T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 19-04-2011, n. 3457 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo censure di violazione ed eccesso di potere sotto diversi profili, evidenziando quanto di seguito esposto.

Nel 2009 la Regione Lazio, dopo aver approvato il masterplan regionale dei servizi per il lavoro 20072013 ed il programma attuativo regionale FAS 20072013 con i contenuti di programmazione strategica, approvava il programma esecutivo presentato da L. SpA (Attività 5 FAS) "Sistema informativo di qualità del mercato del lavoro", ivi compreso lo schema di convenzione tra Regione e LAot SpA per la realizzazione del programma, provvedendo alla copertura finanziaria ed al relativo impegno di spesa. Nello studio di fattibilità del sistema informativo predetto era prevista l’organizzazione e la gestione di un servizio di Contact Center regionale per la fornitura di informazioni e consulenza in materia di politiche per il lavoro della Regione Lazio. Tale Contact Center doveva essere costituito da un Call Center e da una redazione web specializzata, fra loro integrati, per la durata di 24 mesi. Il CdA di L. SpA autorizzava, pertanto, l’amministratore delegato della Società medesima ad indire una gara ad evidenza pubblica mediante procedura aperta volta alla realizzazione del Contact Center Regionale del Lavoro per un importo a base d’asta pari ad Euro 2.800.000,00 oltre IVA.

Con determinazione dell’A.D. era indetta la gara e approvati il bando, il capitolato d’oneri, il disciplinare di gara, la tabella dei criteri di aggiudicazione. Il bando di gara era pubblicato sulla G.U.R.I. n. 113/2009.

La G.C. SpA – Società specializzata nella organizzazione e gestione di sistemi informatizzati e, specificamente, di specialistici call center – presentava domanda di partecipazione e risultava prima classificata. In data 19.7.2010, con verbale n. 21/2010 prot. L. 7358 del 29.7.2010, la gara le era provvisoriamente aggiudicata, come confermato in sede di controllo dei verbali e delle offerte tecnicoeconomiche dal verbale 30.8.2010 prot. L. n. 7592 del 30.8.2010.

Tuttavia, invece di procedere alla aggiudicazione definitiva, con lettera inviata via fax del 23.9.2010 n. 8441, la L. SpA comunicava a G.C. SpA la revoca della procedura di gara in oggetto. A seguito di accesso agli atti, la ricorrente acquisiva la nota della Regione Lazio – Direzione Regionale Formazione e Lavoro – del 10.9.2010 e la determinazione di revoca impugnata.

Ritenendo illegittima la revoca della procedura di gara e gli atti presupposti e conseguenti, la G.C. SpA ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio.

La L. L.I.E.T. S.p.A. si è costituita in giudizio ed ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.

La Regione Lazio, invece, non si è costituita in giudizio.

Con successive memorie le parti costituite hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.

All’udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente, il Collegio rileva che, come eccepito dalla ricorrente, la L. SpA ha depositato tardivamente alcuni documenti (il 4.3.2011) e memorie (il 914.3.2011), oltre i termini di cui al combinato disposto degli artt. 120, comma 3, 119, comma 2 e 73, comma 1, c.p.a..

Pertanto, di tali atti il Collegio non tiene conto ai fini della decisione della causa, così come non terrà conto delle considerazioni espresse nella memoria di replica della ricorrente depositata tardivamente il 12.3.2011.

2. Ciò posto, vanno individuate le domande proposte dalla ricorrente.

2.1. La G.C. SpA ha chiesto, anzitutto, l’annullamento degli atti indicati in epigrafe in base ai seguenti motivi di ricorso:

I) Violazione degli art. 11 e ss. del d.lgs. n. 163/2006; Difetto dei presupposti di fatto e di diritto; Difetto di motivazione; Violazione del principio del buon andamento della PA. Il comma 5 dell’articolo 11 del codice dei contratti pubblici stabilisce che la stazione appaltante, previa verifica dell’aggiudicazione provvisoria, ai sensi del successivo articolo 12, provvede all’aggiudicazione definitiva. L’articolo 12, relativo ai controlli sulle procedure di affidamento, prevede che l’aggiudicazione provvisoria è soggetta all’approvazione dell’organo competente secondo l’ordinamento delle amministrazioni aggiudicatrici ovvero degli altri soggetti aggiudicatari. Decorsi 30 giorni dal ricevimento dell’aggiudicazione provvisoria da parte dell’organo competente, in ogni caso, questa si intende approvata. Nella fattispecie, come si ricava dalla determinazione presidenziale di revoca/annullamento della gara ad evidenza pubblica de quo, con il verbale n. 21 del 19.7.2010 (prot. L. n. 7328 del 29.7.2010) la Commissione giudicatrice ha aggiudicato provvisoriamente la gara alla GEPIN Contac SpA. Decorso oltre un mese, con verbale di controllo sulla detta aggiudicazione provvisoria (verbale UO Gare e Contratti del 30.8.20l0) è stata attestata la conformità dei verbali della Commissione e delle offerte tecnico economiche. La L. S.p.A., organismo di diritto pubblico (stante la prevalenza del capitale e dei soci pubblici nello stesso) avrebbe dovuto procedere all’aggiudicazione definitiva. Ciò non è accaduto in ragione della determinazione di revoca impugnata. Ma la revoca è illegittima in quanto non espressamente giustificata da concrete ragioni di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione della gara. Nel provvedimento impugnato, infatti, non sono esposte ed evidenziate le sopraggiunte mutate esigenze dell’ente, da porre a giustificazione dell’adozione del provvedimento; nulla si dice in relazione a situazioni verificatesi dopo l’aggiudicazione provvioria ed il suo controllo di conformità, che rendano inopportuna la prosecuzione della procedura. Né viene indicato l’interesse pubblico al quale la revoca offrirebbe tutela. Inoltre, è assente la valutazione della posizione del privato e dell’affidamento dello stesso.

II) Ulteriore difetto di motivazione derivante dalla ininfluenza e insufficienza della richiamata nota della Direzione Regionale Formazione e Lavoro della Regione Lazio del 10.9.2010. La revoca della procedura ad evidenza pubblica va considerata illegittima per difetto di motivazione anche ove si ritenesse che la L. abbia motivato la propria scelta per relationem rispetto alla nota regionale indicata. Infatti, la Stazione appaltante ha fatto proprie le circostanze evidenziate dalla Regione senza compiere, come avrebbe dovuto fare, valutazioni proprie. In ogni caso, neanche la citata nota regionale può considerarsi esaustiva sotto il profilo motivazionale della revoca, poiché la nota è a firma del dirigente dell’Area Formazione e Lavoro e della dirigente vicaria della Direzione Regionale Formazione e Lavoro e, pertanto, di soggetti aventi il potere di esternare determinazioni dagli stessi assunte, ma non autorizzati ad esprimere indirizzi o richieste alla Società L.. La nota, inoltre, è generica, priva della esposizione di concrete situazioni di fatto sopraggiunte, priva dell’esposizione delle ragioni di tutela di un concreto ed attuale interesse pubblico da preservare, sicchè, in ogni caso, non costituirebbe neanche de relato la motivazione richiesta a supporto di una legittima determinazione di revoca. La nota, infatti, fa riferimento a generici "indirizzi assessorili" non meglio indicati ed afferma, altrettanto genericamente, che si sono determinate le condizioni per procedere alla realizzazione del Contact Center senza ricorrere alla sua completa esternalizzazione.

III) Violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 ed, in subordine, violazione del principio del preavviso della autotutela all’aggiudicatario provvisorio. La G.C. SpA non ha ricevuto alcuna comunicazione di apertura del procedimento di revoca. Le è stata inviata solo la comunicazione del 23.9.2010 prot. 8441 del Presidente della L. S.p.A. della revoca della procedura di gara. Nel presente caso, stante la natura del potere discrezionale di revoca per motivi di opportunità, rispondeva ad ineludibili principi di buon andamento e di tutela dell’affidamento del privato procedere alle valutazioni del caso in contraddittorio.

IV) Difetto di istruttoria. La revoca non è stata preceduta da alcuna istruttoria al fine di verificare la sussistenza delle supposte ragioni legittimanti. Né a tal fine risulta idoneo atto istruttorio la nota delle strutture aziendali di L. US Affari Legali, Gare e Contratti e Direzione Progetti di contenuto ignoto, non rilasciata in sede di accesso, in quanto atto interno.

