Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-04-2011, n. 302 Espropriazione parziale o speciale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza n. 1326 del 15 luglio 2009, il T.A.R. della Sicilia, Sezione staccata di Catania, Sezione seconda, respingeva il ricorso proposto dalla sig.ra Ro.Ma. contro l’A.N.A.S. e la S.A.L.P. per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’espropriazione di un immobile di sua proprietà.

La ricorrente deduceva che, nel corso dell’esecuzione dei lavori di realizzazione delle rampe di decelerazione della bretella di collegamento tra lo svincolo autostradale di San Gregorio e il tessuto urbano di Catania, la ditta SALP s.r.l., appaltatrice dei lavori, delegata per lo svolgimento della procedura espropriativa, occupava in forza del decreto prefettizio n. 678 del 19 marzo 1991, una superficie superiore a quella preventivata, si da creare una sorta di bacino di forma ellittica sostanzialmente inaccessibile, esteso per circa mq. 1.500 e costituite in buona parte dalle pareti scoscese della bretella e della rampa.

Con la summenzionata sentenza il T.A.R. ha respinto il ricorso per la considerazione che nella specie non ricorrevano i presupposti dell’azione risarcitoria. In particolare, nessuna occupazione usurpativa o acquisitiva era configurabile, essendo l’area residua alla parziale espropriazione del fondo di sua proprietà, che la ricorrente affermava essere inutilizzabile, non trasformata irreversibilmente.

Sempre ad avviso di detto giudice, si trattava, invece, di espropriazione parziale, rientrante nella previsione dell’art. 40 della legge n. 2359/1865, con la conseguenza che la perdita della zona residuata, lamentata dalla ricorrente, avrebbe dovuto trovare tutela, in base alla disposizione dell’art. 40 cit., in sede di opposizione alla stima, dove si sarebbe tenuto conto della diminuzione di valore dell’area residua.

2) La ricorrente ha proposto appello contro la summenzionata sentenza.

A suo avviso, vi è stata un’occupazione eccedente, per 1.500 mq., la superficie calcolata ai fini dell’espropriazione.

Si tratterebbe, in particolare, delle "pareti dei terrapieni e delle opere di drenaggio", che avrebbero dovuto essere incluse nelle opere da espropriare e da risarcire integralmente.

Infine, la soluzione suggerita dal T.A.R. secondo la quale sarebbe stata praticabile l’opposizione alla stima da introdursi avanti la competente Corte di appello non sarebbe applicabile al caso in esame, attesi i limiti di indagine che sono demandati alla Corte di appello in subiecta materia, e ciò a prescindere dal fatto che lo stesso T.A.R., in via preliminare, aveva dichiarato la propria giurisdizione, escludendo, quindi, quella della giustizia ordinaria.

Gli enti intimati non si sono costituiti in giudizio.

3) L’appello è infondato.

L’appellante insiste nella tesi, esposta in primo grado, secondo cui si sarebbe realizzata una trasformazione irreversibile dell’intera zona del territorio di sua proprietà.

A parte il fatto che tale assunto non ha il sostegno di un principio di prova, scaturente da un accertamento tecnico, o anche dalla documentazione relativa alla procedura espropriativa, appare indubbio al Collegio, come già al giudice di prime cure, che nel caso di specie si è più semplicemente verificato il deprezzamento di porzioni residue dell’immobile, rimaste nella giuridica disponibilità della proprietaria, pur se di fatto divenute non utilizzabili a cagione della realizzazione dell’opera pubblica.

Si è, quindi, nell’ambito di una espropriazione parziale, fenomeno questo che si realizza quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica e, inoltre, implichi per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa (cfr., di recente, C.d.S., Sez. I, 24 settembre 2007, n. 19570 e 5 dicembre 2008, n. 28817; Cass. SS.UU., n. 9041 dell’8 aprile 2008).

Va, altresì, condivisa, l’affermazione del T.A.R. secondo cui, ove l’appellante avesse inteso contestare la stima, avrebbe dovuto proporre opposizione alla stima stessa alla Corte di appello nei termini e modi stabiliti dall’art. 54 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.

Ai dubbi e alle perplessità sollevate in proposito dalla difesa dell’appellante, è agevole replicare che, secondo un principio giurisprudenziale pacifico, ove la controversia non attenga alla legittimità della procedura espropriativa, ma al quantum dell’indennità e ai criteri di quantificazione, la stessa si concreta in un’opposizione alla stima che, in base all’art. 53, del D.P.R. n. 327 del 2001, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, e, quindi, alla speciale competenza in unico grado della Corte di appello (cfr. Cass. SS.UU., 6 maggio 2009, n. 10362).

4) Tanto basta per la reiezione dell’appello, dovendosi assorbire ogni censura non espressamente trattata in quanto irrilevante ai fini della definizione del giudizio.

Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio degli enti appellati.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 14 ottobre 2010, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 19 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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