T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 19-04-2011, n. 3461

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I)- L’art.3 della legge n.512 del 1999 prevede che presso il Ministero dell’Interno e istituito il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso. Tale Comitato è presieduto dal Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, nominato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, anche al di fuori del personale della pubblica amministrazione, tra persone di comprovata esperienza nell’attività di solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. Il Commissario e gli altri componenti del Comitato (individuati, come specificato nel secondo periodo del comma 1 dell’art.3 di cui trattasi, nei rappresentanti dei Ministeri, della P.c.m. e della Consap) restano in carica per quattro anni (ad eccezione dei rappresentanti della P.c.m. e della Consap) e l’incarico non è rinnovabile per più di una volta.

Altra disposizione, e cioè l’art.2 del d.P.R. nr. 284 del 2001, chiarisce e ribadisce che "Il Comitato, costituito con decreto del Ministro dell’interno e composto secondo quanto previsto dall’articolo 3 della legge, è presieduto dal Commissario che lo convoca con le modalità stabilite dallo stesso Comitato".

E da ultimo – con riferimento ai profili di interesse per l’odierno contenzioso – l’art.5 c.4 del d.P.R. 07.9.2001 ("regolamento recante l’organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell’Interno"), dispone che "qualora l’incarico di commissario sia conferito ad un prefetto, si provvede con l’aliquota di cui all’articolo 3 bis del d.l. nr.345 del 1991": articolo che, a sua volta, prevede che "per le esigenze connesse allo svolgimento dei compiti affidati all’Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa dalla vigente normativa…… un’aliquota dei prefetti, nel limite massimo del 15% della dotazione organica, può essere collocata a disposizione….".

Tanto premesso, il dott. T., odierno ricorrente:

– con delibera del Consiglio dei Ministri del 13/6/2008 è stato, su proposta del Ministro dell’interno ed ai sensi della normativa dianzi riportata, collocato a disposizione sino alla data del collocamento a riposo (01.9.2009: ndr), ai fini del conferimento dell’incarico di Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso;

– e stato destinatario del d.P.R. 04.8.2008 con cui si è provveduto al formale conferimento dell’incarico commissariale di cui trattasi.

Sennonchè il T. è venuto ad apprendere, da un comunicato stampa di fine settembre 2009, che il Consiglio dei Ministri aveva deliberato, su proposta del Ministero dell’Interno, la nomina a Commissario del dott. M. a decorrere dall’1.9.2009 (data di collocamento a riposo del dott. T.): notizia questa che ha trovato conferma:

– in una comunicazione ministeriale telegrafica indirizzata agli Uffici del Commissario il 14.10.2009;

– nel decreto (del quale il ricorrente è venuto in possesso) in data 01.10.2009, a firma del Ministro dell’Interno, di attribuzione al M., con la citata decorrenza (01.9.2009) ed in considerazione dell’avvenuto collocamento a riposo del T., dell’incarico di Presidente Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso.

Il dott. T., quindi, si è gravato avverso gli atti in epigrafe indicati col ricorso introduttivo dell’odierno giudizio: ricorso che è stato:

– consegnato all’Ufficiale giudiziario il 17.11.2009 per le notificazioni alle parti evocate in giudizio;

– depositato in "velina" presso questo Tribunale il 01.12.2009.

– depositato in "originale" il 30.12.2009 con la prova delle eseguite notifiche, perfezionatesi, rispettivamente, il 17.11.2009 (nei confronti delle intimate amministrazioni) ed il 26.11.2009 (nei confronti del dott. M.).

In tale primo atto di gravame il dott. T., richiamandosi al quadro normativo in premessa delineato, deduce che l’incarico commissariale ha una durata di quattro anni, con riveniente illegittimità sia del provvedimento che ha disposto la revoca, nei suoi confronti, dell’incarico in questione che del provvedimento con cui e stato nominato Commissario il dott. M. in sostituzione del ricorrente. Denuncia, altresì, il T., la violazione dell’art.7 della l. nr. 241 del 1990, non essendogli stato partecipato l’avvio del provvedimento volto alla revoca dell’incarico disimpegnato.

Si è costituito in giudizio, per il tramite del Pubblico Patrocinio, il Ministero dell’Interno sostenendo, in articolata memoria, l’infondatezza dell’avverso gravame. Nello specifico l’amministrazione ha rappresentato che il suo collocamento a disposizione (costituente, ex lege, condizione necessaria per la nomina di Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso), è stato disposto "fino alla data del collocamento a riposo" coincidente nel caso di specie con la data dell’1/9/2009. Dunque, non vi è stata revoca di alcun provvedimento né, in alcun modo, può dirsi violata la legge nr. 241 del 1990.

Di seguito il ricorrente ha depositato, ancora una volta in velina il 13.1.2010 ed in originale il 26.1.2010, il primo atto introduttivo di mm.aa. di gravame contestando, in quanto viziato in via derivata, il provvedimento (che ivi si identifica in una deliberazione del Consiglio dei Ministri del 12.11.2009) con la quale il dott. M., già Commissario, è stato confermato nell’incarico anche dopo il suo collocamento in quiescenza avvenuto l’1.11.2009.

Il 28.1.2010 la Sezione, con propria ordinanza nr.492/2010, ha respinto l’istanza di sospensione interinale dei provvedimenti gravati col ricorso introduttivo e col primo atto di mm.aa. di gravame. Tale decisione, appellata dal dott. T., non è stata condivisa dal Consiglio di Stato che, con ordinanza della VI^ sez. nr. 2759/2010, pur ritenendo il ricorso sprovvisto del presupposto del danno grave ed irreparabile, ha comunque evidenziato "l’opportunità che la controversia sia tempestivamente definita nel merito tenuto conto dei profili di non manifesta infondatezza dei motivi di ricorso fatti valere…….. ed incentrati in particolare sulla insufficienza del solo dato relativo all’intervenuto pensionamento dell’interessato quale presupposto esclusivo per far luogo alla revoca dell’incarico per cui è giudizio".