V) Violazione dei principi di cui alla legge n. 241/1990 e, in subordine, nullità della clausola VI.3 del bando di gara. Il bando di gara al punto VI.3 impugnato, prevede che l’amministrazione aggiudicatrice si riserva la facoltà di sospendere, modificare, annullare, revocare la procedura di gara a proprio insindacabile giudizio, senza che gli offerenti possano esercitare alcuna pretesa a titolo risarcitorio o di indennizzo. Tale clausola del bando è illegittima sia perché non è consentito alla Stazione appaltante adottare provvedimenti insindacabili quali atti di annullamento o revoca della procedura ad evidenza pubblica (visti i principi stabiliti dalla legge n. 241/90 e l’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo), sia in quanto non è consentito prevedere l’impossibilità di pretendere il risarcimento del danno o l’indennizzo in conseguenza del provvedimento di autotutela esercitato.

2.2. Affermata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, la ricorrente ha avanzato domanda di risarcimento dei danni patiti a seguito della revoca della procedura di gara.

In primo luogo, è stato chiesto il risarcimento danni in forma specifica.

Riferendosi la revoca a motivi di inopportunità e non a ragioni di illegittimità della procedura, il suo annullamento comporta l’effetto ripristinatorio degli atti di gara, ivi compresa l’aggiudicazione provvisoria sottoposta già a positivo controllo di legittimità. Il risarcimento del danno in forma specifica, in sostanza, si riferisce all’aggiudicazione definitiva che, ai sensi dell’art. 12 d.lgs. n. 163/2006, una volta superato il controllo di legittimità, è conseguente all’aggiudicazione provvisoria.

2.3. In subordine, la ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente rilevando che 1’adozione di un illegittimo atto di revoca ha comportato la violazione dei principi di buona fede, di lealtà e di correttezza che debbono presiedere allo svolgimento delle trattative precontrattuali.

Essendo stato illegittimamente violato l’affidamento della G.C. SpA all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, il pregiudizio da risarcire attiene, a parere della ricorrente, alle seguenti voci di danno:

a) al rimborso delle spese inutilmente sopportate nel coso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto pari a Euro 8.176,00 per spese di personale impiegato per consulenza ed Euro 224,00 per spese vive di fideiussione;

b) al ristoro della perdita di ulteriori occasioni di stipulazione di contratti, avendo G.C. SpA rinunciato alla partecipazione alle gare (come da elenco allegato al ricorso), stante l’impegno derivante dalla gestione dell’appalto in oggetto pari ad Euro 300.000,00 (3% del totale);

c) al mancato utile da liquidarsi in via equitativa nella percentuale del 10% dell’ammontare dell’offerta e, pertanto, Euro 166.668,00;

d) alle spese per penali per tardiva cancellazione degli ordini di acquisto dell’infrastruttura necessaria (30% di 122.000,00 = 36.600,00) e dell’impegno di assunzione del personale in sostituzione degli specialisti attualmente al Ministero del Welfare offerti in gara (7% di 1.918.224,00 = 134.275,68).

In sostanza, la ricorrente afferma che il danno da risarcire ammonta a complessivi euro 645.941,68, ma ammette la possibilità di liquidarlo anche in via equitativa.

2.4. In ulteriore subordine, qualora si dovesse accertare la legittimità della revoca della procedura ad evidenza pubblica, la ricorrente chiede il riconoscimento di un congruo indennizzo, ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, da liquidare nella misura del 50% rispetto all’importo richiesto a titolo risarcitorio ammettendo, tuttavia, la possibilità di liquidarlo in via equitativa.

3. La L. SpA si è difesa in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dalla parte ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

4. Il Collegio – sulla base dell’esame della disciplina applicabile alla fattispecie e di quanto emerge dalla documentazione prodotta in giudizio – ritiene che il ricorso sia fondato in parte, per le ragioni di seguito indicate.

