale, promossa
da Castaldo Davide, residente in Torino, ed elettivamente domiciliato
in Torino corso Tassoni, n. 12 presso lo studio dell’avvocato Massimo
Perrini che lo rappresenta e difende come da delega in atti;
Contro Uniqa protezione S.p.a. in persona del legale
rappresentante pro tempore con sede in Udine, viale Venezia n. 99 ed
elettivamente domiciliata in Torino, corso Matteotti n. 53 presso lo
studio dell’avvocato Angelo Formica che la rappresenta e difende in
forza di delega in atti, convenuta, nonche’ contro Arcuri Teo
residente in Rivalta (Torino), via Giaveno n. 46/2, altro convenuto
contumace.
Ha depositato la seguente ordinanza.

Premesso

Con atto di citazione notificato il 26 marzo 2009 il sig.
Castaldo Davide conveniva in giudizio la Uniqa Assicurazioni s.p.a.
chiedendo il risarcimento dei danni patiti a seguito di incidente
stradale verificatosi il 31 gennaio 2008; asseriva l’attore che in
tale data era trasportato sulla Lancia Y targata CS965AF di
proprieta’ e condotta dal sig. Arcuri Teo assicurata per la
responsabilita’ civile obbligatoria dalla Uniqa Assicurazioni s.p.a.,
e che detto veicolo veniva urtato. dalla Fiat Tipo targata TO41297R
di proprieta’ del sig. Barbagiovanni Luca ed assicurata per la
responsabilita’ civile obbligatoria dalla Reale Mutua Assicurazioni;
All’udienza di comparizione il G.d.P. rilevava la necessita’ di
integrare il contraddittorio nei confronti del vettore che veniva
quindi evocato in giudizio dalla difesa attorea senza che peraltro
esso vettore provvedesse a costituirsi in giudizio alla successiva
udienza, per cui verificata la presenza delle condizioni di legge ne
veniva dichiarata la contumacia; sempre all’udienza di comparizione
la difesa attorea dichiarava che per mero errore aveva evocato in
giudizio l’Uniqa Assicurazioni s.p.a. omettendo l’esatta sua
denominazione di Uniqa Protezione e quest’ultima si costituiva
regolarmente in giudizio alla successiva udienza dichiarando in
sostanza di assumere la gestione della lite in luogo di Uniqa
Assicurazioni s.p.a che veniva quindi estromessa dal giudizio;
Espletate le prove ammesse, le parti all’udienza del 19 ottobre
2009 precisavano le conclusioni e chiedevano che la causa venisse
trattenuta a sentenza; la difesa attorea chiedeva in via preliminare,
ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 139, d.lgs. 7 settembre 2005,
n. 209 in riferimento agli articoli 2, 3, 10 , 24 e 32 della
Costituzione, sospendersi il giudizio e disporre l’immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
La risoluzione della questione di legittimita’ costituzionale
cosi’ preliminarmente sollevata puo’ indubbiamente esplicare notevoli
conseguenze sulla decisione del giudizio in corso, posto che nello
stesso non e’ in discussione la responsabilita’ di parte convenuta ma
essenzialmente il risarcimento del danno alla persona patito
dall’attore per la cui quantificazione dovrebbe farsi
obbligatoriamente riferimento a quanto stabilito dall’articolo l39
del d.lgs. n. 209/2005, il che non consentirebbe di giungere ad
un’adeguata personalizzazione del danno, per cui si ritiene
necessario sollevarla per quanto in appresso verra’ precisato,
sospendendo il giudizio in attesa della decisione della Corte
costituzionale;
Le argomentazioni esposte dalla difesa dell’attore possono
sinteticamente cosi’ riassumersi: premesso che il danno patito dallo
stesso attore e’ tale da non poter essere adeguatamente risarcito in
considerazione delle sue particolari caratteristiche che fanno si che
la sua quantificazione, ove effettuata con riferimento ad un’adeguata
sua personalizzazione come ritenuto dall’attuale evoluzione
legislativa esuli dai criteri di legge, vengono effettuate le
seguenti critiche all’art. 139 del d.lgs. n. 209/2005: a) violazione
dell’art. 76 della Costituzione da parte di detta norma per
l’introduzione di un limite per la liquidazione del danno alla
persona non previsto dalla legge delega 23 luglio 2003, n. 229 ed
inferiore a quanto in precedenza liquidato con le tabelle in uso
presso i vari tribunali; a1) illegittimita’ costituzionale degli
artt. 5 della legge n. 57/2001 e 23 della legge n. 273/2002 laddove,
a seguito di caducazione dell’art. 139, si giungesse ad una
reviviscenza di dette norme dovendosi applicare gli ordinari criteri
risarcitori del danno alla persona comunemente adottati dalla
giurisprudenza di merito e di legittimita’; b) violazione
dell’articolo 3, comma 2 della Costituzione a fronte dello squilibrio
esistente tra la personalizzazione del danno dell’infortunato
effettuata secondo le tabelle in uso presso i vari Tribunali e quella
concessa dai criteri di cui all’art. 139 che pongono limiti rigidi,
squilibrio che e’ ancora piu’ evidente se si prende in considerazione
anche solo il fatto che un’invalidita’ del 10%, allo stato, viene
liquidata con le suindicate tabelle, mentre quella del 9% viene
liquidata con i criteri di detta norma ed ulteriore difformita’ di
trattamento e’ evidenziabile dopo l’intervento delle Sezioni unite
della suprema Corte laddove venne rivisitata la liquidazione del
danno non patrimoniale soprattutto con riferimento ai contenuti del
danno biologico con conseguente impossibilita’ di riconoscere il
danno morale come in precedenza accadeva nella pratica; c) violazione
dell’articolo 3, comma 1 della Costituzione con riferimento al
soggetto danneggiante od alla tipologia della causa del danno; sotto
il primo aspetto viene preso in considerazione il fatto che la
procedura di risarcimento diretto prevista dall’art. 149 del d.lgs.
