Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-04-2011, n. 300 Notifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La Società Cooperativa edilizia per azioni "Rosa Garden" ha proposto appello contro la sentenza del T.A.R. per la Sicilia sede di Palermo, sez. III, 17 marzo 2010 n. 3022, con la quale è stato respinto il ricorso da lei proposto per l’annullamento:

– della deliberazione del Consiglio comunale di Palermo n. 14 del 4 febbraio 2009, avente ad oggetto: "Indirizzi per l’approvazione dei programmi costruttivi presentati da cooperative edilizie e/o imprese";

– della deliberazione del Consiglio comunale di Palermo n. 18 del 19 febbraio 2009, avente ad oggetto: "Respingimento della richiesta di approvazione del programma costruttivo avanzato dalla Cooperativa edilizia Rosa Garden".

2) La sentenza appellata respingeva, in primo luogo, il primo e il quarto motivo di ricorso.

Al riguardo rappresentava che, alla stregua della normativa di riferimento, gravava sul Comune l’obbligo di determinarsi in ordine ai programmi di iniziativa privata, limitatamente a quello di fornire una risposta all’istanza privata, non sussistendo alcun obbligo, in capo all’ente locale, di approvare il programma costruttivo presentato da soggetti privati in relazione ad aree determinate e circoscritte, salvo poi a verificare l’adeguatezza e logicità dell’eventuale motivazione di diniego.

Rispetto alla prospettazione di parte ricorrente, secondo cui l’Amministrazione sarebbe comunque tenuta ad allocare i programmi costruttivi in altre aree e ad approvare il programma stesso, il giudice di prime cure replicava che l’organo consiliare aveva già provveduto alla localizzazione delle aree, ai sensi dell’art. 25 della L.R. n. 22/1996, e ciò con deliberazione n. 187/1997, i cui effetti si erano esauriti per compiuta utilizzazione di tutte le aree (tra cui quella individuata dalla ricorrente) e che, assolto tale obbligo, residuava soltanto l’altro obbligo, relativo all’approvazione del P.E.E.P., il cui studio propedeutico era stato avviato dal 2002.

La sentenza appellata respingeva, altresì, il secondo motivo di ricorso con cui la ricorrente aveva lamentato un’errata interpretazione da parte del Comune di Palermo della precedente sentenza n. 1100/08 (concernente l’annullamento della delibera n. 29 del 28 febbraio 2007 di reiezione del progetto di programma costruttivo).

Era, altresì, ritenuto infondato, il terzo motivo di ricorso con cui si lamentava, sostanzialmente, un’insufficiente motivazione della deliberazione n. 14 del 2008.

Parimenti infondato era ritenuto il quinto motivo di ricorso per la considerazione che nessuna slealtà procedimentale era ravvisabile nell’adozione delle deliberazioni impugnate, le quali si presentavano come il risultato, per un verso, di una linea comportamentale costantemente tenuta, sebbene non formalizzata dall’Amministrazione; per altro verso, quale effetto dell’esecuzione della sentenza dello stesso giudice n. 1100/08.

Il sesto motivo di ricorso era dichiarato inammissibile, in quanto tendeva a censurare valutazioni di opportunità svolte dall’organo consiliare con particolare riguardo alla necessità di evitare il sorgere di contenzioso con i privati proprietari.

In ogni caso, come sostenuto dal T.A.R., la decisione di reiezione dei programmi costruttivi non si fondava sull’asserita esistenza di un progetto di P.E.E.P., bensì, come chiarito, sulla linea di indirizzo seguita dall’Amministrazione comunale, che era stata formalizzata con l’impugnata deliberazione n. 140/09.

3) Resistono al gravame il Comune di Palermo e la S.A.T. Siciliana Alberghi e Turismo in liquidazione, insistendo entrambi per la reiezione del gravame.

4) In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammisibilità e irricevibilità dell’appello, che sono state dedotte dal Comune di Palermo e dalla S.A.T. S.p.A. in liquidazione.

4.1) La difesa dell’Amministrazione comunale ha eccepito che si sarebbe formato il giudicato sull’inesistenza di un obbligo dell’Amministrazione di adottare il programma costruttivo e sulla legittimità del diniego di assegnazione di aree per le quali si renda necessario il ricorso all’espropriazione, salva la necessità di adeguata motivazione.

L’eccezione è infondata.