4.1. In primo luogo, vanno disattese le considerazioni della parti circa l’avvenuta comunicazione o meno del provvedimento di aggiudicazione provvisoria, in quanto per valutare l’affidamento della concorrente ed il consolidamento della propria posizione ciò che assume particolare rilievo è che il provvedimento si sia perfezionato, a prescindere dall’adempimento consistente nella successiva comunicazione.

Ciò posto, occorre valutare se all’aggiudicazione provvisoria abbia fatto seguito o meno un provvedimento di aggiudicazione definitiva, seppure tacita, ai sensi dell’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 163/2006. In sostanza, va ponderata la posizione giuridica vantata dalla ricorrente nel momento in cui è stata disposta la revoca della procedura di gara, considerate le conseguenze di carattere procedimentale e indennitario (di cui si dirà più avanti) che derivano dal consolidamento delle situazioni giuridiche a mano a mano che la procedura di gara si sviluppa e si conclude con il provvedimento finale.

La ricorrente, in sostanza, con il primo motivo di ricorso ha affermato che nella fattispecie si sarebbe concretizzato un provvedimento di aggiudicazione definitiva tacita, in applicazione di quanto stabilito dall’articolo 12, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006.

La L. SpA contesta che nella fattispecie si sia formato un provvedimento tacito di aggiudicazione definitiva in quanto la Società è dotata di un "ordinamento" interno (la procedura di Gestione gare nazionali e comunitarie PG 03 rev. L) che descrive dettagliatamente le fasi ed i controlli sugli atti delle procedure di affidamento. Tale procedura non si era ancora conclusa nel momento in cui è intervenuta la revoca e, quindi, si deve ritenere che al momento della revoca non si era formato alcun provvedimento tacito di aggiudicazione definitiva.

Al riguardo, il Collegio osserva che il quinto comma dell’articolo 11 del codice dei contratti pubblici stabilisce che "la stazione appaltante, previa verifica dell’aggiudicazione provvisoria ai sensi dell’articolo 12, comma 1, provvede all’aggiudicazione definitiva". Le modalità ed i tempi attraverso i quali giungere al perfezionamento dell’aggiudicazione definitiva sono stabiliti dall’articolo 12, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale prevede che "L’aggiudicazione provvisoria è soggetta ad approvazione dell’organo competente secondo l’ordinamento delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori, ovvero degli altri soggetti aggiudicatori, nel rispetto dei termini previsti dai singoli ordinamenti, decorrenti dal ricevimento dell’aggiudicazione provvisoria da parte dell’organo competente. In mancanza, il termine è pari a trenta giorni. Il termine è interrotto dalla richiesta di chiarimenti o documenti, e inizia nuovamente a decorrere da quando i chiarimenti o documenti pervengono all’organo richiedente. Decorsi i termini previsti dai singoli ordinamenti o, in mancanza, quello di trenta giorni, l’aggiudicazione si intende approvata".

In sostanza, per verificare cosa sia avvenuto nel caso concreto occorre: 1) verificare se la L. SpA abbia un ordinamento interno che disciplina questa fase; 2) accertare se tale eventuale disciplina speciale preveda un termine diverso per l’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria, rispetto a quello di 30 giorni fissato dal citato articolo 12; 3) stabilire, in base a tale eventuale disciplina speciale, quale sia l’organo competente ad approvare l’aggiudicazione definitiva ed in quale momento, nel caso concreto, gli atti relativi all’aggiudicazione provvisoria gli siano stati trasmessi.

Al riguardo, la L. SpA ha affermato e documentato di essersi dotata di una procedura di Gestione gare nazionali e comunitarie PG 03 rev. L, che prevede e descrive le fasi ed i controlli sugli atti delle procedure di affidamento, pur non prevedendo termini diversi da quello indicato all’articolo 12 del codice dei contratti pubblici.