n. 209/2005 si affianca senza sostituirla, alla procedura ordinaria,
nel senso che il danneggiato puo’ agire per il risarcimento del suo
danno sia nei confronti della propria assicurazione sia nei confronti
del danneggiante con il risultato che nel rapporto assicurato
assicuratore operano necessariamente i criteri dell’articolo 139
mentre nel rapporto tra danneggiante e danneggiato regolato dalle
norme ordinarie potrebbe aversi una liquidazione dello stesso danno
secondo le tabelle in uso presso i singoli Tribunali con risultati
ovviamente difformi; riguardo al secondo aspetto viene invece in
considerazione il fatto che il danneggiato da eventi della
circolazione stradale viene risarcito con i limiti di legge, mentre
questi finirebbero per non operare per il soggetto danneggiato da
altri eventi; d) violazione degli articoli 2 e 24 della Costituzione
in relazione ad una corretta e necessaria personalizzazione del
danno, posto che il limitato incremento del 20% concesso dalla legge
non tiene conto delle diverse effettive ricadute che uno stesso
pregiudizio puo’ provocare a vari soggetti portando ad un
livellamento dei risarcimenti soprattutto nella valutazione dei
risvolti dinamico relazionali che in concreto possono avere
conseguenze differenti da soggetto a soggetto; e) violazione
dell’articolo 32 della Costituzione per il mancato risarcimento della
sofferenza fisica e morale quale limite del diritto alla salute e
cio’ in particolare dopo l’intervento delle Sezioni unite della
Cassazione laddove si ritenga che il danno morale resti compreso nel
danno biologico tanto piu’ che il primo non consiste solo nel dolore
fisico preso in considerazione nella quantificazione del secondo ma
anche nella sofferenza morale. La difesa attorea rilevava infine
l’impossibilita’ di un’interpretazione costituzionalmente orientata
dell’articolo 139 in relazione ai mutati indirizzi giurisprudenziali
quali recepiti dal diritto vivente posto che detta norma non lascia
spazi di manovra al giudicante il quale si deve limitare ad un
conteggio matematico che impedisce un’adeguata personalizzazione del
danno.

Osserva

Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209
1) Richiami sui precedenti legislativi e sulle questioni sorte in
ordine agli stessi.
Prima di procedere all’esame della questione di legittimita’
costituzionale sollevata e’ opportuno ricordare quanto a suo tempo
osservato in ordine all’articolo 5 della legge 5 marzo 2001con il
quale si introdussero le tabelle per la liquidazione del danno
biologico per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento
ed all’art. 23 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 che introdusse la
possibilita’ di aumento dell’ammontare del danno biologico liquidato
in forza di tali tabelle, in misura non superiore ad un quinto, con
equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del
danneggiato.
In ordine al momento in cui entrarono in vigore dette norme, che
si puo’ dire rappresentino l’antecedente storico dell’articolo 139
del d.lgs. n. 209/2005, si deve ricordare che lo stesso art. 5 della
legge n. 57/2001 prevedeva che i competenti Ministeri provvedessero
alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni
all’integrita’ psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidita’ il
che avvenne con il decreto ministeriale 3 luglio 2003 (in G.U. 11
settembre 2003, n. 211) per cui l’articolo 5 della legge n. 57/2001
risulto’ di fatto applicabile solo dopo l’entrata in vigore di detto
decreto ministeriale.
Di recente si e’ osservato che da quel momento venne introdotto
«… un regime speciale per il danno biologico lieve o da
micropermanente (sino a 9 punti) in deroga al regime ordinario
codificato dall’articolo 2056 c.c. e con la previsione (introdotta da
successiva novella n. 273 del 2002) del potere di correzione della
stima del danno nella misura del 25%, cosi’ delimitando il potere di
personalizzazione del danno, ampiamente sostenuto dalla Corte
costituzionale (1986 n. 194) e della Corte di cassazione (incluso il
punto 4.9 del preambolo sistematico delle SU 11/11/1008 n. 26973 e
26974).
Le tabelle ministeriali in questione, per atto amministrativo,
appaiono in contrasto con la definizione amplia del danno biologico
considerata, anche per le micropermanenti, dall’art. 139 secondo
comma del codice delle assicurazioni, che determina la struttura
complessa del danno biologico nelle sue quattro componenti essenziali
(fisica e psichica e riferito alle perdite della vita attiva e della
vita di relazione), tanto da determinare gli stessi tribunali a
ritenerle orientative e non vincolanti, in attesa di una loro
riformulazione nel rispetto della forma regolamentare e per decreto
presidenziale» cosi’ in motivazione Cass.13 maggio 2009 n. 11048).
Si ritiene poi di ricordare che attenta dottrina, all’entrata in
vigore dell’articolo 5 della legge n. 57/2001, rilevo’ trattarsi di
norma di portata generale ma con tre limiti applicativi e cioe’
causale, oggettivo e temporale. In ordine alla limitazione causale
che qui maggiormente puo’ interessare, detta dottrina osservo’ che
tale norma appariva difficilmente compatibile con il combinato
disposto degli articoli 3 e 32 Cost. perche’ se la salute e’ un bene
dell’individuo e tutti gli individui sono uguali non si comprende
perche’ una stessa lesione debba essere risarcita in modo diverso a
seconda che derivi da. una caduta dal motorino piuttosto che da una
caduta da cavallo; inoltre se l’intento del legislatore era stato
quello di eliminare le disparita’ di trattamento derivanti da diversi
orientamenti giurisprudenziali le stesse non sarebbero state
eliminate permanendo in tutti quei casi in cui il danno alla salute
sia derivato da un fattore estraneo alla circolazione dei veicoli.
