T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 19-04-2011, n. 3460

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 17 ottobre 2008 e depositato il successivo 4 novembre 2008, i ricorrenti impugnano la deliberazione n. 129 del 23 ottobre 2002, con cui il Consiglio Regionale del Lazio ha autorizzato la società T.P. all’esercizio di una nuova cava di travertino nel territorio di Guidonia Montecelio, "nella parte in cui consente il pompaggio e la dispersione dell’acqua termale", e l’autorizzazione DCR Lazio 129/SUB/AC del 14 luglio 2004, con cui il Comune di Guidonia ha autorizzato la società Q.R. al subentro ed alla prosecuzione dell’attività di coltivazione della cava della società T.P., chiedendone l’annullamento.

In particolare, i ricorrenti espongono che:

– il Comune di Tivoli è titolare dal 1963 della concessione esclusiva allo sfruttamento delle acque minerali termali della sorgente denominata A.A.;

– per un più efficace sfruttamento della risorsa mineraria, lo stabilimento è stato dato in gestione alla società A.A., subconcessionaria del Comune di Tivoli;

– da qualche tempo, le acque termali oggetto della concessione scarseggiano;

– ciò è conseguenza del progressivo svuotamento della falda idrica sottostante l’intera zona;

– a causa di tale svuotamento: – è sempre crescente la difficoltà di approvvigionamento di acqua da parte dello stabilimento termale; – gli strati superficiali del terreno stanno subendo un cedimento, con conseguente pericolo di crollo delle costruzioni;

– la situazione ha portato alla dichiarazione dello stato di calamità nella zona ed al riconoscimento dello stato di emergenza;

– le indagini espletate hanno dimostrato che i problemi di subsidenza accertati derivano "dagli intensi prelievi idrici dal sottosuolo";

– tali prelievi sono effettuati dalle cave, le quali – al fine di rinvenire il travertino di migliore qualità – pompano l’acqua termale e poi la disperdeno;

– in data 3 luglio 2008 la soc. A.A. ha effettuato un accesso agli atti del Comune di Guidonia per conoscere i titoli autorizzatori in forza dei quali viene effettuata l’escavazione;

– si è così avuta conoscenza del rilascio, tra il 2002 ed il 2003, da parte della Regione di autorizzazioni per l’apertura di ben tre nuove cave, tra cui vi è quella a favore della T.P., a cui è successivamente subentrata la soc. coop. Q.R. su provvedimento del Comune di Guidonia.

Avverso tali provvedimenti i ricorrenti insorgono deducendo i seguenti motivi di impugnativa:

I – CONTRADDITTORIETA’. IRRAGIONEVOLEZZA. L’autorizzazione in favore della T.P. è dell’ottobre 2002. L’autorizzazione al subentro in favore della Q.R. è del 2004. "A quella data i fenomeni di subsidenza si erano già manifestati" ed erano noti. Anche la connessione con il progressivo svuotamento della falda era certa. Ne è prova il verbale della Commissione Regionale Consultiva n. 12 del 15 aprile 2003. L’Amministrazione non ha, dunque, tenuto in alcun conto i rischi connessi all’attività estrattiva.

II – DIFETTO DI ISTRUTTORIA. Non risulta da alcuno dei provvedimenti impugnati che siano stati oggetto di considerazione elementi relativi all’assetto idrogeologico della zona, alle conseguenze dell’aumentato prelievo dalla falda acquifera ed ai fenomeni di subsidenza. E questo anche se le amministrazione "erano, alla data di adozione dei provvedimenti, pienamente a conoscenza della situazione".

III – ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO SOTTO IL PROFILO DELLO SPRECO DI DANARO PUBBLICO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO SOTTO IL DIVERSO PROFILO DELLA DISPERSIONE DEI BENI DEL PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLA REGIONE. Per fronteggiare i problemi di subsidenza del terreno è stato costruito un costoso sistema di pozzi condotta, diretto a captare parte dell’acqua dispersa dalle cave e reimmetterla nel bacino principale della zona, ma si tratta di un mero palliativo. In tal modo si impegnano risorse pubbliche nella costruzione di un sistema inutile. Tenuto conto che l’acqua termale è una risorsa mineraria che fa parte del patrimonio indisponibile della Regione, con il rilascio dei provvedimenti impugnati è stata totalmente pretermessa la tutela di quest’ultimo.