In realtà, tale procedura risulta essere stata adottata allo scopo di prevenire i reati di cui al D.lgs. n. 231/2001, ma (anche tenendo conto dell’assenza di contestazioni di controparte al riguardo), tenuto conto del tenore e del contenuto della procedura, deve ritenersi che la stessa possa valere anche a dirimere il caso di specie. Tale procedura, infatti, prevede che la Commissione di aggiudicazione, esaminate le offerte di gara in base ai criteri di valutazione stabiliti dalla lex specialis, aggiudica provvisoriamente l’appalto e redige apposito verbale. L’Unità Organizzativa Gare e Contratti (UO GC) procede, successivamente, a verificare la conformità dei verbali di gara e delle offerte presentate, così come stabilito dall’art. 11, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006 (cfr. pag. 14 della procedura PG 03 rev. L), registrando tale attività nel Verbale di Verifica sull’Aggiudicazione Provvisoria (Mod. VEAP). Tale verbale è, poi, protocollato da Unità di Staff Coordinamento Organizzativo della Presidenza e riconsegnato all’Unità Organizzativa Gare e Contratti. Se i documenti sono considerati "conformì si passa alla fase (6) avente ad oggetto l’aggiudicazione definitiva.

E’ dubbio, quindi, che la fase (5) (relativa alla aggiudicazione provvisoria) si fosse conclusa nel momento in cui è intervenuta la revoca del provvedimento (15.9.2010). In sostanza, l’UO Gare e Contratti aveva proceduto (il 30.08.2010) a verificare la conformità dei verbali di gara e delle offerte presentate ma, affinché si protesse procedere all’aggiudicazione definitiva, sarebbe stata necessaria l’adozione di un formale provvedimento di aggiudicazione definitiva di competenza dell’organo amministrativo della Società (cfr. verbali del C.d.A. del 16.06.2009 e del 09.04.2010) al quale è attribuita la delega a provvedere, per ciascuna procedura, all’indizione, alla gestione ed alla emissione degli atti di aggiudicazione di procedure ad evidenza pubblica. Al riguardo (non è contestato dalla parte ricorrente) che per i casi in cui l’importo della gara superi la soglia di euro 500.000,00 (quale il caso di specie) l’aggiudicazione definitiva della gara dovesse essere anche sottoposta all’approvazione del Consiglio di Amministrazione. Di conseguenza, seppure l’UO Gare e Contratti ha proceduto a verificare la conformità dei verbali e delle offerte presentate, non si può ritenere che questo possa implicitamente valere (trascorso il termine di cui all’articolo 12 del codice dei contratti pubblici) a determinare l’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria, considerata la necessità che tale provvedimento sia sottoposto alla approvazione del CdA.

Alla luce di tali considerazioni deve ritenersi che il termine (di trenta giorni) per provvedere all’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria, non sia trascorso nella fattispecie perché (avuto riguardo alle disposizioni contenute nella citata procedura PG 03 rev. L di L. SpA) avrebbe dovuto decorrere dal ricevimento del verbale dell’aggiudicazione provvisoria da parte del CdA. E poiché non vi è prova che ciò sia avvenuto, deve ritenersi che il provvedimento di revoca della gara sia intervenuto prima della scadenza del termine di cui sopra.

Del resto, anche se si volesse far decorrere il termine di trenta giorni dal momento in cui l’UO Gare e Contratti ha dichiarato la conformità formale e amministrativa dei verbali e delle offerte in data 30.8.2010 (cfr. verbale prot. n. 7952), va considerato che il CdA ha deliberato di revocare la procedura di gara in data 15.9.2010, incaricando il Presidente di adottare tutti gli atti e le comunicazioni del caso e di compiere tutti gli adempimenti necessari e conseguenti. Il Presidente ha approvato la Determina di ritiro degli atti di gara in data 22.9.2010 (cfr. Determina n. 292, prot. n. 8428) ed ha provveduto a comunicare tale provvedimento alla ricorrente in data 23.9.2010. Quindi, anche seguendo questa opzione, si giunge alla conclusione che il termine legale di cui all’art. 12, comma 1, del D.lgs. n. 163/2006 non può dirsi trascorso nella fattispecie.

4.2. Ciò posto e prima di verificare la legittimità della revoca, occorre stabilire se la Stazione appaltante aveva o meno l’obbligo di comunicare all’aggiudicataria provvisoria l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca della procedura ad evidenza pubblica.

Tale censura – che costituisce oggetto del terzo motivo di ricorso (sopra indicato sub 2.1.III) – è infondata in quanto l’Amministrazione che intenda esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria (atto endoprocedimentale), non è tenuta a dare previa comunicazione dell’avvio del relativo procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, versandosi ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara, vantando l’aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento (Consiglio Stato, sez. V, 12 febbraio 2010, n. 743; TAR Veneto, sez. I, 4 agosto 2010, n. 3447).