La giurisprudenza di merito, con riferimento al richiamato
articolo 5 della legge n. 57/2001 sollevo’ a suo tempo numerose
questioni di sua illegittimita’ costituzionale che si conclusero con
le ordinanze della Corte costituzionale n. 126/2003, 64/2004,
434/2004 e 33/2006 le quali, con varie motivazioni, dichiararono la
manifesta inammissibilita’ delle questioni poste.
Di fatto si deve pero’ rilevare:
l’ordinanza n. 126/2003 dichiaro’ la manifesta
inammissibilita’ della questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 5 della legge n. 57/2001 perche’ le questioni di
incostituzionalita’ risultarono sollevate con ordinanza «priva, nel
suo complesso, degli elementi idonei a dare valido ingresso al
giudizio di legittimita’ costituzionale, quanto alla necessaria
motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle
questioni stesse, non essendovi sufficienti indicazioni sulle ragioni
per cui si configurerebbe la violazione del parametro costituzionale
…».
l’ordinanza n. 64/2004 si limito’ a restituire gli atti al
giudice rimettente al fine di una nuova valutazione sulla rilevanza,
alla luce dello ius superveniens costituito dall’art. 23, comma 3,
della legge n. 273/2002 che aveva sostituito il comma 4 dell’art. 5
della legge n. 57/2001, cui segui’, dopo che il giudice rimettente
aveva nuovamente rimesso gli atti alla Corte costituzionale,
l’ordinanza n. 33/2006 che, a sua volta, rilevo’ che detto giudice
aveva omesso ogni descrizione della fattispecie oggetto del giudizio
principale limitandosi a confermare la rilevanza delle questioni
evidenziate con la precedente ordinanza di rimessione e la Corte
escluse l’idoneita’ di una motivazione per relationem anche se dello
stesso Giudice ed anche se gia’ ad essa sottoposta con conseguente
inammissibilita’ della proposta questione di legittimita’;
l’ordinanza n. 434/2004 affermo’ che l’art. 5 della legge n.
57/2001 nella parte in cui disciplina la liquidazione delle
micropermanenti « …e’ applicabile soltanto all’azione diretta del
danneggiato nei confronti dell’assicuratore e non anche nel rapporto
tra danneggiato e danneggiante, che e’ indipendente dal contratto
assicurativo..» per cui trattandosi nel caso di specie di danno di
una convenuta che aveva esplicato domanda riconvenzionale senza che
poi si sia fatto intervenire nel giudizio l’assicuratore
dell’attrice, che tale danno avrebbe dovuto pagare, la questione e’
stata dichiarata inammissibile, mentre per quanto poteva riguardare
l’eventuale rilevanza della questione nel rapporto tra danneggiato e
danneggiante la questione e’ stata dichiarata inammissibile per
mancanza di motivazione al riguardo.
Da quanto sin qui rilevato puo’ desumersi che la questione nodale
e cioe’ l’eventuale incostituzionalita’ di una norma che ponga una
tabellazione rigida per la liquidazione delle micro permanenti solo
per i danni da circolazione dei veicoli, non e’ stata di fatto
esaminata con riferimento all’art. 5 della legge n. 57/2001, posto
che le varie ordinanze di rimessione alla Corte vennero respinte solo
perche’ prive di basilari elementi che potessero venir presi in
considerazione dalla stessa.
Tanto rende dunque ancora attuali le critiche come sopra
ricordate a suo tempo formulate dalla dottrina alla predetta legge n.
57/2001 alle quali, si puo’ tuttora far riferimento, per avvalorare i
dubbi di incostituzionalita’ dell’articolo 139 del d.lgs. n.
209/2005, dubbi, che devono essere ora esaminati anche con
riferimento agli attuali indirizzi della giurisprudenza in tema di
valutazione del danno alla persona per gli ulteriori motivi che in
appresso verranno svolti.
2) Violazione dell’articolo 2 della Costituzione per la
fissazione di un limite al risarcimento del danno alla persona senza
un adeguato contemperamento degli interessi in gioco.
Il quesito che ci si deve preliminarmente porre e’ se il
legislatore possa stabilire che la vittima di un illecito aquiliano
non possa pretendere piu’ di una somma predeterminata a titolo di
risarcimento indipendentemente dall’effettiva consistenza del
pregiudizio subito.
Di tale questione la Corte Costituzionale ebbe ad occuparsi in
svariate occasioni.
Per quanto qui interessa e per i risvolti che le decisioni
adottate ossono riverberare sulla questione qui sollevata, si puo’
ricordare la sentenza 2 maggio 1985, n. 132 con la quale la Corte
costituzionale venne chiamata a stabilire se fossero o meno contrari
alla Costituzione gli articoli 1 della legge 19 maggio 1932, n. 841 e
2 della legge 3 dicembre 1962, n. 1832 nella parte in cui, dando
esecuzione all’articolo 22 della Convenzione di Varsavia del 12
ottobre 1929 e successive modifiche, stabilivano che la
responsabilita’ del vettore aereo per il risarcimento del danno alla
persona fosse contenuta entro il limite di 250.000 franche Poincare’.
In motivazione detta sentenza osservo’: «Si puo’ intanto
precisare che l’aver comunque sancito un limite alla responsabilita’
del vettore non basta ad integrare la prospettata ipotesi di
illegittimita’ costituzionale sebbene importi una deroga al principio
del risarcimento integrale del danno … Occorre vedere piu’ da
vicino se la limitazione dell’obbligo risarcitorio sia giustificata
dallo stesso contesto normativa in cui essa si colloca, nel senso che
la denunciata disciplina pattizia riesca a comporre gli interessi del
vettore con un sistema di ristoro del danno non lesivo della norma
costituzionale di raffronto… Ad avviso della Corte deve trattarsi
di una soluzione normativa atta ad assicurare l’equilibrato
componimento degli interessi in gioco: e dunque, per un verso
sostenuta dalla necessita’ di non comprimere indebitamente la sfera
di iniziativa economica del vettore, per l’altro, congeniata secondo
criteri che, in ordine all’imputazione della responsabilita’ o alla
determinazione della consistenza del limite in discorso, comportano
idonee e specifiche salvaguardie del diritto fatto valere da chi
subisce il danno …».
