Cass. pen., Sez. I, Sentenza 29 Luglio 2010, n. 29936 Perizia psichiatrica Se non è stata acquisita nelle forme stabilite, la condanna è nulla

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

§1. Con sentenza del 23 ottobre 2009 la Corte di assise d’appello di Palermo confermava la condanna alla pena dell’ergastolo di C. V., dichiarato colpevole di concorso nel delitto di omicidio volontario duplice.
La difesa di C., con ricorso per cassazione, impugna la sentenza e, per connessione, l’ordinanza con cui la stessa Corte, in data 16.7.2009, aveva revocato, ai sensi dell’art. 72 cod. proc. pen., la sospensione del processo disposta per l’incapacità dell’imputato di partecipare coscientemente al giudizio a causa di sopravvenuta infermità mentale. Il ricorrente ripropone l’eccezione di nullità della citata ordinanza, lamentando che la Corte, disposta la perizia psichiatrica, aveva acquisito la relazione del perito senza fissare l’udienza per l’esame orale previsto dall’art. 501 cod. proc. pen., così violando il diritto della difesa di assistere e partecipare alla formazione della prova nel contraddittorio delle parti. Conclude pertanto chiedendo l’annullamento dell’ordinanza in discorso e, per effetto derivato, della sentenza conseguente.
§2. Va preliminarmente esaminata la questione dell’ammissibilità dell’impugnazione avverso l’ordinanza che. ai sensi dell’art. 72 cod. proc. pen., dispone la revoca della sospensione del procedimento “non appena risulti che lo stato mentale dell’imputato ne consente la cosciente partecipazione al procedimento”.
A questo proposito viene subito in evidenza che, mentre l’art. 71 comma 3 cod. proc. pen. stabilisce che contro l’ordinanza che sospende il procedimento è ammesso il ricorso per cassazione, nulla è apparentemente previsto per l’impugnazione dell’ordinanza che revoca la sospensione.
L’aporia è presto risolta, sol che si consideri che, mentre l’ordinanza che dispone la sospensione, determinando una stasi del procedimento che non può più progredire verso il suo naturale epilogo rappresentato dalla sentenza, abbisogna, come rimedio contro gli eventuali errori, della specifica previsione di un apposito mezzo di impugnazione, l’ordinanza che dispone la revoca della sospensione, permettendo invece al processo di riprendere il suo corso verso la celebrazione del giudizio e la pronuncia della sentenza, sarà impugnabile, a norma dell’art. 586 comma 1 cod. proc. pen., con l’impugnazione differita contro la sentenza.
La capacità processuale dell’imputato, intesa come capacità di “partecipazione cosciente” al processo, essendo premessa essenziale per l’esercizio dell’autodifesa e garanzia del giusto processo, si configura come presupposto fondamentale e indefettibile della legittima costituzione e del valido svolgimento del rapporto processuale. Perciò la sua esistenza, condizionando la legittimità del giudizio e della sentenza che lo definisce, è questione che va decisa dal giudice del dibattimento, prima dell’apertura del dibattimento, alla stessa stregua delle altre questioni preliminari concernenti la costituzione del rapporto processuale (la citazione e la comparizione dell’imputato). E l’ordinanza che, accertata l’idoneità psichica dell’imputato a stare in giudizio, revoca la sospensione del processo è impugnabile tanto quanto l’ordinanza contumaciale che ne accerta l’idoneità fisica a comparire in udienza e, stante la connessione sostanziale e processuale tra ordinanza e sentenza, valgono per essa le regole dettate dall’art. 586, comma 1, cod. proc. pen. secondo cui “l’impugnazione può essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l’impugnazione contro la sentenza” e “l’impugnazione è ammissibile anche se la sentenza è impugnata soltanto per connessione con l’ordinanza”.
Nel caso concreto, l’imputato non ha proposto impugnazione autonoma contro l’ordinanza di revoca della sospensione, che, se così fosse, si sarebbe dovuta accogliere la richiesta di inammissibilità avanzata dal P.G. di udienza col richiamo a una precedente decisione di questa Corte (Sez. I, 1.6.2006 n. 25850, Laudani. RV 234677). Ha invece proposto ricorso per cassazione contro l’ordinanza de qua e, per connessione, contro la sentenza susseguente e, pertanto, l’impugnazione è ammissibile.