In data 17/11/2010 il ricorrente ha depositato il secondo ed ultimo atto introduttivo di mm.aa. di gravame contestando il provvedimento del 7/10/2010, di estremi e contenuto sconosciuti, con cui il Consiglio dei Ministri avrebbe nominato il dottor G.Trevisano – anch’essa già collocato a riposo- quale Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso.

Il dott. M. ed il dott. Trevisano non si sono costituiti in giudizio.

All’udienza pubblica del 16.12.2010, il procuratore del ricorrente è stato informato, ai sensi dell’art.73 del C.p.a., della possibile irricevibilità del ricorso introduttivo a causa del tardivo deposito dello stesso. Quindi ha chiesto ed ottenuto termine a difesa di cui è avvalso per produrre apposita e specifica memoria che ha depositato il 03.3.2011.

All’udienza del 24.3.2011 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

II)- Nella memoria depositata il 03.3.2011 il ricorrente osserva che una volta consegnato il ricorso agli uffici Unep, essa parte perde ogni potere di impulso sull’Ufficiale giudiziario in ordine ai tempi di restituzione dell’originale. Ed è proprio per questo motivo che è, da tempo, invalsa la prassi di depositare il ricorso in velina: prassi che:

– ha ricevuto la legittimazione della Suprema Corte che ha escluso (sez.I^ n.17666 del 2009) "che detta irregolarità possa comportare l’improcedibilità del gravame non essendo riconducibile ad alcuna delle ipotesi di mancata tempestiva costituzione dell’appellante previste tassativamente…. dall’art.348 c.p.c…";

– è stata affrontata anche nel nuovo C.p.a. che, all’art.45, fa "salva la facoltà di effettuare il deposito dell’atto anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante" e prescrive che la parte che si avvale di tale facoltà "è tenuta a depositare la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In assenza di tale prova le domande introdotte con l’atto non possono essere esaminate".

III)- La tesi del ricorrente non persuade.

La Corte costituzionale ha infatti affermato – sia pure a proposito del termine di costituzione in giudizio dell’attore nel processo civile – nella sentenza n. 107/2004 che "poiché la notificazione si perfeziona per il notificante con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ne discende che da quel momento possono essere da lui compiute le attività (tra cui, appunto, l’iscrizione a ruolo) che presuppongono la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del termine finale dalla consegna al destinatario"; e, nell’ord. n. 154/2005, che, risultando "ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario", "fin dal momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario il notificante può compiere le attività (tra cui, appunto, l’iscrizione a ruolo) che presuppongono la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del termine finale dalla consegna al destinatario, essendo del resto già prevista, per l’ipotesi di notificazioni a mezzo posta, dall’art. 5, comma 3, della legge 20 novembre 1982, n. 890, l’iscrizione della causa a ruolo prima del perfezionamento della notificazione per il destinatario".

Applicando tali principi al deposito del ricorso (principale o incidentale) nel giudizio amministrativo, si è dunque riconosciuta (ed è oggi codificata nei commi 2 e 3 dell’art.45 del C.p.a. richiamato dal T.) la facoltà del ricorrente di effettuare tale incombente non appena espletate le formalità di sua spettanza nel procedimento notificatorio (esaurite dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario) senza incorrere perciò in decadenze (come evidenzia anche la decisione della Suprema Corte parimenti richiamata dal ricorrente). Ma, come precisato e ribadito dal Giudice delle Leggi, ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del termine finale dalla consegna al destinatario; consegna che, nel caso di specie, si è verificata il 26.11.2009 (od al più, come si riporta nella predetta memoria, il 27.11.2009). Ne consegue che il ricorso introduttivo del gravame avrebbe dovuto essere depositato entro il perentorio (e non rispettato nel caso di specie) termine dei trenta giorni successivi al perfezionamento di tale notificazione come già prescritto dalla legge n.1034 del 1971 ed oggi ribadito dal comma 1 dell’art.45 del C.p.a.

Né giova al ricorrente (ai fini della scusabilità dell’errore commesso e della remissione in termini) la dichiarazione rilasciata, su sua istanza, dal competente Ufficio notifiche in cui si attesta che il ricorso, presentato per le notificazioni, "è stato notificato con esito positivo in data 1718/11/2009. L’Ufficio non è nella possibilità di indicare il giorno in cui l’atto si è reso disponibile per la parte istante, poiché il programma applicativo in uso alla sezione lavoro non prevede tale funzione".

E ciò in quanto, una regola di normale ed ordinaria diligenza imponeva, al momento del ritiro dell’atto notificato (ritiro che deve presumersi avvenuto il 30.12.2009 e cioè il giorno stesso del suo deposito presso questo Tribunale), di chiedere ed ottenere una certificazione attestante che solo in quel momento (in cui era già decorso il termine perentorio ex lege previsto) l’atto notificato si era reso disponibile per la consegna al notificante.

Non avendo a tanto provveduto non residua spazio per la scusabilità dell’errore. Ne consegue che, a mente dell’art.35 c.1, lett.a) del C.p.a., il ricorso introduttivo deve essere dichiarato irricevibile per accertata tardività del deposito, con accessiva inammissibilità degli mm.aa. di gravame successivamente introdotti.

IV)- Le spese di lite attesa la peculiarità della controversia possono compensarsi tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

dichiara, come da motivazione, irricevibile il ricorso in epigrafe ed inammissibili i mm.aa. di gravame successivamente introdotti.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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