Nei termini in cui essa e’ configurata «.. la norma che di fronte
alle lesioni corporee…esclude il ristoro integrale del danno non e’
assistita da un idoneo titolo giustificativo. Occorre quindi
concludere che essa lede la garanzia eretta dall’articolo 2
Costituzione a presidio inviolabile della persona.».
Come rilevato da attenta dottrina le norme limitatrici della
responsabilita’ del vettore aereo vennero dichiarate
costituzionalmente illegittime non perche’ fissassero un limite al
risarcimento, ma perche’ non realizzavano l’«equo contemperarnento»
tra l’interesse della vittima al risarcimento integrale e quello del
vettore aereo allo svolgimento della propria attivita’, in
particolare non fissando ne’ un meccanismo che garantisse alla
vittima la certezza del ristoro (ad esempio per una responsabilita’
oggettiva), ne’ criteri di adeguamento dell’importo del massimale.
Si tratta a questo punto di vedere se l’articolo 139 del codice
delle assicurazioni violi o meno l’articolo 2 della Costituzione
facendo applicazione dei principi come sopra affermati: premesso
dunque che la semplice previsione di un tetto risarcitorio non puo’
costituire di per se violazione del richiamato articolo 2 Cost.,
occorre allora vedere se tale norma realizzi l’equo contemperamento
degli interessi in gioco.
Ma il contemperamento degli interessi in gioco si deve ammettere
che da tale norma non e’ realizzato, visto che a fronte della rigida
limitazione risarcitoria imposta al danneggiato questi non ottiene
alcun vantaggio diretto od indiretto nei confronti del responsabile o
del suo assicuratore come potrebbe essere ad esempio una
responsabilita’ oggettiva dell’assicuratore stesso. Non pare poi
ragionevole sostenere che l’interesse all’esercizio dell’attivita’
assicurativa possa essere ritenuto preminente su quello all’integrale
risarcimento del danno. alla persona. In sostanza, la sproporzione
del trattamento delle rispettive posizioni risulta evidente tanto
piu’ se si considera anche che l’assicuratore ha gia’ ottenuto un
vantaggio, sul piano commerciale, dall’introduzione
dell’obbligatorieta’ dell’assicurazione contro il rischio della
responsabilita’ civile per la circolazione dei veicoli.
Di conseguenza, si puo’ rilevare l’assenza dell’equo
contemperamento tra i contrapposti interessi che come si e’ visto e’
il presupposto della legittimita’ costituzionale di qualsiasi norma
limitativa del diritto al risarcimento e da cio’ deriva il contrasto
dell’articolo 139 cod. assic. con il richiamato articolo 2 della
Costituzione.
A conclusioni similari, sia pur esaminando il problema da diversa
angolatura, e’ pervenuta la giurisprudenza di merito laddove venne
precisato da piu’ parti ci si e’ interrogati, tenuto conto della
valenza costituzionale del risarcimento del danno alla persona, alla
luce del secondo comma dell’art. 3 della Costituzione e del principio
della necessaria integralita’ del risarcimento, circa il rischio di
illegittimita’ costituzionale dell’introduzione di limitazioni
massime al risarcimento del danno alla persona, che non appaiano
ragionevolmente giustificate da un interesse pubblico di rilievo
costituzionale.
Almeno in linea di principio non sembra da escludersi la
sussistenza di un apprezzabile interesse pubblico all’introduzione di
un limite legale massimo al risarcimento, al fine di stabilizzare il
mercato assicurativo e soprattutto di garantire una certa uniformita’
dei risarcimenti sul territorio nazionale di una loro minima
prevedibilita’ da parte degli operatori del settore.
Il riconoscimento astratto dell’ammissibilita’ dell’introduzione
di soglie-limite, di per se’ non contrastanti con la Costituzione,
non significa pero’ che il legislatore non debba rispettare parametri
di ragionevolezza per introdurre le soglie.
E’ in tale scenario che matura il sospetto di incostituzionalita’
delle norme di cui agli articoli 138 e 139 Codice delle Assicurazioni
ove le stesse fossero reinterpretate alla luce del «nuovo» art. 2059
c.c. cosi’ come concepito dalle Sezioni unite» (cosi’ in motivazione
Corte d’appello di Torino 30 ottobre 2009, n. 1315).
3) Violazione dell’articolo 3, comma 1 della Costituzione con
riferimento all’eziologia del danno ed al soggetto danneggiante.
Gia’ si e’ in precedenza accennato come in dottrina, criticando
l’articolo 5 della legge n. 57/2001, si sia osservato come tale norma
apparisse difficilmente compatibile con il combinato disposto degli
articoli 3 e 32 Cost. perche’ se la salute e’ un bene dell’individuo
e tutti gli individui sono uguali non si comprende perche’ una stessa
lesione debba essere risarcita in modo diverso a seconda che derivi
da una caduta dal motorino piuttosto che da una caduta da cavallo.
Identico ragionamento puo’ ora venir fatto nei confronti
dell’articolo 139 codice delle assicurazioni il cui disposto vale nei
confronti dei danni alla persona conseguenti alla circolazione dei
veicoli ed in caso di azione diretta del danneggiato contro
l’assicuratore non essendovi ragione per discostarsi anche da quanto
affermato dall’ordinanza n. 434/2004 in riferimento all’art. 5 della
legge n. 57/2001 laddove preciso’ che detta norma nella parte in cui
disciplina la liquidazione delle micropermanenti … «e’ applicabile
soltanto all’azione diretta del danneggiato nei confronti
dell’assicuratore e non anche nel rapporto tra danneggiato e
danneggiante, che e’ indipendente dal contratto assicurativo…».