IV – VIOLAZIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE E ALL’ABITAZIONE.

Con atto depositato in data 10 novembre 2008 si è costituita la Regione Lazio, la quale – nel prosieguo e precisamente in data 4 febbraio 2010 ed in data 12 febbraio 2010 – ha prodotto rispettivamente documenti ed una memoria, con la quale ha rappresentato quanto segue: – "l’abbassamento della falda situata tra il territorio dei Comuni di Tivoli e Guidonia è da imputarsi in primo luogo a fenomeni naturali, quali ad esempio la ridotta piovosità degli ultimi anni, ed in secondo luogo agli emungimenti delle attività termali, di cava, cartiere etc."; – gli emungimenti dell’acqua da parte delle attività estrattive avviene solo per motivi logistici; – è stato comunque affidato al C.E.R.I. dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" l’incarico di redigere uno studio in grado di definire, tra l’altro, l’interferenza tra gli emungimenti in atto e le diverse attività, per poi predisporre tutte le misure a salvaguardia della falda ed a difesa delle attività; – in base alla relazione predisposta, risultano proposte una serie di azioni, tra cui il completamento dei pozzi e la proroga delle concessioni alle attività estrattive per un determinato periodo; – "dagli studi fino ad oggi effettuati sul bacino minerario di Tivoli e Guidonia si evince che le falde sotterranee…. sono due… una profonda.. l’altra superficiale, meno mineralizzata"; – "a causa di alcune fratture… la falda mineralizzata, in pressione, risale miscelandosi con quella superficiale"; – le cave attingono alla falda superiore e, dunque, non necessitano di alcuna concessione regionale.

A seguito del deposito di documenti in data 4 febbraio 2010, i ricorrenti hanno prodotto in data 13 febbraio 2010 una memoria, il cui contenuto può essere così sintetizzato: – l’acqua dispersa dalle cave è acqua termale, atteso che "la falsa, in pratica, è unica"; – ciò risulta dalla tabella riportata a pag. 16 della Relazione del CERI, la quale rileva che tra le acque soggette ad esame le differenze tra i dati relativi alla temperatura dell’acqua ed ai minerali disciolti sono minime; – l’identica natura delle acque si trae anche dalla relazione del Prof. Bono dell’1 luglio 2007 e dal colore che caratterizza le acque; – ciò detto, è evidente che le amministrazioni resistenti non possono autorizzarne la dispersione e, comunque, dovevano assumere iniziative a tutela del territorio e dell’ambiente e non, invece, rilasciare provvedimenti che mettono a rischio l’esistenza di una risorsa primaria.

In esito a specifiche richieste dei ricorrenti, formulate in data 6 febbraio 2010 ed in data 11 febbraio 2010, con ordinanza presidenziale n. 22 del 3 marzo 2010 è stata disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso al Comune di Guidonia Montecelio.

Con atto prodotto in data 22 aprile 2010 si è costituita la società coop. Q.R., subentrata alla T.P. nell’attività di coltivazione della cava autorizzata con il DCR Lazio n. 129 del 23 ottobre 2002.

Con atto depositato in data 1 ottobre 2010 si è costituito il Comune di Guidonia Montecelio, contestando – nel contempo – le censure sollevate attraverso i seguenti argomenti: – l’autorizzazione all’esercizio di nuova cava risale al 2002 ed è stata rilasciata nel rispetto delle prescrizioni di legge; – le autorizzazioni di subentro in seguito adottate (nel 2004 a favore della soc.coop, Q.R. e in data 26 febbraio 2010 a favore della B. s.r.l.) non richiedevano la presentazione di ulteriori e diversi studi progettuali, consistendo soltanto in una variazione del soggetto titolare dell’atto autorizzativo; – all’epoca del rilascio, nel 2009, del provvedimento di proroga, è stata commissionata un’apposita indagine geologica, i cui risultati non hanno palesato la necessità di ulteriori prescrizioni, stante la presenza di due falde, nettamente separate; – come si desume anche dalla sentenza del TAR Lazio n. 6937/2010, passata in giudicato, gli accertamenti effettuati non indicano, quale soluzione unica ed obbligata del problema della subsidenza, la riduzione ovvero l’eliminazione dell’attività di cava.