Infatti, la Stazione appaltante che si determini al ritiro, in sede di autotutela, di una gara d’appalto, non è tenuta a darne previa comunicazione, ex art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, all’aggiudicatario provvisorio atteso che l’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale, inserendosi nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario ma non decisivo, considerato che la definitiva individuazione del concorrente cui affidare l’appalto, risulta cristallizzata soltanto con l’aggiudicazione definitiva; pertanto, versandosi ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara, e vantando in tal caso l’aggiudicatario provvisorio solo una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, non si impone la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela (Consiglio Stato, sez. V, 23 giugno 2010, n. 3966).

In sostanza, in tema di ritiro del provvedimento di aggiudicazione di una procedura ad evidenza pubblica, occorre distinguere tra aggiudicazione provvisoria e definitiva, nel senso che mentre il ritiro della prima rientra ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara, per cui la sua adozione non richiede alcuna comunicazione, ai sensi dell’art. 7, legge n. 241/1990, il ritiro dell’aggiudicazione definitiva si inserisce nell’ambito di un nuovo procedimento tendente al ritiro del provvedimento precedentemente emesso, dato che l’aggiudicazione definitiva rappresenta l’atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2001 n. 4083).

4.3. A questo punto si può passare a trattare le censure con le quale la ricorrente ha contestato ulteriori vizi del procedimento (ed, in particolare, il difetto di istruttoria) e del provvedimento (con specifico riferimento al profilo motivazionale), oltre che l’assenza dei presupposti e delle condizioni stabilite dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 necessarie per disporre il ritiro degli atti di gara (cfr. il primo, il secondo ed il terzo dei motivi di ricorso, sopra indicati ai punti 2.1.I, 2.1.II e 2.1.IV).

Il citato aticolo 21 quinquies stabilisce che "Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo". In sostanza, tale norma consente che un provvedimento ad efficacia durevole possa essere revocato da parte dell’organo che lo ha adottato, qualora: – sopravvengano motivi di pubblico interesse; – muti la situazione di fatto; – si proceda ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

A parere del Collegio, nella fattispecie ricorrevano i presupposti e le condizioni indicate dalla legge per disporre la revoca degli atti di gara, come emerge dalla nota prot. n. 107885 del 10.9.2010 del Dipartimento sociale – Direzione Regionale Formazione e Lavoro della Regione Lazio, dalla determinazione n. 292 del 22.9.2010 del Presidente della L. S.p.A. e dalla nota della medesima Società in data 11.10.2010. Da tali atti risulta che, essendo disponibili nell’ambito delle strutture regionali competenze e professionalità adeguate alla realizzazione e gestione del servizio di Contact Center Regionale del Lavoro, l’Amministrazione regionale ha ritenuto che si potesse evitare di procedere alla completa esternalizzazione delle attività oggetto della procedura ad evidenza pubblica e, conseguentemente, ha chiesto alla L. S.p.A. di procedere alla revoca della gara. Nella citata nota regionale la proposta di revoca risulta ulteriormente motivata evidenziando l’esigenza di realizzare economie di spesa evitando di esternalizzare tutte le attività oggetto dell’appalto.

Tali esigenze ed elementi di valutazione sono stati fatti propri dalla L. S.p.A. la quale, come correttamente osservato dalla stessa parte resistente, non avrebbe potuto agire diversamente alla luce del tenore delle motivazioni esposte dall’Amministrazione regionale. Ciò, pur a voler omettere di considerare la qualità della L. SpA quale Ente strumentale delle Ragione Lazio.

In sostanza, nella fattispecie si è correttamente proceduto ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico sulla base delle circostanze evidenziate dall’Amministrazione regionale e, quindi, tale decisione rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, perché la revoca di provvedimenti amministrativi è consentita sia in base a sopravvenienze che a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 2010, n. 7334).