Ed allora identica lesione puo’ venir risarcita con gli importi
di cui al d.m. 19 giugno 2009 se conseguente a circolazione dei
veicoli mentre puo’ venir risarcita coni criteri di cui alla tabella
adottata dal Tribunale di Milano, che risulta oggi utilizzata da ben
44 Tribunali (v. Guida al diritto – Dossier n. 9 Novembre 2009, p.
6), se conseguente ad altra e diversa causa, come cadere in una buca
stradale, eccetera.
Ma le differenze in termini monetari risultano notevoli se si
pensa che nel primo caso in forza del punto base del decreto
ministeriale ad un soggetto di dieci anni che abbia riportato un 1%
di invalidita’ da circolazione, viene corrisposto euro 728,16, mentre
allo stesso soggetto che abbia riportato sempre un’invalidita’
dell’1% cadendo in una buca puo’ venir corrisposto l’importo di euro
1.276,00 e con l’aumentare dell’invalidita’ le differenze risultano
ancora maggiori se si pensa che un 9% in un soggetto di 24 anni con
la tabella ministeriale viene risarcito con euro 14.017,81 e con euro
18.620,00 con la tabella di Milano.
La differenza di trattamento in presenza di identiche situazioni,
che consegue a quanto appena rilevato, risulta allora evidente con
conseguente violazione dell’articolo 3, comma 1 della Costituzione.
Quanto appena rilevato si riflette anche nei confronti del
soggetto danneggiante tenuto al risarcimento, posto che se questi e’
un assicuratore contro il quale sia stata proposta l’azione diretta
sara’ obbligato ad un risarcimento calcolato con i criteri di cui
alla tabella ministeriale, mentre tanto non avverra’ per il
danneggiante tenuto a sensi dell’art. 2043 e seguenti c.c.
Ma le conseguenze di tale situazione possono avere effetti
particolari anche nei confronti dell’assicuratore che sia tenuto in
forza di un contratto per garanzie che non consentano l’azione
diretta contro di esso.
Puo’ di fatto accadere che un soggetto responsabile, ad esempio,
a sensi dell’art. 2051 c.c. per danno cagionato da cose in custodia
od a sensi dell’art. 2052 c.c. per danni cagionati da animale, venga
convenuto in giudizio per rispondere di danni a persona dei quali
debba rispondere a sensi di dette norme e venga condannato al
risarcimento degli stessi; ma la quantificazione di detti danni
potra’ essere effettuata non necessariamente coni criteri di cui
all’art. 139 codice delle assicurazioni non essendo impedito al
giudicante di adottare anche altri criteri che potrebbero essere
magari quelli di cui alla tabella di Milano o comunque quella del
Tribunale competente.
Ed allora al momento in cui il danneggi – assicurato si
rivolgera’ alla propria compagnia di assicurazione per essere
manlevato dalle richieste del danneggiato, a sensi dell’art. 1917
c.c., l’assicuratore si trovera’ a dover intervenire per il
risarcimento di un danno liquidato con criteri diversi e quasi
sicuramente ben piu’ elevati da quelli che sarebbero stati utilizzati
se il danno fosse stato invece provocato dalla circolazione dei
veicoli.
Nell’ambito dei giudizi per il risarcimento di danni alla persona
da circolazione stradale si potra’ avere una situazione anche piu’
complessa come osservato nelle esaurienti e ben motivate note
conclusive depositate dalla difesa attorea, nelle quali si rileva
come dopo l’intervento della Corte costituzionale con la sentenza 19
giugno 2009, n. 180 la procedura di risarcimento prevista dall’art.
149 cod. assic. si affianca, senza sostituirla obbligatoriamente, a
quella ordinaria, nel senso che al danneggiato e’ consentito agire
sia contro la propria assicuratrice che contro il responsabile del
danno, il che comporta risultati economici diversi, visto che, nel
primo caso, la liquidazione del danno sarebbe vincolata ai parametri
della tabella ministeriale e nel secondo caso si avrebbe invece una
liquidazione con i piu’ favorevoli valori tabellari in uso presso i
vari Tribunali, con evidenti e irragionevoli disparita’ di
trattamento a seconda del soggetto che venga evocato in giudizio.
La situazione diventa poi ancora piu’ complessa nel caso in cui
il danneggiato agisca cumulativamente contro l’assicuratore con
l’azione diretta, magari a sensi dell’articolo 149 cod. assic. e
contestualmente contro il responsabile del danno a sensi degli artt.
2043- 2054 c.c. con il risultato che al primo potrebbe chiedere il
risarcimento del danno da micro permanente ma con il limite della
tabella di legge ed al secondo potrebbe chiedere il risarcimento con
le altre tabelle per ottenere il totale risarcimento e quest’ultimo
potrebbe venir cosi’ condannato ad importo superiore a quello invece
posto a carico dell’assicuratore per cui per non essere poi esposto
in proprio dovrebbe porre una domanda di manleva a sensi dell’art.
1917 c.c. nei confronti del proprio stesso assicuratore.
Da quanto sin qui precisato resta dunque confermata
l’irragionevolezza della scelta legislativa con evidente violazione
della norma costituzionale ed in particolare dell’art. 3, comma 1.
4) Violazione dell’articolo 3 della Costituzione come principio
di uguaglianza dinanzi alla legge sotto il profilo dell’uguale
trattamento di situazioni di fatto diverse, dell’articolo 2 per la
limitazione all’effettiva tutela giurisdizionale conseguente alla
limitazione al risarcimento e dell’articolo 24.
