Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-01-2011) 20-04-2011, n. 15794 Interrogatorio Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ENZO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 12 agosto 2010 il Tribunale di Catanzaro ha accolto l’appello proposto da N.S. avverso l’ordinanza del 20 luglio 2010 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, che aveva applicato la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale di medico nei confronti del predetto, indagato per i reati di concorso in favoreggiamento, ricettazione e falso, aggravati ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7.

Il Tribunale premetteva che la misura interdittiva era stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari a seguito della richiesta del Pubblico Ministero di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere e che, in occasione dell’interrogatorio fissato il 27 luglio 2010, ai sensi dell’art. 294 c.p.p., l’indagato aveva eccepito la nullità dell’ordinanza applicativa della misura interdittiva, non preceduta dal suo interrogatorio ai sensi dell’art. 289 c.p.p., comma 2.

Secondo il Tribunale, la disciplina prevista dal detto articolo, in quanto speciale rispetto a quella generale di cui all’art. 294 c.p.p., trovava applicazione a prescindere dalle modalità genetiche del provvedimento impositivo, con la conseguenza che l’applicazione della misura interdittiva, disposta dal Giudice per le indagini preliminari disattendendo la richiesta del Pubblico Ministero di applicare una misura cautelare, doveva essere comunque preceduta dall’interrogatorio dell’indagato.

2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro chiedendone l’annullamento per violazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), sul rilievo che l’obbligo di procedere al preventivo interrogatorio della persona sottoposta a indagini sussiste solo se si procede per un delitto contro la pubblica amministrazione anche contestualmente a reati di altra indole, e non Invece quando, come nella specie, si procede per delitti contro l’amministrazione della giustizia, contro la fede pubblica e, per quanto riguarda la ritenuta fattispecie di ricettazione, contro il patrimonio.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Dopo le modifiche apportate dalla L. 16 luglio 1997, n. 234, art. 2, questa Corte ha affermato che l’art. 289 c.p.p., che prevede, nel corso delle indagini preliminari, l’interrogatorio dell’indagato prima dell’applicazione della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, è una norma di garanzia, che mira ad assicurare l’autotutela del soggetto nel procedimento incidentale, con riferimento a questa specifica misura, senza costituire un privilegio a favore dei soli pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che siano imputati o indagati per un delitto contro la pubblica amministrazione.

Si è per l’effetto precisato che tale ratio sostiene la norma in esame, indipendentemente dal titolo di reato contestato, e quindi, sia con riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione sia a quelli comuni o plurioffensivi, che sono pur sempre qualificati dalla posizione e qualità soggettiva dell’agente (Sez. 5, n. 1931 del 30/03/1998, dep. 13/07/1998, P.M. in proc. Carnicelli M., Rv.

211693; Sez. 5, n. 2794 del 05/05/1998, dep. 13/07/1998, P.M. in proc. Gelosa, Rv. 211695; Sez. 2, n. 5041 del 08/07/1998, dep. 09/09/1998, Lo Burgio, Rv. 211308).

2.1. L’individuazione del parametro costituzionale di riferimento, ravvisato nel principio di buon andamento della pubblica amministrazione (Corte Cost, ord. n. 174 del 1999) e nella esigenza della anticipata verifica che la sospensione dall’ufficio o dal servizio non rechi, senza effettiva necessità, pregiudizio alla continuità della pubblica funzione o del servizio pubblico, oltre che nell’ampliamento della sfera delle garanzie – con particolare riguardo al diritto di difesa – dei soggetti in favore dei quali opera (Corte Cost., ord. n. 229 del 2000), ha consentito una lettura costituzionalmente orientata della nuova norma.

