Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-04-2011) 21-04-2011, n. 15829

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 25.3.10 la Corte d’Appello di Genova confermava la condanna emessa il 13.11.08 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di S.R. per il delitto di ricettazione di un assegno bancario di provenienza furtiva.

Tramite il proprio difensore il S. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per carenza di motivazione in quanto aveva superficialmente vagliato le risultanze dibattimentali, senza neppure considerare l’inattendibilità del teste Sa. (persona, per altro, all’epoca indagata in un procedimento avente ad oggetto un traffico di assegni rubati), che aveva riferito di aver ricevuto dal ricorrente l’assegno di provenienza furtiva nonostante che presso la propria abitazione fosse stato ritrovi l’intero libretto di assegni rubato.

Quanto al trattamento sanzionatorio, deduceva che la gravata pronuncia aveva travisato il senso nella doglianza mossa in appello, in cui ci si doleva solo dell’eccessività della pena pecuniaria e non di quella detentiva.

1 – Il ricorso è inammissibile.

Le censure in punto di accertamento della penale responsabilità del S. si collocano al di fuori del novero di quelle spendibili ex art. 606 c.p.p., in quanto con esse sostanzialmente si sollecita un nuovo apprezzamento di merito delle risultanze dibattimentali, operazione preclusa in questa sede.

Nè per l’invocata cassazione della sentenza d’appello basta denunciarne una superficialità di motivazione, considerato che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme, le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr.

Cass. Sez. 2, n. 5606 del 10.1.2007, dep. 8.2.2007; Cass. Sez. 1, n. 8868 del 26.6.2000, dep. 8.8.2000; v. altresì, nello stesso senso, le sentenze n. 10163/02, rv. 221116; n. 8868/2000, rv. 216906; n. 2136/99, rv. 213766; n. 5112/94, rv. 198487; n. 4700/94, rv. 197497;

n. 4562/94, rv. 197335 e numerose altre).

Quanto all’entità della pena pecuniaria, di poco superiore a quella minima edittale (Euro 600,00 a fronte del minimo edittale pari ad Euro 516,00), ai presenti fini basti ricordare che il giudice assolve adeguatamente all’obbligo motivazionale (cfr., Cass. n. 12749 del 19.3.2008, dep. 26.3.2008) ove il trattamento sanzionatorio non si discosti eccessivamente – come avvenuto nel caso di specie – dai minimi edittali, pur se si adoperano espressioni sostanzialmente di stile (come "pena congrua", "pena equa", "congrua aumento" ed altre equipollenti: cfr. Cass. n. 33773 del 29.5.2007, dep. 3.9.2007).

2- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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