L’articolo 139 cod. assic., fissati i criteri e le misure per il
risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entita’
derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a
motore e dei natanti, come precisa al suo primo comma, prevede al
comma 3 che l’ammontare del danno biologico, liquidato a sensi di
detta norma, possa essere aumentato dal giudice in misura non
superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle
condizioni soggettive del danneggiato.
E’ appena il caso di sottolineare che, in ogni caso, l’aumento
del quinto non puo’ prescindere dal concreto accertamento, nel
singolo caso, della sussistenza di conseguenze pregiudizievoli
ulteriori e diverse rispetto a quelle ordinariamente derivanti da
invalidita’ dello stesso grado di quella accertata, e tali da
incidere negativamente su una qualsiasi delle attivita’ vitali cui la
vittima era dedita prima del sinistro.
E’ evidente anzitutto che il differente aumento del risarcimento
consentito in relazione all’entita’ delle lesioni, potrebbe porre una
certa discriminazione, visto che per le lesioni di lieve entita’ si
e’ mantenuto il limite del 20% gia’ in precedenza prefissato, mentre
per le altre si e’ previsto il limite del 30% il che peraltro
potrebbe essere giustificato dalla maggior importanza di queste
ultime.
Si deve pero’, rilevare, per quanto riguarda le lesioni di lieve
entita’, che e’ senz’altro vero che le stesse non comportano, in
genere, conseguenze pratiche immediate sull’attivita’ dinamico
relazionale del soggetto, ma cio’ non puo’ escludere la presenza di
casi del tutto particolari nei quali un limite alla personalizzazione
puo’ risultare irragionevole.
Basti pensare ad esempio che determinate menomazioni di un
ginocchio o di un piede vengono quantificate con percentuali che, a
seconda dell’importanza delle medesime, possono venir quantificate
dal 5 al 9%.
Ma le conseguenze di lesioni del genere possono influire anche
pesantemente su attivita’ ludico sportive che il singolo infortunato
dimostri di praticare. Si pensi ad un soggetto che nel tempo libero
partecipi a gare amatoriali di ballo e che in conseguenza di una
anchilosi della I metatarso – falangea del piede (per la quale si
riconosce un 5%) non possa piu’ ballare a quel livello, dovendo cosi’
rinunciare a gareggiare con le soddisfazioni di prima, o ad un
soggetto appassionato sciatore che a causa di una ridotta flessione
del ginocchio (che puo’ giungere sino al 9%) si ritrovi con evidenti
difficolta’ a praticare detto sport, dovendo cosi’ rinunciare ad
escursioni di un certo impegno.
L’adeguamento al caso concreto concesso al giudice per una
personalizzazione del danno consente di riconoscere, con la tabella
ministeriale attuale, nei casi ipotizzati, ad un soggetto di 40 anni,
che abbia riportato un 5% di invalidita’ per la lesione al piede un
risarcimento di euro 4.642,02 per il danno biologico, ed al massimo
euro 928,40 (corrispondente all’aumento del 20%) per le conseguenze
influenti sugli aspetti dinamico relazionali della sua vita
concretantisi nel caso di specie nel non poter piu’ partecipare a
gare amatoriali di ballo. Nel caso dello sciatore, sempre
quarantenne, che si ritrovi a dover limitare sensibilmente la sua
attivita’ sportiva, avremo, per il 9% di riduzione della flessione
del ginocchio, euro 12.811,98 per il biologico, ed euro 2.562,39,
come massimo di aumento per l’adeguamento del risarcimento al suo
reale danno. Come si puo’ rilevare gli aumenti consentiti dalla legge
non sono certo tali da compensare i pregiudizi che in tali casi
vengono provocati.
Si tratta ovviamente di casi limite che pero’ rappresentano danni
rientranti certo nel danno non patrimoniale di cui all’articolo 2059
c.c. che: «… costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo
del cosiddetto danno morale soggettivo (e cioe’ della sofferenza
contingente e del turbamento d’animo transeunte, determinati da un
fatto illecito integrante reato), ma anche di ogni ipotesi in cui si
verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona,
costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non
suscettibile di valutazione economica, senza soggezione al limite
derivante dalla riserva di legge correlata all’articolo 185 c.p.)»
(Cass. 19 febbraio 2009, n. 4053).
Resta comunque il fatto che in casi del genere, nei quali le
conseguenze delle lesioni influiscono pesantemente sulle condizioni
soggettive dei danneggiati, si vengono ad avere liquidazioni in forza
dell’art. 139 cod. che non coprono la reale entita’ del danno, mentre
altrettanto non potrebbe dirsi per identiche lesioni che abbiano
colpito individui con diverse condizioni soggettive. E’ infatti
bensi’ vero che sarebbe praticamente impossibile trovare due soggetti
che conducano vite assolutamente identiche, ma e’ altrettanto vero
che fratture agli arti da cui siano derivate menomazioni motorie
provocheranno disagi ben diversi a chi pratichi attivita’ sportiva
rispetto a chi non la pratichi.
E tanto evidenzia come il sistema posto in essere con l’articolo
139 cod. assic. porta a trattare in maniera uguale situazioni di
fatto diverse con evidente violazione del principio di uguaglianza di
fronte alla legge.
La situazione si e’ pero’ resa ancora piu’ complessa dopo che le
Sezioni unite con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972 hanno
affermato la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non
patrimoniale ed hanno anche precisato che «Quando il fatto illecito
integra gli estremi di un reato, spetta alla vittima il risarcimento
del danno non patrimoniale, nella sua piu’ ampia accezione, ivi
compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata
dal reato. Tale pregiudizio puo’ essere permanente o temporaneo
(circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di
liquidazione, ma irrilevanti ai fini’ della risarcibilita’), e puo’
sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi
non patrimoniali (ad esempio derivanti da lesioni personali o dalla
morte di un congiunto): in quest’ultimo caso, pero’, di esso il
giudice dovra’ tener conto nella personalizzazione del danno
biologico o di quello causato dall’evento luttuoso, mentre non ne e’
consentita una autonoma liquidazione.».