In data 21 ottobre 2010 la soc. coop. Q.R. ha prodotto documenti.

2. Rispettivamente in data 25 ottobre 2010 e in data 27 ottobre 2010, il Comune di Tivoli e la società A.A. hanno autonomamente prodotto "motivi aggiunti" per chiedere ed ottenere l’annullamento dei seguenti provvedimenti:

– la DCR Lazio n. 129/SB PRO/AC dell’1 dicembre 2009, con cui è stata disposta la proroga dell’autorizzazione all’esercizio di nuova cava inizialmente impugnata, "nella parte in cui consente il pompaggio e la dispersione dell’acqua termale";

– l’atto n. 129/2 SUBPRO/AC del 26 febbraio 2010, con cui la B. s.r.l. è stata autorizzata al subentro e prosecuzione dell’attività di coltivazione di cava.

A tali fini deducono i seguenti motivi di diritto:

ECCESSO DI POTERER PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA ED ERRONEITA" DEI PRESUPPOSTI. CONTRADDITTORIETA’. IRRAGIONEVOLEZZA. La proroga dell’autorizzazione, disposta per il periodo massimo di cinque anni, è stata concessa nonostante "l’ormai acquisita certezza che l’attività estrattiva è la causa principale dello svuotamento della falda". Ciò risulta dalla relazione del CERI del 23 marzo 2009, da cui si evince che la falda acquifera che alimenta il bacino della A.A. è unica. Ne è prova, poi, il verbale della Commissione Regionale Consultiva n. 12 del 15.4.2003, già prodotto agli atti, nonché la "scheda litotipi di interesse estrattivo dedicata al travertino, allegata alla proposta di PRAE’. Ciò conferma l’assoluta illegittimità dei provvedimenti impugnati per i vizi denunciati. E’ anche mancato un effettivo controllo sull’aderenza dell’attività a suo tempo autorizzata alla situazione attuale.

IRRAZIONALITA’. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO SOTTO IL PROFILO DELLO SPRECO DI DENARO PUBBLICO E SOTTO IL PROFILO DELLA DISPERSIONE DEI BENI PUBBLICI, a causa della realizzazione di un sistema artificiale di "ripascimento della falda" – attraverso i pozzi condotta – del tutto inutile e della mancata garanzia dell’uso effettivo ed efficiente dell’acqua termale, "patrimonio indisponibile della Regione".

VIOLAZIONE ART. 7, L. 241/90.

In data 29 ottobre 2010 la soc.coop. Q.R. ha prodotto una memoria, il cui contenuto può essere così sintetizzato: – il ricorso è irricevibile per carenza di interesse, in quanto l’acqua di risulta dell’attività estrattiva è acqua comune, proveniente dalla falda superficiale, in alcun modo assimilabile alle acque albule, oggetto della concessione dei ricorrenti. In ogni caso, l’autorizzazione alla coltivazione della cava è del tutto autonoma – anche sotto il profilo amministrativo – rispetto a quella afferente le acque termali; – il ricorso è tardivo, posto che la piena conoscenza del provvedimento è dimostrabile anche per presunzione in tutti i casi in cui – come quello in esame – sussista un’evidenza fisica scaturente dal provvedimento ampliativo. Nel caso di specie, l’avvenuta conoscenza della situazione denunciata è riconducibile almeno al 2005; – il ricorso è, poi, inammissibile per difetto di giurisdizione, perché le censure vantate dai ricorrenti investono la tutela del diritto di sfruttamento delle acque e, dunque, esulano il rapporto concessorio; – il ricorso è infondato, in quanto l’attività di escavazione interferisce esclusivamente con la falda superficiale, non è prodotta documentazione che provi l’obbligo per l’Amministrazione di impedire l’attività de qua (stante l’andamento cronologico dei provvedimenti, il quale dimostra che solo a partire dal 2005 si manifestò un riferimento alla supposta incidenza delle acque superficiali con la subsidenza, comunque inidoneo a supportare un’effettiva irragionevolezza dell’operato dell’Amministrazione, così come riconosciuto dal TAR con la sentenza n. 6937/2010); – in relazione ai motivi aggiunti, ricorre la necessità della fissazione di una nuova udienza, con i relativi termini.