Dalla lettura della sentenza del T.A.R. Sicilia, Palermo, n. 1100 del 2008, con la quale era stata annullata per difetto di motivazione la deliberazione n. 29 del 2007, reiettiva dell’istanza di approvazione del programma costruttivo presentato dalla ricorrente, emerge che i Comuni "… sono obbligati a dotarsi di programmi costruttivi costituenti strumenti urbanistici semplificati, mentre, con riguardo a quelli (che s’è visto possono essere anche d’iniziativa dei singoli soggetti realizzatori) concernenti singoli interventi su un’area determinata, l’obbligo di approvazione va inteso piuttosto nel senso dell’obbligo di adottare sugli stessi una motivata determinazione, e non già di approvazione senz’altro dei singoli programmi costruttivi relativamente ai quali l’istruttoria tecnica si sia conclusa favorevolmente …".

Tale essendo il senso e il contenuto della summenzionata sentenza, deve escludersi che la società ricorrente avesse l’obbligo di impugnare la sentenza stessa, posto che con il successivo ricorso essa ha inteso, in buona sostanza, limitare il proprio sindacato impugnatorio all’interpretazione che di detta sentenza il Comune aveva fornito nella deliberazione consiliare n. 14 del 2009 e all’adeguatezza della motivazione contenuta nella successiva deliberazione n. 18 del 2009.

4.2.) La difesa della S.A.T. ha eccepito che l’appello è irricevibile perché è stato notificato, sia ad essa che al Comune, oltre il termine di trenta giorni, previsto a pena di decadenza dall’art. 23-bis, comma 7, della legge n. 1034 del 1971.

A suo avviso, non può considerarsi equivalente ai fini del perfezionamento della notifica, la consegna da parte dell’avvocato del plico da notificare all’agente postale che, a differenza dell’ufficiale giudiziario, non è pubblico ufficiale e neppure può considerarsi organo della notifica (Cass. 3.4.1999, n. 3288), né in assenza di un’espressa previsione di legge, può attribuirsi all’avvocato, che notifica con la speciale procedura prevista dalla L. n. 53 del 1994, la qualifica o l’equiparazione alle funzioni di pubblico ufficiale o di ufficiale giudiziario.

Infatti, come si soggiunge, l’agente postale, secondo il dictum della sentenza della Corte costituzionale n. 477/2000, è ausiliario dell’ufficiale giudiziario, quando quest’ultimo se ne avvale, ma non quando ad avvalersi dell’agente postale è l’avvocato cui non è riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale.

L’eccezione è infondata, tenuto conto dei vari precedenti della Corte di Cassazione (da ultimo, Cass. Sez. I, 19 luglio 2010, n. 16878), recepiti dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Sez. VI, 13 aprile 2010, n. 2055), per i quali, ogni volta che nel procedimento di notificazione vi sia un distacco temporale tra il momento d’inizio della procedura e quello finale di essa con la consegna dell’atto al suo destinatario, anche qualora lo stesso si verifichi in una notifica eseguita in conformità alla L. n. 53 del 1993 con la spedizione del plico postale ad opera dell’avvocato in luogo dell’ufficiale giudiziario, il momento del perfezionamento della notificazione si ha, per il soggetto che provvede alla spedizione a mezzo posta, alla data di quest’ultima e per il soggetto destinatario dell’atto da notificare al momento della recezione dello stesso.

4.3) Sempre la difesa della S.A.T. ha eccepito che l’appello è improcedibile, limitatamente alla domanda di annullamento della delibera n. 18 del 2009, per carenza di interesse, in quanto l’appellante avrebbe "… dichiarato, sia nel giudizio avanti al T.A.R. che nel presente giudizio di appello avanti al C.G.A. acquiescenza alle determinazioni in essa contenute …".

L’eccezione è infondata per l’assorbente considerazione che l’appellante non ha mai rinunciato ad avere assegnata l’area dalla stessa individuata, ma – attraverso le censure mosse all’impugnata deliberazione – l’interessata ha sostenuto, che la stessa, in ogni caso, avrebbe potuto, con adeguata motivazione, disporre la localizzazione dell’intervento costruttivo in altra area.

5) Può, quindi, procedersi all’esame dei profili sostanziali della controversia.

5.1) Con il primo motivo di appello, la ricorrente sostiene che la deliberazione n. 14 del 2009 è illegittima perché, ai fini della disciplina dell’espropriazione, nessuna differenza sussiste tra i programmi costruttivi riconducibili al genus del P.E.E.P. e i programmi costruttivi di cui all’art. 25 della L. reg. n. 22 del 1996.

La censura è infondata, perché fornisce una interpretazione errata della sentenza impugnata.

Come rettamente opposto dalla difesa dell’Amministrazione, la deliberazione n. 14 del 2009 non ha negato l’uso dello strumento dell’espropriazione, ma lo ha "disciplinato", nel senso che ha ritenuto che in tanto è suscettivo di sacrificio l’interesse del proprietario dell’area individuato dalle cooperative edilizie e dalle imprese per realizzare il proprio intervento costruttivo, in quanto sussista un preminente interesse pubblico alla realizzazione dell’intervento proposto.