Ed allora del danno non patrimoniale di cui ai casi particolari
in precedenza evidenziati si dovrebbe tenere conto globalmente nella
personalizzazione del danno biologico con il limite dell’aumento del
20% che finisce, pero’, per determinare un livellamento del
risarcimento particolarmente con riferimento ai risvolti dinamico
relazionali provocati dallo stesso danno.
Di conseguenza, impedendosi al giudicante di personalizzare la
liquidazione del danno biologico adeguandola alle caratteristiche del
singolo caso concreto con il limite suindicato che porta a concedere
importi inadeguati, si deve ammettere la violazione anche
dell’articolo 2 della Costituzione determinandosi un’irragionevole
compressione del diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale il
che porta anche ad una violazione dell’articolo 24 della
Costituzione.
E’ appena il caso di ricordare che nella prassi precedente si
consideravano come pregiudizi distinti e separati il danno biologico
e quello cosiddetto morale e si giungeva ad una loro separata
liquidazione, per cui attraverso la liquidazione del secondo si
poteva tener conto di quelle conseguenze dannose il cui risarcimento
avrebbe potuto superare la soglia del quinto di legge.
Con l’attuale indirizzo, che non consente la duplicazione del
risarcimento di danni gia’ di fatto risarciti con il danno biologico
non e’ piu’ possibile per le micro permanenti cercare di adeguare il
risarcimento alla reale entita’ del danno quale risultante da
situazioni, sia pur particolari, come quelle in precedenza
evidenziate, quanto meno prendendo in considerazione quella parte di
danno che costituendo una sofferenza dell’individuo, gia’ rientra nel
danno biologico. Ed allora si potrebbe cercare di giungere ad una
liquidazione adeguata del danno sulla scorta delle allegazioni e
prove fornite dal danneggiato al fine di individuare quella norma la
cui violazione ha provocato un danno non patrimoniale, ovviamente
diverso dal danno biologico inteso nella sua piu’ ampia accezione,
operazione questa che per le micro permanenti, in genere, diventa
operazione di indubbia difficolta’ se non impossibilita’, mentre nei
casi di cui sopra potrebbe forse risultare una via praticabile.
Inpunto si ritiene opportuno ricordare essere stato affermato che
«… la peculiarita’ del danno non patrimoniale viene individuata
nella sua tipicita’, avuto riguardo alla natura dell’art. 2059 c.c.,
quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (e quindi ai fatti
costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal
legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai
diritti costituzionali inviolabili presieduti dalla tutela minima
risarcitoria, con la precisazione in quest’ultimo caso, che la
rilevanza costituzionale deve riguardare l’interesse leso e non il
pregiudizio conseguentemente sofferto che la risarcibilita’ del
pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresi’, che la lesione sia
grave (e cioe’ superi la soglia minima di tollerabilita’, imposta dai
doveri di solidarieta’ sociale) e che il danno non sia futile (vale a
dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura
immaginario).».
(Cass. SS. UU. 19 agosto 2009, n. 18356; v. anche Cass. 25
settembre 2009, n. 20684).
5) Violazione dell’articolo 76 della Costituzione per la
previsione di un limite non previsto dalla legge delega 23 luglio
2003, n. 229.
La legge n. 29/2003 all’art. 4 dispone testualmente: «Governo e’
delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o piu’ decreti legislativi per il riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e
secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall’articolo 1 della
presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni
comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori
e, in generale, dei contraenti piu’ deboli, sotto il profilo della
trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche’ dell’informativa
preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto,
avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e
del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti
strutturali di tale servizio…».
Il codice delle assicurazioni doveva quindi tutelare i contraenti
piu’ deboli con adeguata informazione avendo anche riguardo alla
correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione
dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali del relativo servizio.
Ma aver riguardo alla correttezza del processo di liquidazione dei
sinistri compresi gli aspetti strutturali del servizio non sembra
possa significare anche porre dei limiti al risarcimento, limite
questo che non risulta sia stato previsto dalla legge delega.
Si puo’ dunque rilevare come l’introduzione di valori tabellari
vincolanti per il Giudice oltre tutto con importi inferiori a quelli
normalmente utilizzati dai Tribunali nelle vicende diverse da quelle
di cui alla circolazione dei veicoli, si ponga in posizione opposta
rispetto ai criteri guida della legge delega che risultano pur sempre
indirizzati alla tutela del contraente piu’ debole e comunque del
consumatore del servizio assicurativo, posizione questa che
indubbiamente puo’ certamente rinvenirsi nell’assicurato che a sensi
dell’art. 149 agisca direttamente contro il proprio assicuratore per
i danni alla persona che restano contenuti nel limite previsto
dall’articolo 139.
Infatti, l’assicurato che come conducente del proprio veicolo
abbia riportato un danno alla persona che si sia concretato in una
micro permanente, otterra’ un risarcimento che non necessariamente
potrebbe corrispondere al suo intero danno proprio per la presenza
del limite al risarcimento previsto dall’art. 139 richiamato
dall’articolo 149, e tanto non pare in linea con la tutela del
contraente piu’ debole il che’ pare oggi contrastare anche con gli
accordi internazionali, se si pensa che la Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea (in Gazzetta Ufficiale 2 gennaio
2008, n. 223) precisa testualmente all’articolo 38: «Nella politica
dell’Unione e’ garantito un elevato livello di protezione dei
consumatori.».
