Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-04-2011) 21-04-2011, n. 15834

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 17 settembre 2010, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Pistoia, Sezione distaccata di Monsummano Terme, il 5 giugno 2007, con la quale B.M. è stato ritenuto responsabile del reato di indebito utilizzo di una carta di credito della propria madre e condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, rinnovando questione già dedotta in appello e disattesa da quei giudici, sottolinea la necessità di una applicazione analogica dell’art. 649 c.p. che attragga nella propria sfera di operatività anche il reato di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 12 nella prima parte della fattispecie, che certamente ricorre nel caso di specie, per la quale viene tutelato esclusivamente l’interesse patrimoniale del titolare che si vede indebitamente usare la carta di credito.

Il ricorso non è fondato. Questa Corte, infatti, facendo leva sulle affermazioni enunciate al riguardo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 302 del 2000, ha avuto modo di puntualizzare che non è applicabile la speciale causa di non punibilità sancita dall’art. 648 c.p. in tema di fatti commessi in danno di congiunti, al reato di illecito uso di carte di credito di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 12, nel caso in cui tale uso sia stato effettuato con carta di credito appartenente a familiare dell’autore del fatto, considerato che il reato di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 12 ha natura plurioffensiva avendo di mira la tutela del patrimonio e insieme la sicurezza dei traffici finanziari e commerciali, e, pertanto, una dimensione lesiva che trascende il mero patrimonio individuale per estendersi, in modo più o meno diretto, a valori riconducibili all’ambito dell’ordine pubblico, economico e della fede pubblica. Con la conseguenza, si è affermato, che esso confligge con la ratio della previsione di cui all’art. 649 c.p., la quale concerne esclusivamente i delitti contro il patrimonio e ha natura eccezionale che ne preclude l’applicazione in via analogica (Cass., Sez. 5, 21 novembre 2006, p.g. in proc. Lavagno). Indicazioni, quelle offerte dalla giurisprudenza di questa Corte, che rinvengono un ulteriore avallo nel fatto che la fattispecie in esame risulta ora abrogata e trasferita sotto il D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, art. 55, comma 9, la cui disciplina è dedicata a dare attuazione alla direttiva 2005/60CE – concernente, appunto, non la tutela del patrimoni in sè o semplicemente la certezza e speditezza del traffico giuridico ed economico, ma, soprattutto, la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo – nonchè della direttiva 2006/70/CE, che ne reca misure di esecuzione. Un quadro normativo, dunque, che non permette di ricondurre la figura criminosa che viene qui in questione nell’alveo delle previsioni dei reati contro il patrimonio disciplinati dal codice penale, ed ai quali soli è riferibile la speciale causa di non punibilità tracciata dall’art. 649 c.p., posto che la ragion d’essere di tale eccezionale norma di favore, pur volta a cautelare i rapporti familiari, che assumono risalto anche sul piano dei valori costituzionali, non può essere arbitrariamente "esportata" a copertura di condotte che offendono anche, ma non solo, i diritti patrimoniali del titolare della carta.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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