Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-01-2011) 20-04-2011, n. 15766

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il gup del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto condannava con rito abbreviato D.M.A. per omicidio preterintenzionale, avendo dato una forte spinta a C.A., che rovinava a terra e batteva con la regione occipitale sull’asfalto, riportando emorragia cerebrale, che lo conduceva a morte pochi giorni dopo.

La Corte di assise d’appello di Messina riduceva la pena, poichè l’imputato si era adoperato, cercando di rianimare il malcapitato, chiedendo aiuto con numerose telefonate e recandosi di persona al pronto soccorso dello spedale di (OMISSIS).

– I giudici di merito hanno accertato che la sera del (OMISSIS) il prevenuto, accompagnato con un ciclomotore dal minore L.M. A., si recò in un agrumeto in contrada (OMISSIS), con lo scopo di lucrare denaro grazie ad incontri con omosessuali.

Appartatosi in auto con C., usciva poco dopo dall’abitacolo, manifestando al L.M. l’intenzione di allontanarsi. C. lo seguì e, in stato di eccitazione, si denudò e poi tocco D. M. ai genitali. Il giovane, dapprima immobile per la sorpresa, gli sferrò una violenta spinta. L’uomo cadde a terra, battendo la regione occipitale, riportando ematoma subdurale con emorragia extrassiale. Seguirono il tentativo di aiuto e circa due ore e mezzo dopo, l’intervento dei soccorritori. Alle ore 4 del (OMISSIS) la p.l. veniva trasferita al Policlinico Universitario, ove decedeva il successivo (OMISSIS).

– I difensori ricorrono con distinti atti d’impugnazione, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione.

Essi reiterano diffusamente questioni già proposte e disattese dalla Corte di merito, in ordine al nesso di causalità, alla legittima difesa, anche putativa, prospettata con riferimento al diritto di libertà sessuale, all’eccesso colposo nella scriminante e al diniego della provocazione.

Da ultimo essi si dolgono del diniego di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

– Il nucleo del ricorso è inammissibile siccome ripetitivo, e pertanto generico.

Per mera completezza va rammentato che ai fini dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 584 c.p., è sufficiente che l’autore dell’aggressione abbia posto in essere atti diretti a percuotere o a ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto fra i predetti atti e la morte. Infatti, il termine "percuotere" nell’art. 581 c.p., non è assunto nel solo significato di battere, colpire, picchiare, bensì in quello più ampio, comprensivo di ogni violenta manomissione dell’altrui persona fisica. Anche una spinta, dunque, integra un’azione violenta, che si estrinseca in un’energia fisica esercitata direttamente sulla persona. Anche una simile condotta, pertanto, consapevole e volontaria, rivela la sussistenza del dolo di percosse o di lesioni, onde, se ne derivi la morte, dà luogo a responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale (Sez. 5^, 10.3.05, n. 16528, Virdis e altro).

– Non trova il benchè minimo conforto probatorio l’assunto difensivo secondo cui la causa della morte andrebbe ascritta al ritardo con cui furono somministrate le terapie al C..

D’altro canto, è pacifico in giurisprudenza che, nel caso di lesioni eseguite dal decesso della vittima, la eventuale negligenza od imperizia dei sanitari non elide il nesso eziologico tra la condotta dell’agente e l’evento morte. La colpa dei medici, invero, pur se grave, non può ritenersi causa autonoma e indipendente rispetto al comportamento dell’agente che, provocando il fatto lesivo, ha reso necessario l’intervento dei medici stessi. La negligenza o l’imperizia di costoro non costituisce un fatto imprevedibile ed atipico rispetto alla serie causale precedente, della quale rappresenta uno sviluppo evolutivo, pur se non indefettibile. E tale conclusione non può mai essere posta in discussione quando la colpa medica è di natura omissiva (come nella specie, se ci si attiene alla prospettazione difensiva), poichè solo quando essa è commissiva la condotta dei sanitari può assumere il carattere dell’atipicità (Cass. 12.11.1997, Van Custem).

– Ineccepibilmente, dal pari, è stata esclusa la legittima difesa dalla corte di merito, non tanto in riferimento al pericolo di aggressione all’integrità fisica, mai insorto nella specie, ove si consideri che il C., lungi da esercitare violenza fisica, intese proseguire "all’esterno l’approccio carnale consensuale iniziato nell’autovettura", quanto con riferimento al diritto di libertà sessuale, estrinsecatosi nel diniego della prestazione già concordata ed avviata (nell’abitacolo della vettura), formulato dal D.M..

