Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-01-2011) 20-04-2011, n. 15629 Immissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 5 ottobre 2009, T.D., imputato dei reati di cui ai capi a) (del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 214 e 216, art. 256, commi 1 e 4; b) (del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279, comma 2; capo c) ( D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279, comma 2); capo d) ( D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1), capo e) ( D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 e capo f) ( art. 674 c.p.) fatti commessi quanto ai capi a) e b) dal (OMISSIS); quanto al capo c) dal (OMISSIS); quanto al capo d) dal (OMISSIS); quanto al capo e) dal (OMISSIS) e, quanto al capo f) dall'(OMISSIS), veniva ritenuto colpevole del solo reato sub f) e condannato alla pena di Euro 100,00 di ammenda con il beneficio della non menzione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del proprio difensore deducendo con il primo motivo contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Deduceva al riguardo il ricorrente che, sebbene il Tribunale avesse escluso sul piano oggettivo la sussistenza dei reati contestati avendo riconosciuto assolutamente regolari tutte le procedure seguite dall’azienda per l’espletamento della propria ordinaria attività industriale (impresa olearia che produce olio di sansa vergine ed olio di sansa esausto) sia sotto il profilo del rispetto delle metodologie tecniche adottate per il controllo delle emissioni in atmosfera, sia sotto il profilo del mancato superamento dei limiti di emissione previsti per l’ossido di carbonio, lo stesso Tribunale aveva contraddittoriamente ritenuto configurabile il reato di cui al capo f) ( art. 674 c.p.) nonostante l’accertata regolarità dell’attività imprenditoriale e la sottoposizione dei "fumi" a trattamenti atti ad eliminare le sostanze inquinanti, dando rilievo a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il reato in parola è ugualmente integrabile laddove, pur in assenza del superamento dei valori limite di emissione in atmosfera, non siano stati adoperati adeguati accorgimenti tecnici atti ad evitare molestie alle persone.

Con il secondo motivo di ricorso viene lamentato il travisamento della prova dichiarativa in relazione a quanto riferito dall’imputato nel corso del suo esame dibattimentale e dal teste M.A. (Presidente della sezione locale di Lega Ambiente), avendo attribuito a dette dichiarazioni un significato del tutto diverso da quello che detti soggetti avevano riferito. Denuncia poi, in relazione a tale vizio, il connesso vizio di omessa valutazione di prova decisiva rappresentata da quanto accertato dai funzionari tecnici dell’A.R.P.A. che, in netto contrasto con quanto riferito dal teste M., avevano escluso che nei periodi di osservazione erano stati rilevati odori molesti di alcun genere promanare dallo stabilimento industriale, ovvero la presenza di sostanze tali da generare quegli odori. Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.

Va anzitutto premesso che la materia oggetto del presente processo concerne in particolare la speciale fattispecie delle cd. "molestie olfattive" per le quali, in assenza di una specifica normativa statale indicativa dei valori limite in materia di odori, e dunque del tutto diversa da quella riguardante l’inquinamento atmosferico, la valutazione circa la normale tollerabilità va operata in termini particolarmente rigorosi, non risultando sufficiente il criterio civilistico di cui all’art. 844 c.c..

Peraltro come più volte affermato da questa Corte proprio sul versante dei cd. "odori molesti" laddove manchi la possibilità di accertare con adeguate medotologie tecniche l’intensità delle emissioni, ben può farsi riferimento alle dichiarazioni di testi, avendo riguardo sia alle condizioni di tempo e luogo, sia alla attività svolta in un determinato contesto produttivo, verificando poi che le emissioni moleste non siano meramente idonee in linea astratta a dare fastidio, ma che esse superino determinati standards di tollerabilità (Cass. Sez. 3 27.3.2008 n. 19206 Cruopi, rv.

239874; Cass. Sez. 3 27.2.2008 n. 15653, Colombo ed altri, rv.

239864; Cass. Sez. 3 21.9.2007 n. 38073, Salleo Postillo, rv.

237844).