Da quanto sin qui detto emerge allora come l’articolo 139 del
d.lgs.n. 209/2005 risulti costituzionalmente illegittimo difettando
della necessaria autorizzazione parlamentare e ponendosi quindi in
contrasto con l’articolo 76 della Costituzione.
Impossibilita’ di un’interpretazione costituzionalmente orientata
della norma.
L’articolo 139 del d.lgs. n. 209/2005 segue di fatto quanto gia’
previsto dall’articolo 5 della legge n. 57/2001 che aveva il chiaro
intento di contenere i costi del servizio assicurativo, intento che
evidentemente si e’ inteso proseguire anche con il predetto articolo
139.
Ma oltre all’eccesso di delega come sopra evidenziato del quale
indubbiamente si deve tenere conto, resta il fatto che
un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma non puo’
allo stato, prescindere dagli attuali principi giurisprudenziali,
quali recepiti dal diritto vivente ed indirizzati alla
personalizzazione della liquidazione del singolo danno alla persona
ed al suo intero ristoro cui tende appunto tale operazione.
L’art. 139 del d.lgs. n. 209/2005 non consente invece al Giudice
alcuna possibilita’ di adeguare al caso concreto la sua liquidazione
soprattutto nei casi in cui gli importi previsti da detta norma
risultino inferiori alla reale entita’ del danno; per contro, non
potrebbe escludersi nemmeno che, in certi casi del tutto particolari,
gli importi previsti possano risultare addirittura superiori al danno
effettivo ed il Giudice finisca quindi per dover liquidare somma
appunto superiore al danno effettivo senza poter intervenire in alcun
modo.
Non si vede quindi in quale modo poter salvare la norma con
un’interpretazione costituzionalmente orientata.
Sulla rilevanza della questione di illegittimita’ costituzionale
formulata.
Occorre preliminarmente osservare che nel caso di specie lo
stesso assicuratore con sua comunicazione scritta preciso’ di aver
valutato il danno alla persona patito dall’attore riconoscendo un
danno biologico dell’1,5% ed una invalidita’ temporanea massima di
giorni 10 oltre ad una invalidita’ temporanea minima di giorni 15,
conclusioni queste cui l’attore aderi’.
Si tratta di vertenza nella quale non si sono poste discussioni
sulla responsabilita’ che non risulta contestata dall’assicuratrice
che, anzi, formulo’ una precisa offerta, ma si discute essenzialmente
sull’entita’ del danno risarcibile che l’assicuratrice parrebbe aver
valutato rigorosamente secondo i parametri dell’art. 139 e non
tenendo conto del danno morale transeunte, ne delle condizioni
soggettive dell’infortunato che, ove considerate, gia’ avrebbero
consentito un’offerta di maggior importo in forza dell’aumento del
20% previsto dalla norma. Non si dimentichi che non e’ da escludersi
a priori la possibilita’ che in determinati casi anche una micro
permanente possa provocare un danno non patrimoniale di una certa
evidenza.
Peraltro, secondo l’attore, il suo danno supera l’importo offerto
dall’assicuratrice e chiede per un suo integrale risarcimento
adottarsi quanto meno le tabelle normalmente utilizzate dal Tribunale
per le controversie diverse da quelle derivanti dalla circolazione
dei veicoli con esclusione dunque della tabella prevista dall’art.
139 cod. assic. a suo avviso non satisfattiva del suo intero danno.
Al di la delle considerazioni che potranno venir fatte in sede di
sentenza resta il fatto che la difesa attorea, chiedendo il
risarcimento del danno sulla base della tabella ordinaria, tende a
superare, di fatto, anche l’eventuale incremento del 20% di cui alla
tabella dell’art. 139 e cio’ per l’influenza delle lesioni sulla sua
vita lavorativa e di relazione che di fatto non si possono escludere
a priori, mentre quanto risultante agli atti potrebbe darne conferma,
eventualmente anche solo in via indiretta o comunque presuntiva.
A sostegno di tale impostazione si deve rilevare che con una
copiosa documentazione relativa a prestazioni mediche corredate con
ricevute di esborsi di una certa rilevanza non certo usuale per casi
del genere, si tende a comprovare la necessita’ di terapie antalgiche
anche oltre la durata della temporanea con evidenti problematiche
fisiche e conseguenti ripercussioni sulla vita di relazione del
danneggiato.
Il teste escusso nel corso dell’istruttoria confermo’ poi che il
danneggiato accusa ancora difficolta’ nell’effettuare attivita’ che
comportino uno spostamento della sua testa con ripercussioni sulla
sua attivita’ lavorativa e chiaramente anche sulla sua vita di
relazione.
Resta dunque il fatto che l’attuale domanda non potrebbe essere
esaminata nella sua completezza, laddove si debbano applicare
rigorosamente i criteri dell’art. 139 che impedirebbero di procedere
ad una adeguata valutazione del danno o meglio ad una sua
personalizzazione alla luce dell’articolo 2059 c.c. come ora
concepito dalle Sezioni unite. E’ allora evidente l’interesse della
parte ad una pronuncia sulla legittimita’ costituzionale di detta
norma che, laddove confermata, impedirebbe appunto una valutazione
adeguata della sua domanda impedendo comunque una personalizzazione
del suo danno quale da essa richiesta, che potrebbe quindi non venir
integralmente risarcito.
Tanto precisato la questione di legittimita’ costituzionale come
sopra enunciata appare a questo Giudice seria e non manifestamente
infondata e rilevante nel processo il cui esito resta ad essa
collegato per cui lo stesso non puo’ essere definito
indipendentemente dalla sua risoluzione.

P.Q.M. Visti gli articoli 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1984, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 76, della Costituzione nonche’ del principio della ragionevolezza; Ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Torino, addi’ 26 novembre 2009 Il giudice di pace: Polotti di Zumaglia

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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