Alla luce della ravvisata ratio è costante l’orientamento di questa Corte che ritiene che:

– l’art. 289 c.p.p. costituisce norma speciale rispetto alla previsione generale di cui all’art. 294 c.p.p., comma 1 bis;

– l’obbligo, dalla stessa previsto, per il giudice – prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di applicazione di una misura cautelare interdittiva – di procedere all’interrogatorio dell’indagato con le modalità di cui agli artt. 64 e 65, sussiste "in ogni caso", a prescindere dall’adozione della medesima misura interdittiva per reati diversi dai delitti di cui al titolo 2^ del libro 2^ del codice penale;

– la violazione di tale obbligo, in quanto vulnera il diritto di difesa, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio, ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), dell’ordinanza applicativa della misura cautelare interdittiva.

La medesima ratio sussiste anche nelle ipotesi in cui, di fronte ad una richiesta del Pubblico Ministero di applicazione di una misura cautelare coercitiva, il giudice per le indagini preliminari disponga l’applicazione di una misura cautelare interdittiva (Sez. 6, n. 3310 del 14/12/2000, dep. 24/01/2001, P.M. in proc. D’Aiello, Rv. 217957;

Sez. 6, n. 28812 del 27/03/2002, dep. 26/07/2002, P.M. in proc. Marone, Rv. 222018, e, da ultimo, Sez. 6, n. 16364 del 05/02/2008, dep. 21/04/2008, P.M. in proc. Introcaso, Rv. 239728), e nel caso in cui, a seguito di accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza reiettiva del G.i.p., la misura interdittiva sia applicata in sede di appello ai sensi dell’art. 310 c.p.p. dal tribunale della libertà (Sez. 6, n. 2304 del 15/05/2000, dep. 07/06/2000, De Prisco, Rv. 216236; Sez. 6, n. 2412 del 24/05/2000, dep. 06/10/2000, Corea, Rv. 217318, e, da ultimo, Sez. 5, n. 3338 del 12/07/2010, dep. 09/09/2010, Caboni, Rv. 248154).

3. A tali principi, che il Collegio condivide, si è attenuto il Tribunale di Catanzaro nel ritenere, in accoglimento della tempestiva eccezione difensiva, la nullità dell’ordinanza applicativa all’indagato della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’attività professione di medico per i reati di cui ai capi C e D dell’Imputazione provvisoria, allo stesso contestati rispettivamente ai sensi degli artt. 110 e 112 c.p., art. 378 c.p., commi 1 e 2, e L. n. 203 del 1991, art. 7, e ai sensi degli artt. 110, 112, 648, 479 e 402, in relazione all’art. 476 e 489 c.p., e L. n. 203 del 1991, art. 7, e nel revocare la misura in atto applicata.

Le censure del ricorrente, che si fondano sulla ritenuta sussistenza dell’obbligo del preventivo interrogatorio della persona sottoposta a indagini soltanto quando si proceda, anche contestualmente a reati di altra indole, per un delitto contro la pubblica amministrazione, contrastano con i consolidati predetti principi e con la ratio che li sottende.

Nè la sentenza di questa Corte (Sez. 6, n. 46218 del 06/11/2009, dep. 01/12/2009, Pisino, Rv. 245539), richiamata dal Procuratore ricorrente a conforto delle svolte censure, ha creato alcun contrasto giurisprudenziale. Detta sentenza, invero, ha affermato, nel testo, che la nullità per omesso previo interrogatorio sussiste "relativamente all’applicazione di misura cautelare interdittiva in relazione a delitti contro la pubblica amministrazione, a prescindere dall’adozione della medesima misura interdittiva per reati diversi dai delitti di cui al titolo 2^ del libro 2^ del codice penale", la cui massimazione nei seguenti termini ne riflette la poca chiarezza:

"l’applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio deve essere preceduta dall’interrogatorio della persona sottoposta a Indagine, pena altrimenti la nullità a regime intermedio per omesso intervento della difesa, pur quando detta misura abbia ad oggetto oltre che un delitto contro la P.A., anche altro reato diverso per il quale sussistano elementi di gravità indiziaria".

L’indicata sentenza ha, peraltro, introdotto un obiter dictum per la superfluità dell’operata incidentale affermazione, non influente sulla fattispecie concreta per essere stati contestati nel procedimento con essa definito reati di abuso di ufficio e di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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