Se così è, appare in linea astratta condivisibile il ragionamento svolto dal primo giudice che ha opportunamente seguito il criterio dell’accertamento di fatto sulla esistenza o meno di miasmi, basato anche su prove dichiarative, piuttosto che quello astratto collegato alla presunzione di legittimità per tutte quelle emissioni in atmosfera promananti da attività industriali autorizzate per le quali sia stato accertato il rispetto dei limiti previsti. In questo senso, allora, non può certamente rilevarsi quella contraddittorietà logica denunciata dal ricorrente, posto che il Tribunale, oltre a rifarsi ad un criterio basato su accertamenti di fatto, ha soprattutto distinto gli odori molesti, attribuibili ad emissioni di fumi immessi in atmosfera direttamente riconducibili alla produzione industriale specifica, da quegli odori provenienti, invece, dallo stazionamento stagnante di prodotti industriali permanenti nello stabilimento: ed invero, altro è la tecnica adoperata nello stabilimento per limitare le immissioni gassose, altro è la produzione di odori nauseabondi e la mancata predisposizione di accorgimenti atti ad impedirle.

Ma è proprio il rispetto di quei criteri rigoristici richiamati dallo stesso Tribunale ad imporre che la prova da raccogliere fosse estesa a tutto il materiale a disposizione del Tribunale e non circoscritta a dichiarazioni testimoniali per di più "de relato", in quanto riferite alle lamentele – poi segnalate dal teste M. – provenienti da cittadini del luogo (peraltro neanche indicati nominativamente) che avevano denunciato l’insopportabilità degli odori stagnanti nello stabilimento.

Peraltro, posto che la produzione di odori nauseabondi è stata contestata nel relativo capo di imputazione come commessa tra l'(OMISSIS) (con conseguente esclusione della prescrizione in quanto legata all’epoca di consumazione del reato ed assoggettata al nuovo regime introdotto dalla L. n. 251 del 2005, vds. pag. 36 della sentenza impugnata), si imponeva un accertamento che tenesse conto anche della permanenza del reato.

Al riguardo è stato fatto richiamo da parte della difesa del ricorrente alla circostanza che i sopralluoghi condotti da funzionari dell’A.R.P.A. nel periodo compreso tra il (OMISSIS) avrebbero prospettato risultati del tutto diversi da quelli segnalati dal teste M.: ne deriva che la presenza di dati dissonanti promananti da organi tecnici, andavano necessariamente comparati con quella (unica) dichiarazione testimoniale, proprio al fine di meglio saggiarne l’attendibilità.

Può dunque affermarsi che il Tribunale ha omesso la valutazione di prove decisive (prove documentali e/o testimoniali ritualmente acquisite al fascicolo e dunque pienamente utilizzabili rappresentate dagli accertamenti condotti in loco da funzionari dell’A.R.P.A.) delle quali non è stato tenuto conto.

Una tale omissione, poi, a prescindere dal vizio intrinseco connaturato all’art. 606 c.p.p., lett. d) costituisce anche una vera e propria contraddittorietà logica che inficia la motivazione, in quanto, pur essendo partito il Tribunale dalla preliminare e corretta distinzione tra molestie derivanti da fumi immessi in atmosfera e "molestie olfattive" assoggettate a criteri di valutazione diversi, ha poi sostanzialmente abdicato a quella rigorosità di accertamenti (pure questa correttamente evocata), assestandosi su risultati parziali delle prove, oltretutto anche travisate nel loro reale contenuto, quanto meno con riferimento alle dichiarazioni rese dallo stesso imputato nel corso del suo esame dibattimentale. Questi ha, sì, riconosciuto in linea astratta l’intollerabilità degli odori provenenti dalla sansa vergine ove lasciata in deposito per qualche tempo, aggiungendo però che nel caso in esame si era trattato di un evento eccezionale legato a fattori del tutto indipendenti dalla volontà dell’agente.

Di fronte quindi alle affermazioni dell’imputato che parlavano di una eccezionalità e temporaneità dell’evento, l’indagine del Tribunale avrebbe dovuto tenere conto di tutto il compendio probatorio a disposizione al fine di verificare se davvero si era trattato di una situazione del tutto contingente e, per di più, imposta da circostanze sfavorevoli o di una situazione permanente: la adeguata valutazione delle prove tecniche eseguite da funzionari dell’A.R.P.A. avrebbe certamente ampliato il campo di indagine nel rispetto di quelle regole di accertamento della prova richiamate puntualmente dal Tribunale e di fatto non adeguatamente osservate.

Va, quindi disposto l’annullamento della decisione impugnata con rinvio al Tribunale di Termini Imerese per un più specifico e globale accertamento sulla tollerabilità e permanenza degli odori molesti, alla luce dell’intero materiale probatorio disponibile.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Termini Imerese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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