Cons. Stato Sez. V, Sent., 19-04-2011, n. 2393

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 14/11/90, i sig.ri C. e A. hanno impugnato l’atto del sindaco del comune di Cava dei Tirreni del 13/11/89, di autorizzazione ad uso commerciale di un locale posto a piano terra del loro condominio, per violazione del Piano regolatore particolareggiato, affermando che il locale era posto in zona C/4, destinata a residenze pubbliche e private mentre le attrezzature pubbliche e di interesse comune, compreso un previsto spaccio commerciale, andavano allocate nella zona C/3.

Il Tar di Salerno ha accolto il gravame.

La controinteressata, che non si era costituita nel giudizio di primo grado, ha proposto appello avverso tale sentenza, sostenendo la tardività del ricorso introduttivo e la sua infondatezza nel merito.

Con ordinanza n. 338/10 questa sezione ha disposto incombenti istruttori.
Motivi della decisione

L’appello è infondato.

Preliminarmente, vanno verificate le eccezioni di tardività del gravame, secondo cui i ricorrenti erano a conoscenza dell’autorizzazione sindacale fin dal 14/3/90, data dell’atto con cui gli stessi avevano diffidato l’appellante dall’installare una porta di alluminio anodizzato all’ingresso del locale, o dal 29/5/90, data in cui l’appellante aveva notificato ai controinteressati una diffida con cui comunicava, tra l’altro, il possesso dell’autorizzazione commerciale o comunque, dal 29/6/90, data di una riunione condominiale in cui era stata deliberata la chiusura dell’accesso carrabile, del cancelletto pedonale e del portone di ingresso al fabbricato anche nelle ore diurne e dal cui verbale risulterebbe che l’autorizzazione sindacale, era stata comunicata all’assemblea condominiale, alla quale avevano partecipato anche i ricorrenti.

Peraltro tali asserzioni non trovano riscontro nella documentazione acquisita in atti, in quanto,la diffida notificata il 14/3/90 si basa genericamente su "voci degli abitanti della zona" e su opere che lasciano presupporre l’allestimento di una vetrina. Inoltre l’atto di diffida stragiudiziale dell’appellante del 29/5/90 non risulta notificato ai ricorrenti ma ad altri soggetti. Infine, dal verbale condominiale del 29/6/90 non può desumersi che i condomini fossero a conoscenza dell’esistenza dell’autorizzazione sindacale,

Le censure di tardività del ricorso originario vanno, pertanto, respinte.

Nel merito l’appello è infondato.

Infatti, l’esercizio commerciale risulta posto in zona C/4, ove lo strumento urbanistico vieta la localizzazione di tali attività e il locale, -che successivamente, in data 12/1/2001, ha ottenuto concessione edilizia in sanatoria per cambio di destinazione d’uso, per cui sarebbe venuto meno anche l’interesse alla prosecuzione del presente gravame- era sprovvisto, all’epoca, come risulta da certificazione dell’assessore all’urbanistica, di servizi igienici, con conseguente impossibilità del rilascio dell’autorizzazione commerciale.

L’appello deve, pertanto, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00, (euro tremila/00) oltre iva e cpa. a favore delle parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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