Con atto depositato in data 30 ottobre 2010 si è costituita la B. s.r.l..

Il successivo 17 dicembre 2010 la medesima società ha prodotto una consulenza tecnica.

In data 20 dicembre 2010 i sig. M. e N.P. e M.S. – in quanto usufruttuari il primo ed il terzo e nudo comproprietario il secondo dell’area interessata dall’attività estrattiva – hanno prodotto atto di intervento ad opponendum.

A seguito del deposito di documenti, in data 27 dicembre 2010 la società A.A. ha prodotto una memoria, sostenendo la tempestività del ricorso per l’impossibilità di conoscere – in carenza dei documenti – la lesività dell’attività espletata nonché – in termini generali – l’ammissibilità dello stesso.

In medesima data la B. s.r.l. ha depositato una memoria, con la quale ha opposto – in sintesi – che: – il ricorso è tardivo, atteso che – come rilevato dal C.d.S. nell’ordinanza n. 4524/2010 di sospensione della sentenza n. 10905/2010, di definizione del ricorso n. 9974/2008, del pari proposto da Comune di Tivoli ed A.A. avverso un altro provvedimento di autorizzazione all’attività di cava – la pubblicazione nel Bollettino degli annunzi legali è idoneo a far decorrere il termine di impugnazione per i soggetti non direttamente contemplati nel provvedimento; – anche per i rilievi già formulati del TAR nella sentenza n. 6937/2010, il ricorso è infondato.

In pari data gli intervenienti hanno prodotto una memoria, sostenendo l’inammissibilità del ricorso sotto svariati profili nonché l’infondatezza di quest’ultimo.

In data 5 gennaio 2011 la soc. A.A. ha depositato note di replica, sostenendo – in particolare – che i rilievi del Consiglio di Stato, riportati nella sopra indicata ordinanza, non valgono per i motivi aggiunti, recanti un nuovo mandato e idonei a valere – se del caso – come ricorso autonomo.

Con memorie di replica depositate in medesima data, le società Q.R. e B. hanno ribadito le eccezioni di inammissibilità già formulate nonché insistito sulla legittimità dei provvedimenti impugnati.

3. Il ricorso è stato introitato per la decisione alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011.
Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di poter soprassedere sulle eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità sollevate in quanto il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

2. Come esposto nella narrativa che precede, con l’atto introduttivo del presente giudizio i ricorrenti impugnano la deliberazione del Consiglio Regionale 23 ottobre 2002, n. 129, con la quale la T.P. è stata autorizzata all’esercizio di una nuova cava di travertino in Loc. Le Fosse nel territorio del Comune di Guidonia, nonché l’autorizzazione DCR Lazio 129/SUB/AC del 14 luglio 2004, con cui il Comune di Guidonia ha autorizzato la soc.coop. Q.R. al subentro e prosecuzione dell’attività di coltivazione della cava della soc. T.P..

Ai fini dell’annullamento deducono eccesso di potere sotto svariati profili.

Tali censure sono infondate per i motivi che seguono.

2.1. In primis, il Collegio non ravvisa "contraddittorietà" ed irragionevolezza" nell’azione amministrativa.

In particolare, non rileva elementi che comprovino – alla data in cui il provvedimento di autorizzazione all’esercizio della nuova cava è stato rilasciato, l’unico di effettiva rilevanza in questa sede – la necessità di prescrivere "limiti di scavo", né – più in generale – elementi che rivelino carenze dell’Amministrazione sotto il profilo della valutazione dei "rischi connessi all’attività estrattiva".