Orbene, la corte territoriale ha ineccepibilmente significato che l’invocata scriminante non compete all’imputato. Costui non solo ha volontariamente innescato la situazione poi degenerata, recandosi in un luogo appartato, di notte, al preciso scopo di avere incontri sessuali mercenari e prendendo accordi con un occasionale "cliente" (il C.), ma è rimasto sul posto, dopo averlo "piantato in asso", anzichè allontanarsi prontamente, come avrebbe potuto fare agevolmente servendosi del motoscooter del L.M., che lo aveva accompagnato nella località (OMISSIS) e che lo attendeva, mentre quegli si intratteneva con la p.o..

Di qui la mancanza degli estremi costitutivi della scriminante, anche sotto il profilo putativo.

L’esercizio della violenza fisica poteva apparire plausibile solo se con analoga condotta la p.o. avesse preteso l’adempimento della prestazione concordata e poi negata. AL contrario, il C., sessualmente eccitato, si indusse al toccamento del D.M. per recuperare l’oggetto momentaneo del suo desiderio, che intendeva soddisfare, avendo ottenuto poco prima il consenso del prevenuto (detto " R.").

– Non ha miglior pregio la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante l’espletamento d’una perizia, tesa ad accertare l’eventuale responsabilità del personale medico e paramedico implicato nella vicenda.

L’istituto di cui all’art. 603 c.p.p., ha natura eccezionale e si giustifica non già sulla base dell’incidenza che la prova avrebbe sul processo ad avvisto della parte interessata, bensì in relazione alla rigorosa valutazione dell’indispensabilità della rinnovazione ai fini della decisione, sicchè il diniego del giudice della impugnazione è sottratto al sindacato di legittimità, se congruamente motivato.

– Coglie nel segno, per contro, la censura inerente il disconoscimento dell’attenuante della provocazione.

Ad avviso della corte messinese "l’atteggiamento dell’imputato che, a fronte del palpeggiamento, era rimasto immobile e sorpreso, per poi sferrare una violenta spinta …, sembra escludere una perdita di autocontrollo, determinata dal mancato funzionamento dei freni inibitori, e ricondurre la condotta ad una scelta reattiva, frutto di fredda preordinazione".

In sostanza mancherebbe fra le condotte dei due protagonisti ogni proporzione, sicchè il toccamento del C. costituirebbe mera occasione e non il movente dello scoppio incontenibile di violenza del D.M., spinto da intento punitivo.

Non può tacersi che, in analoga fattispecie, questa Corte ha stabilito che è corretta la motivazione della sentenza che faccia riferimento all’accordo su prestazioni omosessuali non per escludere l’applicazione dell’attenuante per il fatto che anche l’imputato versa in una situazione di immoralità, ma perchè l’insistenza nella pretesa della prestazione immorale non può avere particolare significato offensivo, essendo del tutto "omologo e coerente all’ordinario e prevedibile sviluppo del rapporto instauratosi tra i due e liberamente accettato", per cui non può assumere il carattere di intollerabile ingiustizia ed offesa alla dignità della persona (fattispecie in cui l’imputato, che aveva accettato un’offerta in danaro, aveva poi rifiutato la prestazione omosessuale richiesta dalla vittima, alla cui aggressione aveva reagito colpendola e strangolandola quando questa giaceva a terra già esanime, poi derubandola ed incendiando l’appartamento. V. Cass. Sez. 6^, 5.5.93.

Goccia, rv. 195498).

Ad avviso di questa Corte, peraltro, la revoca del consenso alla prestazione concordata, espressa dal D.M. nel legittimo esercizio del diritto alla propria libertà sessuale, poneva una nuova prospettazione in fatto e in diritto nel contesto dei rapporto instaurati col C.. Con la conseguenza che il substrato giuridico della posizione dell’imputato impone una più attenta considerazione della vicenda, ai fini del riconoscimento o del diniego dell’attenuante in parola.

Appare, dunque, riduttiva la motivazione adottata dalla Corte di merito, che si è limitata a ravvisare la sproporzione tra la condotta della vittima e quella del D.M., senza affrontare il profilo innanzi lumeggiato.

La sentenza impugnata va annullata in parte qua, con rinvio alla Corte di assise d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio. IL ricorso va rigettato nel resto.

Il giudice di rinvio provvederà alla liquidazione delle spese in favore delle parti civili.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nel solo punto relativo all’invocata circostanza attenuante della provocazione e rinvia alla Corte di assise d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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