§3. Per l’accertamento della capacità processuale dell’imputato gli artt. 70 e 72 cod. proc. pen. indicano come mezzo di prova elettivo il ricorso alla perizia e l’art. 70, comma 3, precisa che “se la necessità di provvedere risulta durante le indagini preliminari, la perizia è disposta dal giudice con le forme previste per l’incidente probatorio”. Nulla invece è stabilito per le forme da osservare nel caso che la perizia sia disposta nella fase del giudizio. Ma non si tratta di una lacuna, bensì dell’omissione di una previsione superflua, posto che le modalità con cui si assume la perizia nella fase del giudizio sono già regolate dagli articoli del Capo III, Libro VII del codice di procedura penale (art. 496 e segg.), che disciplinano l’istruzione dibattimentale. Qui giova richiamare le disposizioni degli artt. 501, 508 comma 3 e 511 comma 3, che stabiliscono che il perito deve essere esaminato osservando le disposizioni sull’esame dei testimoni e che la lettura dell’eventuale relazione peritale è disposta soltanto dopo l’esame orale.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’inosservanza delle disposizioni testé citate e, in particolare, l’acquisizione della relazione peritale senza esame del perito produce una nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. per violazione del diritto di difesa (v. Sez. III, 22.4.1999 n. 8497, Pilati, RV 214222; Sez. IV, 29.11.2004 n. 1288, Castelli, RV 230784; Sez. I, 5.11.2008 n. 44847, Valenti, RV 242192; e, in termini, per la perizia disposta prima dell’apertura del dibattimento al fine di accertare la capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al giudizio, Sez. I, 22.6.1995 n. 8302, Battaglia, RV 202120).
Erra, pertanto, la Corte territoriale quando afferma che l’accertamento in questione, formando oggetto di un procedimento incidentale, sarebbe sottratto all’osservanza delle disposizioni valevoli per la perizia svolta nel dibattimento. Al contrario – lo si ribadisce – la capacità processuale dell’imputato è questione che attiene direttamente e inscindibilmente al processo principale e, pertanto, una volta che sia sopravvenuto il rinvio a giudizio, non può che essere accertata e delibata dal giudice della cognizione con l’osservanza delle forme proprie del dibattimento.
Del resto, l’interpretazione proposta dalla Corte palermitana, attribuendo al giudice la facoltà di accertare e decidere la questione della capacità processuale de plano, senza le garanzie del contraddittorio, dovrebbe portare a denunciare la manifesta illegittimità delle disposizioni applicate per violazione degli artt. 24 e 111 Cost.
In realtà, che la legge intenda assicurare l’assistenza del difensore all’accertamento in discorso è reso esplicito dalle norme che prescrivono che all’uopo sia disposta la perizia, il che implica necessariamente il rinvio alle norme che ne regolano l’assunzione, le quali comprendono non solo i momenti prodromici della nomina del perito e del conferimento dell’incarico, ma soprattutto quello centrale dell’esame, in cui, nel contraddittorio delle parti, si forma la prova.
L’importanza dell’accertamento tecnico peritale è tale che la necessità dell’assistenza del difensore non è prevista soltanto per la fase del giudizio, ma anche per quella delle indagini preliminari. Come si è sopra sottolineato, l’art. 70 comma 3 cod. proc. pen. stabilisce che in tale fase la perizia si deve svolgere nelle forme previste per l’incidente probatorio e, quindi, in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria del difensore, applicando la regola che “le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento” (cfr. art. 401, commi 1 e 5, cod. proc. pen.).
Infine si rileva che l’art. 467 cod. proc. pen. attribuisce al giudice il potere di disporre, nella fase degli atti preliminari al dibattimento, l’assunzione di prove “indifferibili” – tra le quali può benissimo ricomprendersi la perizia destinata ad accertare la capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo – e aggiunge che l’assunzione avviene “osservando le forme previste per il dibattimento”. È l’ennesima conferma, se ve ne fosse ancora bisogno, che le prove assunte dal giudice nella fase del giudizio, pur se prima dell’apertura del dibattimento, devono rispettare le regole stabilite per l’istruzione dibattimentale.
Per concludere, la capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo deve essere accertata mediante perizia assunta osservando le forme previste per il dibattimento, anche nell’ipotesi in cui l’accertamento avvenga prima dell’apertura del dibattimento.
Nel caso concreto la Corte territoriale ha inizialmente avvisato le parti del conferimento dell’incarico peritale, ma poi, depositata la relazione peritale, invece di fissare una nuova udienza per l’esame dei periti e per le conclusioni delle parti, ha emesso de plano la decisione. A causa della mancata instaurazione del contraddittorio e della correlativa lesione del diritto di difesa l’ordinanza di revoca della sospensione è affetta da nullità, che – tempestivamente dedotta – si estende alla sentenza quale atto consecutivo dipendente da quello dichiarato nullo.
Pertanto ordinanza e sentenza devono essere annullate con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di assise d’appello, che procederà a nuovo giudizio accertando la capacità processuale dell’imputato tramite perizia condotta osservando le forme prescritte per il dibattimento.

P.Q.M.

La Corte di cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise d’appello di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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