Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-04-2011) 21-04-2011, n. 15833

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 25 maggio 2010, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa il 25 ottobre 2005 dal Tribunale della medesima città con la quale M.V. era stato condannato alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 900,00 di multa quale imputato di ricettazione e riciclaggio di una autovettura.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, rinnovando le medesime doglianze già formulate in appello, deduce che immotivatamente i giudici del gravame non avrebbero prestato fede alla versione difensiva dell’imputato; che non vi sarebbe prova in ordine alla materiale contraffazione del numero di telaio e nella applicazione di una targa non propria del veicolo; e che, infine, non doveva essere disposta la revoca della sospensione condizionale relativa a precedenti condanne.

Il ricorso è palesemente inammissibile in quanto nell’unico motivo proposto il ricorrente si limita a prospettare, per di più in termini in sè del tutto generici, le medesime censure già devolute ai giudici dell’appello e da questi motivatamente disattese, senza alcun apporto critico alle puntuali considerazioni svolte al riguardo nella sentenza impugnata proprio sui punti ora nuovamente sottoposti a gravame. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.

La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. 1, 30 settembre 2004, Burzotta; Cass., Sez. 6, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. 4, 11 aprile 2001 Cass., Sez. 4, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. 4, 18 settembre 1997, Ahmetovic).

Manifestamente infondata si rivela, infine, la tesi del ricorrente secondo la quale la revoca della sospensione condizionale della pena può essere legittimamente disposta soltanto con la pronuncia della condanna per il reato successivamente commesso nel quinquennio, sul rilievo che essa dovrebbe conseguire "ad un accertamento del reato", che non può operarsi sulla base di quanto "desumibile dal certificato penale, senza nemmeno l’acquisizione delle relative sentenze". Trattandosi, infatti, di revoca di diritto, a norma dell’art. 168 c.p., comma 1, n. 1), essa può essere disposta d’ufficio anche da giudice della esecuzione (ex multis, Cass., Sez. 1, 7 aprile 2010, p.m. in proc. Lanza) e financo dalla stessa Corte di cassazione (Cass., Sez. 3, 7 marzo 2008, p.g. in proc. Sciabica).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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