Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-03-2010) 20-04-2011, n. 15663 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 21/3/2007, la Corte d’ appello di Messina rigettava l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da V. F.. Questi, arrestato in data 21/2/04, in esecuzione di ordinanza cautelare del GIP del tribunale di Messina, quale indagato per il delitto di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74, (T.U.), era stato liberato il 6/10/04 a seguito di assoluzione pronunciata dalla Corte d’appello di Messina. A fondamento del provvedimento di rigetto, la Corte territoriale osservava che sussisteva la colpa grave del V., postasi in rapporto di causa- effetto con l’adozione del provvedimento cautelare, ravvisandola nella seguente circostanza.

Da intercettazioni telefoniche era emerso che tale M. D. era dedito al traffico di droga ed aveva fissato un appuntamento per il pomeriggio del (OMISSIS) con tale C. per regolare la fornitura di una partita di droga. Alle ore 18.15 del (OMISSIS) il V. era stato visto in compagnia del M. davanti al BAR "(OMISSIS)" in attesa dell’incontro.

Osservava la Corte territoriale che la riferita circostanza non era stata sufficiente per la pronuncia di condanna, ma ben integrava un comportamento gravemente colposo che aveva determinato l’adozione della misura cautelare.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per mezzo del difensore, deducendo la insufficienza della motivazione. Sosteneva che la motivazione dell’ordinanza faceva riferimento alla presenza del V. innanzi al BAR in compagnia del M., senza che dalla motivazione emergesse un preventivo appuntamento piuttosto che un incontro occasionale; pertanto la descritta condotta era inidonea ad esser ritenuta ostativa al riconoscimento dell’equo indennizzo.

La Corte di legittimità, dopo avere premesso che nella fattispecie la Corte di merito sembrava aver ricondotto il comportamento del V. nell’alveo di un’ipotesi di connivenza, nella parte in cui aveva motivato il diniego dell’indennità affermando che "… la presenza non occasionale del V. in compagnia del M. proprio nel luogo e nell’ora dell’appuntamento con il C. per regolare i rapporti concernenti un partita di stupefacenti, ben si prestava ad essere interpretata come indice di complicità …" osservava che, come già illustrato da questa Corte in precedenti pronunce (n. 4203 9/06), un atteggiamento di connivenza può, in astratto, integrare la colpa grave purchè, nella situazione in concreto accertata, ci si trovi in presenza di determinati presupposti. Infatti, se è vero che la mera presenza passiva non è idonea ai sensi dell’art. 110 c.p. ad integrare il concorso nel reato, a meno che non valga a rafforzare il proposito dell’agente di commetterlo; analogamente deve dirsi per il giudizio di riparazione, laddove la condotta connivente idonea ad inibire la riparazione, per essere qualificata gravemente colposa, deve essere ancorata alla preventiva conoscenza delle attività criminose che si stanno per compiere in presenza del connivente. Nel caso oggetto di giudizio, invece, non si evinceva in alcun modo, dalla motivazione del provvedimento gravato, che il V. fosse a conoscenza dell’attività illecita del M., nè che tale circostanza fosse stata da lui ignorata per colpa. Solo ove si fosse dato congruo conto delle ragioni poste a fondamento della descritta efficacia della condotta passiva la valutazione del giudice del merito si sarebbe sottratta al sindacato di legittimità Nella fattispecie i giudici del merito secondo questa Corte si erano limitati ad affermare la mera corrispondenza tra connivenza e colpa grave.

Pertanto ha annullato il provvedimento impugnato e rimesso al giudice del rinvio anche il regolamento delle spese. La Corte del rinvio ha confermato la decisione impugnata. Ricorre per cassazione l’interessato per mezzo del, proprio difensore deducendo:

l’inosservanza del principio enunciato dalla Suprema Corte e la violazione degli artt. 314, 315 e 643 c.p.p. nonchè mancanza e contraddittorietà della motivazione sul punto.
Motivi della decisione

Il ricorso va respinto perchè infondato.

Anzitutto va rilevato che non v’è stata alcuna violazione del principio di diritto enunciato da questa corte con la sentenza di annullamento.

Questa Corte ha ritenuto che la connivenza passiva può costituire la colpa grave idonea ad escludere l’indennizzo a determinate condizione. Nella fattispecie, secondo la Corte di legittimità(la presenza del V. sul luogo dell’appuntamento avrebbe configurato la colpa grave,qualora quella presenza non fosse stata occasionale, ed ha demandato al giudice del merito il compiuto di accertare tale circostanza. La Corte del rinvio, richiamando passi della stessa sentenza con cui il V. è stato assolto, ha accertato che quella presenza non era occasionale e della non occasionalità ha dato conto con una motivazione che non presenta alcun profilo di manifesta illogicità. In proposito ha osservato che nella sentenza di merito si era affermato alla pagina 9 che la presenza del V. in compagnia del M., alle ore 18,15 del (OMISSIS), davanti al bar (OMISSIS) …" era certamente inquietante, avuto riguardo al fatto che il predetto aveva appuntamento a tale ora e in tale luogo con il C. per regolare i rapporti concernenti la partita di stupefacente,come risultava dal contenuto della telefonata intercettata alle ore 12,10 dello stesso giorno. Pertanto,secondo la Corte, sul piano logico era da ritenere che quella presenza potesse avere la funzione di supporto e comunque non era occasionale, apparendo inverosimile che il M. potesse portarsi dietro una persona ignara dei loschi traffici nei quali egli era coinvolto. In proposito la Corte ha precisato che, ove l’incontro con il V. fosse avvenuto in maniera casuale, il M. si sarebbe liberato al più presto dell’ingombrante presenza del V. con qualsiasi pretesto.

Tali considerazioni logiche,secondo la Corte del rinvio, valevano a dare per sè sole contezza della rilevanza del comportamento connivente nel caso di specie trattandosi di una presenza non occasionale .Sarebbe invero secondo la Corte del merito inverosimile che taluno, dovendo trattare un affare di rilievo e di natura illecita, si porti dietro una persona non fidata, rischiando che diventi uno scomodo e pericoloso testimone.

La valutazione della Corte non presenta alcuna incoerenza.

Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p.;

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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