Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-01-2011) 20-04-2011, n. 15787

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con decreto deliberato il 3 febbraio 2010, la Corte di Appello di Messina, confermava quello emesso dal tribunale della sede il 16 febbraio 2009, che aveva applicato nei confronti dell’appellante A.T. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

1.1 – La Corte di appello argomentava il rigetto del gravame rilevando, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, che legittimamente il giudice di prime cure aveva desunto la sussistenza del requisito della pericolosità sociale del proposto, tra gli altri elementi, anche dal coinvolgimento dello stesso in un processo di criminalità organizzata di stampo mafioso, e ciò ancorchè la condanna subita dall’ A. per il reato di tentata estorsione aggravata dall’utilizzazione del metodo mafioso, non fosse ancora irrevocabile, evidenziando sul punto che secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, Sentenza n. 1503 del 7/04/1997, dep. il 20/05/1997, ric. Crimi, Rv. 207490), il procedimento di prevenzione è del tutto autonomo dal procedimento penale e non può essere condizionato dall’esito di quest’ultimo, sicchè il giudice è libero di considerare in piena indipendenza i fatti già esaminati in sede penale e di attribuire eventualmente ad essi una valenza nell’altra sede negata, dovendo in particolare, "ritenersi sufficiente ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione l’esistenza di meri indizi, senza che essi debbano necessariamente rivestire quella gravità, quella precisione e quella convergenza che il codice di rito richiede ai fini dell’affermazione di colpevolezza". 1.2 – Precisava altresì la Corte, che anche volendo prescindere dalla condanna non definitiva, la pericolosità sociale del proposto era desumibile, in ogni caso, dalle "numerose vicende giudiziarie" in cui lo stesso era stato coinvolto, tra il (OMISSIS), nonchè dalle "equivoche frequentazioni con personaggi ritenuti dalle forze dell’ordine di interesse operativo". 2. – Avverso il citato provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione sia l’ A. personalmente sia il suo difensore di fiducia, deducendone l’illegittimità:

a) per violazione di legge, in quanto il collegio che aveva emesso il provvedimento impugnato, era stato presieduto dallo stesso magistrato che, in qualità di presidente e di relatore, aveva composto il collegio che il 13 maggio 2009, aveva rigettato l’appello avverso la sentenza di condanna per la tentata estorsione, il quale, quindi, ai sensi dell’art. 36 c.p.p., aveva l’obbligo di astenersi, rappresentando altresì il difensore, che l’ A., in quanto non presente all’udienza camerale perchè detenuto, non aveva potuto ricusare il predetto magistrato;

b) per vizio di motivazione, difettando le condizioni per l’applicazione della misura di prevenzione, avendo la Corte territoriale illogicamente valorizzato degli elementi – desunti da una condanna non definitiva – niente affatto certi e verificati e per ciò non indicativi di un’effettiva ed attuale pericolosità del proposto in quanto coinvolto in attività delittuose di stampo mafioso; osservando altresì, quanto alle pregresse condanne, che i reati commessi erano quelli tipici di un soggetto con problemi di liquidità (emissione di assegni a vuoto, ricettazione di assegni, insolvenza fraudolenta), e relativamente all’asserita frequentazione "di persone d’interesse operativo", che il solo dato in tesi rilevante, era rappresentato dall’incontro, rimasto isolato, avuto dal proposto con tale G.R.A., di per sè insufficiente ad integrare una condotta effettivamente sintomatica di elevata ed attuale pericolosità sociale.
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione è inammissibile perchè basata su motivi non consentiti nel presente giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

1.1. – Con riguardo alla prima censura prospettata in ricorso, per evidenziarne la manifesta infondatezza, è sufficiente rilevare, in via preliminare ed assorbente, che secondo un principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità a partire dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 5 del 17/04/1996 dep. 8/5/1996, imp. D’Avino, l’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 c.p.p., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusivamente motivo di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 c.p.p." (in tal senso tra le pronunce più recenti, si veda, Sez. 5, Sentenza n. 13593 del 12/03/2010 dep. 12/04/2010, imp. Bonaventura).

Orbene tale eventualità, per stessa ammissione del difensore del proposto, non risulta si sia in concreto verificata, nè può riconoscersi rilevanza significativa, al riguardo, all’assenza dell’ A. all’udienza in cui è stato deliberato l’impugnato decreto, posto che nel caso in esame la causa di ricusazione, è "sorta o divenuta nota" durante l’udienza camerale, con la conseguente applicabilità alla fattispecie del termine finale di presentazione rappresentato dal "termine dell’udienza". 1.2 – Quanto poi al secondo motivo di impugnazione, è agevole rilevare che la Corte territoriale ha dato conto della conferma del decreto appellato con specifico riferimento alle risultanze del procedimento ed ai motivi di gravame, esponendo le ragioni della propria decisione, che si palesa adeguatamente motivata e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità che è ammesso, ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11, soltanto per violazione di legge; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal difensore e dal proposto personalmente, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito.

1.2.1. – Il ricorrente in particolare, nel contestare sostanzialmente il principio dell’autonomia del procedimento di prevenzione pure richiamato dalla Corte territoriale, non considera, adeguatamente, che è costante giurisprudenza di questa Corte escludere ogni pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello di prevenzione (Cass., Sez. 5, 31 maggio 2000, ric. Mammone; Cass., Sez. 1, 21 ottobre 1999, ric. Castelluccio; Cass., Sez. 1, 12 gennaio 1999, ric. Bonanno), potendo in effetti il giudice della prevenzione utilizzare circostanze di fatto emergenti da procedimenti penali – nel caso in esame il concorso in un tentativo di estorsione, commesso tra il (OMISSIS) – prescindendo dalle conclusioni alle quali il giudice penale è pervenuto, sempre che, a tali fini e in ordine a tali elementi, il giudice abbia effettuato un puntuale esame critico, al fine di affermare l’esistenza sul piano della realtà di siffatte circostanze fattuali e di individuarne la diretta incidenza sul giudizio di pericolosità sociale (Cass., Sez. 1, 18 marzo 1994, La Cava; Cass., Sez. 1, 3 novembre 1995, Repaci).

E tale puntuale esame critico è stato operato dal giudice di merito non emergendo, peraltro, da alcun atto processuale posto all’attenzione di questa Corte, specifiche risultanze processuali in base alle quali ritenere inutilizzabili i gravi elementi indizianti a carico dell’ A. in relazione al suo coinvolgimento nel menzionato episodio delittuoso – i quali, per altro, non esaurivano il compendio degli elementi dimostrativi della pericolosità sociale del proposto – sicchè la loro svalutazione risulta essere il frutto di considerazioni di solo merito.

2. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 136 del 2000), al versamento della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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