Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-04-2011) 21-04-2011, n. 15824

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 9.4.10 la Corte d’Appello di Palermo confermava la condanna emessa il 6.4.09 dal Tribunale di Termini Imerese nei confronti di P.R.F. per il delitto di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 c.p., n. 11.

Il P. ricorreva personalmente contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a) lacunosità della motivazione per relationem adottata dai giudici del gravame;

b) violazione della legge penale laddove la Corte territoriale aveva nominato al prevenuto un difensore d’ufficio senza sceglierne il nominativo dall’apposito elenco e dal relativo turno di reperibilità. 1- Il ricorso è inammissibile.

In ordine al motivo che precede sub a) si tenga presente che la motivazione per relationem è perfettamente consentita allorquando – come avvenuto nel caso di specie – svolga una funzione integrativa di un provvedimento già conosciuto o conoscibile dalla parte (cfr.

Cass. Sez. 5^ n. 11191 del 12.2.2002, dep. 19.3.2002: nella specie, si trattava della sentenza di primo grado, ben conosciuta dal P. che, appunto, l’ha impugnata), inserendosi in un contesto che disattende i motivi di gravame con un richiamo ad accertamenti e ad argomenti contenuti nella statuizione di prime cure.

2- Il motivo che precede sub b) è manifestamente infondato perchè, per costante giurisprudenza di questa S.C. da cui non v’è motivo di discostarsi, la nomina ex officio di altro difensore immediatamente reperibile, ma non iscritto nell’apposito elenco predisposto dal Consiglio dell’Ordine forense, per il caso di assenza del difensore di ufficio o di fiducia originariamente designato, non è causa di nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3^ n. 5496 del 2.12.08, dep. 9.2.09).

3- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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