Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-04-2011, n. 319 Destituzione e dispensa dall’impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la decisione di cui si chiede la revocazione, in epigrafe indicata, questo Consiglio di Giustizia, accogliendo il ricorso proposto dal sig. Sa., già dipendente della Polizia di Stato ed in servizio presso la Questura di Messina, ha riformato la sentenza del T.A.R. di Catania, sezione III, n. 1658/2008, di rigetto per infondatezza del ricorso proposto dal medesimo avverso il decreto del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza n. 333-E/ROC 4406/17 147/2006, emesso in data 3 ottobre 2006 e notificato in data 9 ottobre 2006, con cui l’appellante era stato dispensato dal servizio a decorrere dal 5 agosto 2006, per avere superato il periodo massimo di aspettativa.

In precedenza, con nota prot. cont. 1.2.2/5481 del 15 settembre 2006, la Questura di Messina aveva comunicato al ricorrente che il raggiungimento del limite massimo di aspettativa aveva prodotto la sospensione dello stipendio.

Con la richiesta, accolta, di riformare la sentenza T.A.R. n. 1658/08, il Sa. ne deduceva l’erroneità nella parte in cui aveva affermato la sussistenza, nel caso di specie, dei requisiti richiesti dalle norme sul procedimento di dispensa dal servizio ( D.P.R. n. 3/1957 e n. 339/1982): ovvero, la manifestazione di un giudizio medico legale di inidoneità assoluta ed il superamento del periodo massimo previsto per l’aspettativa per infermità.

In particolare, il Consiglio di Giustizia, nell’accogliere detto ricorso, con compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, osservava che dal combinato disposto delle norme applicabili emerge con chiarezza che, per applicare la dispensa dal servizio ad un appartenente alla Polizia di Stato, è necessario che lo stesso, giudicato assolutamente inidoneo al servizio d’Istituto, venga poi riconosciuto anche non idoneo all’assolvimento dei compiti in altri ruoli della Polizia di Stato o di altre Amministrazioni dello Stato.

Invero, dagli atti di causa emergeva inconfutabilmente che il Sa. non era mai stato dichiarato non idoneo, se non temporaneamente, negli altri ruoli della Polizia di Stato; nello specifico, nel ruolo dei collaboratori tecnici della Polizia di Stato in cui lo stesso militava contestualmente allo svolgimento dei fatti di causa.

Il Collegio d’appello condivideva, altresì, il secondo motivo di censura proposto dall’allora appellante, non potendosi ravvisare l’esistenza tout court dell’ulteriore requisito richiesto dalle norme sul procedimento di dispensa dal servizio, di cui al D.P.R. n. 3/1957 ed al D.P.R. n. 339/1982, ovvero "il superamento del periodo massimo previsto per l’aspettativa per infermità dall’art. 68 e dall’art. 70".

Dagli atti matricolari si evinceva, infatti, che il Sa. aveva fruito di un periodo di aspettativa continuata per infermità pari a 426 giorni, inferiore a quello prescritto di giorni 540 (18 mesi) per l’adozione delle misure in questione.

2. L’Amministrazione dell’interno, con il ricorso in trattazione, proposto ai sensi degli artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c., afferma che la predetta pronunzia è viziata da errore di fatto revocatorio, essendo fondata sull’errato conteggio dei periodi di aspettativa fruiti dal Sa.

Lamenta, altresì, la mancata considerazione dell’unico istituto effettivamente applicabile, ovvero la dispensa ex art. 71 D.P.R. n. 3/57, che non presupponeva alcun giudizio di inidoneità assoluta al servizio, bensì la sola inidoneità dell’interessato a riprendere il servizio stesso.

Nel merito, poi, vengono riproposte le difese precedentemente svolte in grado di appello.

3. Il Sa. si è costituito in giudizio per resistere ed ha contro dedotto, eccependo l’insussistenza dei presupposti di legge per procedere alla revocazione, e chiedendo anche la condanna dell’Amministrazione alla sanzione per proposizione di lite temeraria.

4. Il ricorso va dichiarato, in effetti, inammissibile, potendosi assistere, al più, al compimento di errori di giudizio.

Non sono ravvisabili, infatti, sviste, errori di percezione del fatto, abbagli dei sensi, errori di fatto ai sensi di legge insomma, tali da aver portato, in maniera decisiva, a rendere la decisione contestata.

A ben vedere, il tutto ha a che fare con la valutazione della ricorrenza dei presupposti per la dispensa dal servizio per superamento del periodo massimo di aspettativa, di cui all’art. 71 D.P.R. n. 3/57, essendosi contestata, invece, l’applicazione del diverso istituto della dispensa dal servizio per inidoneità fisica, di cui all’art. 9 D.P.R. n. 339/82 (che pretende, solo esso, la previa valutazione dell’eventuale idoneità all’assolvimento dei compiti propri degli altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato).

Procedendo con ordine, la mancata considerazione dell’eccezione di inammissibilità, per novità in grado di appello, della nuova censura proposta dall’appellante Sa., e consistente nel richiamo degli artt. 1 e 9 del citato D.P.R. n. 339/82, non ha giuridica consistenza atteso che, anzitutto, la suddetta censura risulta essere stata spiegata in prime cure (con precipuo riguardo alla violazione dell’art. 9 del D.P.R. n. 339/92), e quindi anche in questo caso si potrebbe trattare, al più, di error in iudicando.

Ma anche il presunto errore di conteggio del periodo di aspettativa non può essere ricondotto ad una mera svista materiale, avendo esso a che fare con la valutazione dei diversi periodi di aspettativa usufruiti a vario titolo, e quindi pretendendo un momento giuridico-valutativo che può essersi tradotto unicamente in un errore di diritto, non contestabile nell’odierna sede.

Il ricorso per revocazione in epigrafe non può sfuggire, in definitiva, alla declaratoria di inammissibilità.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la detta declaratoria.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione in epigrafe.

Condanna l’Amministrazione al pagamento, in favore della parte privata, delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2011, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Gerardo Mastrandrea, estensore, Gabriele Carlotti, Giuseppe Mineo, Alessandro Corbino, componenti.

Depositata in Segreteria il 19 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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