Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-01-2011) 20-04-2011, n. 15672

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 9.12.2009 la 2 Sezione Penale della Corte d’Appello di Cagliari dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui all’art. 474 c.p.p. perchè estinto per intervenuta prescrizione, eliminava la relativa pena di un mese di recl. ed Euro 51,00 di multa e confermava nel resto la sentenza del Tribunale di Cagliari del 7.2.2000 che aveva condannato C.G. alla pena di anni 1 mesi 4 di recl. ed Euro 749,00 per ricettazione di prodotti con marchi contraffatti. Ricorre per Cassazione il difensore degli imputati deducendo che la sentenza impugnata è:

1. Nulla per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. f) e comma 3. Lamenta il ricorrente l’incompletezza del dispositivo in quanto i Giudici di Appello hanno omesso di indicare la pena in concreto irrogata a seguito della riforma della sentenza.

2. Nulla per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 495 c.p.p., commi 4 e 4bis e art. 178 c.p.p., lett. c). Si duole il ricorrente che la Corte territoriale ha respinto uno specifico motivo di doglianza mediante un’interpretazione incompatibile con quanto contenuto nel verbale dell’udienza del 28.5.1999, Lamenta il ricorrente che in tale udienza il P.M. rinunciò ad uno dei testi indicati nella lista senza che la difesa, assente per adesione all’astensione di categoria, venisse interpellata.

3. Nulla per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 157 c.p.. Sostiene il ricorrente che il reato è estinto per prescrizione in data 15.11.2009. 4. Nullità per violazione dell’art. 546, lett. e), art. 606, lett. e) in relazione agli art. 49, 474 e 648 c.p.. Sostiene il ricorrente l’insussistenza del reato presupposto per evidente grossolanità della falsificazione con conseguente insussistenza della ricettazione.

I primi due motivi sono manifestamente infondati.

Correttamente la Corte Territoriale, nel riformare parzialmente la sentenza di primo grado per intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 474 c.p., ha eliminato la pena di un mese ed Euro 51,00 di multa, irrogata per tale fattispecie a titolo di continuazione, confermando nel resto la sentenza.

Con riguardo al secondo motivo deve evidenziarsi che come si ricava dal verbale di dibattimento di primo grado all’udienza del 28.5.1999 il P.M. si era limitato ad anticipare la sua intenzione di rinunciare ad uno dei testi indicato nella propria lista, teste che il giudice non aveva ancora ammesso. Il P.M., con riguardo al teste in argomento, non ha pertanto formulato richiesta di esame a norma dell’art. 493 c.p.p. e il giudice non ha pronunciato ordinanza di ammissione di detta prova. Il teste non era stato indicato autonomamente nella lista della difesa che quindi non aveva diritto alla relativa prova, stante la sanzione di inammissibilità di cui all’art. 468 c.p.p., comma 1. Deve aggiungersi che non essendo stata una prova ammessa non può trovare applicazione il disposto dell’art. 495 c.p., comma 4 e che, comunque, se la difesa aveva interesse alla prova poteva sollecitare il giudice ad esercitare il suo potere di ufficio ex art. 507 c.p.p., fatto che nel caso in esame non si è verificato Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto il reato non prescritto. Nel caso in esame trova applicazione la disciplina precedente la riforma introdotta con la L. n. 251 del 2005 che prevedeva un termine massimo di prescrizione pari ad anni 15 cui devono aggiungersi i periodi di sospensione con la conseguenza che il reato si prescrive il 10.11.2012.

Quanto al quarto motivo, esso appare costituire censura in punto di fatto della sentenza impugnata. La Corte in maniera logica e coerente ha dato conto della sussistenza del reato di cui all’art. 474 c.p. richiamando anche alcuni recenti arresti di questa Corte.

Quanto alla grossolanità del falso in materia di prodotti recanti marchi contraffatti va comunque ricordato che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, l’art. 474 c.p.. tutela in via principale e diretta non l’acquirente, bensì la pubblica fede intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno od i prodotti industriali che ne garantiscono la circolazione. In altre parole, l’art. 474 c.p. è norma incriminatrice attinente a reato plurioffensivo che mira ad evitare non solo l’inganno dei consumatori, ma anche l’usurpazione del segno distintivo, poichè quanto più si diffonde la circolazione dei prodotti con marchi contraffatti tanto più si svilisce l’affidabilità di quelli autentici; ciò evidenzia come la possibilità di confusione vada vista con riferimento non al momento dell’acquisto, concluso in particolari condizioni (per lo più mercatini rionali, ambulanti e a prezzo nettamente inferiore a quello dei prodotti originali), ma alla visione degli oggetti nel loro successivo utilizzo, rispetto al quale la grossolanità dovrebbe essere valutata in rapporto ad un numero indistinto di soggetti, sicchè non è in concreto apprezzabile (Cass. Sez. 5, n. 33324 del 17.4.2008, dep. 11.8.2008; Cass. n. 31451/2006; Cass. n. 22543/2006; Cass. n. 34652/2005; Cass. N. 49835/2004; Cass. n. 39863/2001; Cass. n. 13031/2000; Cass. n. 3028/99). Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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