A differenza dei ricorsi n. 9971/2008 e n. 9974/2008, definiti con sentenze nn. 11872 del 15 maggio 2010 e 10905 del 12 maggio 2010, va, infatti, osservato che:

– l’invocato verbale della Commissione Regionale consultiva n. 12 risale alla data del 15 aprile 2003, ossia è stato reso in epoca successiva alla data di adozione del provvedimento de quo;

– come risulta dalla documentazione agli atti e per stessa ammissione dei ricorrenti (vedasi, tra l’altro, pag. 5 dei motivi aggiunti), non emergono elementi per affermare che nel 2002 i fenomeni di subsidenza del terreno e le cause danti origine a quest’ultimi costituissero una circostanza ormai "nota", da tenere doverosamente in considerazione. Ciò trova, del resto, conferma nella constatazione che gli stessi ricorrenti – a supporto della censura in esame – si limitano a richiamare il verbale n. 12 di cui sopra.

Quanto già osservato vale anche al fine di affermare che il provvedimento di autorizzazione in esame è stato sì adottato sulla base di documentazione risalente nel tempo – in particolare, la relazione geologica è datata 29 settembre 1997 – ma tale circostanza non può condurre a riscontrare l’illegittimità del provvedimento stesso, atteso che – a differenza degli altri casi esaminati – non sussistono o, comunque, non risultano addotti dati concreti idonei ad attestare la "conoscibilità" da parte dell’Amministrazione – al momento del provvedere – di un’intervenuta modificazione della situazione di fatto, presupposto dell’agire.

In sintesi, non sussiste la denunciata contraddittorietà ed irragionevolezza.

2.2. I ricorrenti denunciano, tra l’altro, difetto di istruttoria in quanto sostengono che "non risulta da alcuno dei due provvedimenti impugnati che elementi di valutazione fondamentali quali quelli relativi all’assetto idrogeologico della zona, alle conseguenze dell’aumentato prelievo della falda acquifera, ai fenomeni di subsidenza siano stati minimamente considerati".

Anche tale censura non è meritevole di condivisione, posto che – a differenza di quanto affermato dai ricorrenti – non sono riscontrabili elementi che comprovino che, alla data di adozione del provvedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività di cava (l’unico, come già detto, di rilevanza in questa sede, atteso che l’autorizzazione al subentro trae origine da valutazioni che non investono e, dunque, sono estranee all’assetto idrogeologico della zona), le Amministrazioni fossero "pienamente a conoscenza della situazione", in modo da poter prevedere "le conseguenze dell’ulteriore emungimento di acqua dalla falda".

2.3. I ricorrenti si dolgono, poi, della violazione del principio del buon andamento sotto il profilo dello spreco pubblico, adducendo che – per fronteggiare i problemi di subsidenza – "è stato costruito un costoso sistema di pozzi condotta", il quale costituisce un semplice "palliativo".

Orbene, tale circostanza non può incidere sulla legittimità del provvedimento di autorizzazione impugnato e, dunque, sulla successiva autorizzazione al subentro.

Al riguardo, va osservato che:

– i ricorrenti non precisano l’epoca in cui tale sistema è stata realizzato;

– la documentazione agli atti induce, comunque, a ritenere che la realizzazione di tali pozzi sia successiva all’adozione dei provvedimenti in esame e, precisamente, risalga al 2006.

Ciò detto, la circostanza in esame si rivela del tutto inidonea a dimostrare il cattivo esercizio del potere, il quale – come noto – si fonda sul principio del tempus regit actum.

2.4. Per quanto riguarda, invece, l’esigenza di tutela dell’acqua termale e la violazione della salute e dell’abitazione, non può che ribadirsi – in linea con quanto già affermato dalla Sezione nella sentenza n. 6937 del 2010, riguardante la medesima materia – che:

– non sole le cave ma anche le terme costituiscono attività di cui è stata riconosciuta un’incidenza sul regime delle acque mineralizzate;

– ciò detto, è solo attraverso l’attività amministrativa che può svolgersi – sulla base della selezione, ponderazione e comparazione degli interessi – quel giudizio di "prevalenza" ovvero "equivalenza degli interessi pubblici e privati in gioco, del quale – allo stato – non è tuttavia possibile al giudice amministrativo sindacare se non l’intrinseca coerenza e ragionevolezza";

– la documentazione in atti rivela che, al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati (come anche, del resto, in epoca successiva), né la Regione, né il Comune disponevano di dati scientifici idonei a supportare le soluzioni ipotizzate da parte ricorrente, sicché non sussistono elementi per affermare la sussistenza delle violazioni denunciate.