In realtà, l’appellante tende a porre sullo stesso piano il programma costruttivo ex art. 51 della L. n. 865 del 1971 e il piano di zona, ma tale assunto non può essere condiviso.

Come osservato dalla giurisprudenza, il programma costruttivo inerente la localizzazione, non è equiparabile al piano di zona, rispetto al quale è alternativo e autonomo, essendo soggetto a un procedimento semplificato e accelerato di individuazione delle aree destinate a iniziative di edilizia residenziale pubblica, non assimilabile alla procedura di formazione del P.E.E.P., con il quale condivide solo l’efficacia: la localizzazione può aver luogo proprio qualora non possano adottarsi tempestivamente le complesse procedure di urbanizzazione previste dalla L. n. 167/1962 (cfr., Cass. Civ., Sez. I, 4 luglio 2003, n. 10576).

5.2) Col secondo motivo di appello, la ricorrente ripropone il secondo motivo dell’atto introduttivo del giudizio.

A suo avviso, il Comune di Palermo non avrebbe correttamente interpretato la sentenza n. 1100/08, ritenendo che, in ottemperanza a tale dictum, l’Amministrazione avrebbe potuto rendere inapplicabile l’istituto dell’espropriazione per pubblico interesse in materia di edilizia residenziale pubblica, laddove la citata sentenza indicava l’espropriazione come uno strumento di intervento ordinario.

La censura è infondata per considerazioni analoghe a quelle che sono state svolte in sede di esame del precedente motivo di appello.

5.3) Col terzo motivo di appello si ripropone il terzo motivo del ricorso, lamentandosi, nella sostanza, una insufficiente motivazione della deliberazione contenente gli indirizzi per l’approvazione dei programmi costruttivi.

La censura è infondata.

Come rettamente osservato dal giudice di prime cure, la deliberazione impugnata è adeguatamente motivata con riferimento a due punti fondamentali:

a) – l’opportunità, nelle more di adozione del P.E.E.P., di non approvare programmi costruttivi in aree, i cui proprietari non abbiano prestato il loro consenso, "fatta eccezione per gli interventi considerati di rilevante interesse pubblico";

b) – la presenza di un progetto P.E.E.P. all’attenzione del Consiglio comunale, nel quale potrebbero confluire tutte le istanze private.

5.4) Col quarto motivo di appello si reitera il quinto motivo di ricorso col quale la ricorrente aveva dedotto l’eccesso di potere per "slealtà procedimentale", facendo riferimento all’istruttoria e ai diversi passaggi del procedimento tra i quali l’approvazione del Genio Civile.

Al riguardo l’appellante osserva che la "linea comportamentale" assunta dal T.A.R. risulta smentita da quanto lo stesso Comune aveva deliberato in precedenza a suo favore.

Il motivo di appello è infondato.

Non v’è dubbio che sull’istanza avanzata dalla società appellante si erano pronunciati favorevolmente l’Ufficio del Genio Civile e quello di Urbanistica, ma ciò non inficia la conclusiva determinazione negativa assunta dal Consiglio comunale.

5.5) Con il quinto motivo di appello si reitera il sesto motivo di ricorso.

Ad avviso dell’appellante, la delibera n. 14 del 2009 costituisce l’ultimo di una serie di atti dai quali risulta chiaramente che il Comune di Palermo non vuole che siano realizzati interventi di edilizia residenziale pubblica nel proprio territorio.

Tale ordine di idee non può essere condiviso, sia perché esso è indimostrato e sia perché non può negarsi all’Amministrazione comunale – come lucidamente osservato nella sentenza appellata – il potere-dovere di pianificare gli interventi in materia e, una volta esaurite le aree a suo tempo individuate, di assicurarsi che i futuri interventi siano organicamente realizzati e, al contempo, se non strettamente indispensabili per il concreto perseguimento dell’interesse pubblico, non costituiscano causa di ulteriori contenziosi.

5.6) L’ultimo motivo di appello reitera il settimo motivo del ricorso, relativo alla dedotta violazione dell’art. 7, comma 4 della legge n. 136/1999.

Con tale doglianza l’appellante ha contestato che nel caso di specie sussistevano le condizioni per attribuire alla società controinteressata il diritto di precedenza.

La doglianza va disattesa per la ragione individuata dal giudice di prime cure, imperniata sul rilevo che, ove pure la censura fosse ritenuta fondata, resterebbe pienamente valida la motivazione centrale del respingimento del programma costruttivo.

6) In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Si ravvisano, tuttavia giustificati motivi per compensare tra le parti le spese e gli oneri del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunziando, respinge l’appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella Camera di Consiglio del 13 ottobre 2010 e, in prosieguo, in quella del 14 dicembre 2010, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 19 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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