2.5. In conclusione il ricorso introduttivo del presente giudizio è infondato.

3. Con i motivi aggiunti, i ricorrenti impugnano la DCR Lazio n. 129/SB PRO/AC dell’1 dicembre 2009, con cui è stata disposta la proroga dell’autorizzazione all’esercizio della nuova cava già in precedenza impugnata, nonché l’atto n. 129/2 SUB PRO/AC di autorizzazione della B. S.r.l. al "subentro ed attività di coltivazione della cava".

Ai fini dell’annullamento denunciano i vizi di eccesso di potere sotto svariati profili (in particolare, difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, contraddittorietà, irragionevolezza, violazione del principio del buon andamento sotto il profilo dello spreco di denaro pubblico e della dispersione di beni pubblici) e violazione di legge per violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90.

Tali censure sono prive di giuridico pregio per i motivi di seguito esposti.

3.1. In relazione al vizio di eccesso di potere, la Sezione ritiene di non discostarsi dall’orientamento già assunto con la sentenza n. 6937/2010 e, pertanto, ribadisce che:

– a seguito dei fenomeni di subsidenza richiamati nella parte in fatto, con d.P.C.M. 29 settembre 2006 è stato dichiarato lo "stato di emergenza…. nel territorio dei Comuni di Guidonia Montecelio e Tivoli in Provincia di Roma", poi prorogato sino al 31 luglio 2010 con d.P.C.M. 22 gennaio 2010;

– in tale contesto emergenziale il Soggetto attuatore, con ordinanza n. 1 del 15 febbraio 2007, ha imposto, alle attività estrattive, il limite di scavo di 30 mt. di profondità;

– alcune delle iniziative poste in essere al fine di fronteggiare l’emergenza (in particolare, la realizzazione dei pozzicondotta) sono state frutto di un "protocollo di intesa" tra il Dipartimento della Protezione Civile, la Regione Lazio, i Comuni interessati ed i rappresentanti delle attività estrattive;

– le conclusioni rassegnate in data 23 marzo 2009 dal Centro di Ricerca C.E.R.I. dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" – incaricato, in convenzione con la Regione Lazio, del compito di effettuare indagini di tipo geologico, geotecnico ed idrogeologico e di delimitare "le aree di protezione igienico – sanitarie delle sorgenti" delle Terme di Tivoli – dimostrano, poi, che la riduzione ovvero l’eliminazione dell’attività di cava non costituisce soluzione univoca e obbligata dei fenomeni denunciati;

– preso doverosamente atto dell’incidenza sul territorio e sulle risorse naturali delle contrapposte attività in rilievo, ossia le "terme" e le "cave", si perviene alla conclusione – come, del resto, già in precedenza rilevato – che solo attraverso l’attività amministrativa "può svolgersi, attraverso la selezione, ponderazione e comparazione degli interessi, quel giudizio di "prevalenza" ovvero "equivalenza" degli interessi pubblici e privati in gioco, del quale, allo stato, non è tuttavia possibile sindacare se non l’intrinseca coerenza e ragionevolezza";

– nel caso di specie, non risulta che la Regione Lazio ed il Comune di Guidonia Montecelio fossero in possesso di "incontrovertibili dati scientifici tali da condurre, univocamente e inevitabilmente, alle soluzioni radicali ipotizzate da parte ricorrente".

In ragione di tale constatazione, i dedotto rilievi di illegittimità sono infondati.

3.2. Per quanto attiene alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, il Collegio ritiene di limitarsi ad osservare che le Amministrazioni resistenti hanno dimostrato che il contenuto dei provvedimenti impugnati – tenuto anche conto della disciplina che regolamenta la materia – "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Come ormai noto, a ciò consegue l’inidoneità dei vizi di procedura – qual è la violazione dell’art. 7 in esame – o di forma a determinare l’annullamento dei provvedimenti in questione, a norma dell’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990.

4. In conclusione, il ricorso va respinto.

In ragione delle peculiarità della vicenda, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 9972/2008, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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