Le considerazioni che precedono inducono a ritenere infondate anche le censure aventi ad oggetto presunti difetti di motivazione della scelta di revocare gli atti di gara, perché le ragioni che hanno condotto la Stazione appaltante ad assumere la decisione impugnata emergono chiaramente dalla determinazione n. 292 del 22.9.2010 del Presidente della L. S.p.A. e dalla nota della medesima Società in data 11.10.2010, motivate per relationem rispetto alla nota prot. n. 107885 del 10.9.2010 del Dipartimento sociale – Direzione Regonale Formazione e Lavoro della Regione Lazio, nella quale sono contenute valutazioni di opportunità sopra descritte, che risultano essere state considerate e fatte proprie dalla L. SpA.

4.4. Va, invece, accolto, il quinto motivo di ricorso (cfr. sopra il punto 2.1.V) con il quale è stata contestata la clausola VI. 3 del bando di gara la quale stabilisce che l’amministrazione aggiudicatrice si riserva la facoltà di sospendere, modificare, annullare, revocare la procedura di gara a proprio insindacabile giudizio, senza che gli offerenti possano esercitare alcuna pretesa a titolo risarcitorio o di indennizzo.

Tale clausola risulta invalida in quanto, da una parte, la scelta di procedere al ritiro degli atti di gara deve ritenersi sempre sindacabile in sede giurisdizionale (avuto riguardo, peraltro, ai principi e alle regole contenute nella legge n. 241/1990 e nel d.lgs. n. 163/2006, che disciplinano il potere di autotutela) e, dall’altra, non risulta consentito rendere vana la tutela offerta al soggetto pregiudicato da atti amministrativi prescrivendo l’impossibilità di chiedere il risarcimento del danno o l’indennizzo in conseguenza di provvedimenti di autotutela che dovessero rivelarsi illegittimi.

Una clausola del genere deve considerarsi nulla, ai sensi dell’art. 1355 c.c. (condizione meramente potestativa), poiché subordina qualsiasi responsabilità dell’Amministrazione alla mera volontà dell’amministrazione medesima (Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245; Cass. S.U. 16 ottobre 2007 n. 8951).

5. Relativamente alle pretese risarcitorie (in forma specifica e per equivalente) avanzate dalla ricorrente, è chiaro che la legittimità del provvedimento di autotutela impugnato fa venire meno il presupposto su cui sono fondate le domande di risarcimento danni, costituito appunto dall’illegittimità provvedimentale.

Pertanto, tali domande vanno rigettate.

6. Ciò comporta l’esame della domanda con la quale la ricorrente ha chiesto la condanna della Stazione appaltante a corrispondere l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.

Al riguardo, è vero che una parte della giurisprudenza afferma che l’obbligo generale di indennizzo delle situazioni di pregiudizio arrecate ai soggetti interessati in conseguenza della revoca di atti amministrativi sussiste in caso di revoca di provvedimenti ad efficacia durevole e non anche in caso di revoca di atti ad effetti instabili ed interinali (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 09 novembre 2009, n. 10991), ma è anche vero che nella fattispecie il provvedimento di aggiudicazione provvisoria è stato seguito da ulteriori atti (pur senza giungere all’adozione di un formale provvedimento di aggiudicazione definitiva) che hanno rafforzato l’affidamento della ricorrente.

Infatti, come ampiamente sopra esposto al punto 4.1, nella fattispecie la Stazione appaltante aveva verificato la conformità dei verbali di gara e delle offerte presentate, così come stabilito dall’art. 11, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006 (cfr. pag. 14 della procedura PG 03 rev. L), registrando tale attività nel Verbale di Verifica sull’Aggiudicazione Provvisoria (Mod. VEAP). Tale verbale è, poi, protocollato da Unità di Staff Coordinamento Organizzativo della Presidenza e riconsegnato all’Unità Organizzativa Gare e Contratti. In sostanza, l’UO Gare e Contratti aveva verificato (il 30.08.2010) la correttezza delle procedura e la regolarità dell’aggiudicazione provvisoria in favore della ricorrente e, quindi, si era in attesa dell’adozione di un formale provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Pertanto, il Collegio ritiene che nel caso di specie la Stazione appaltante sia tenuta a corrispondere l’indennizzo ex art. 21quinquies L.n. 241/1990, che, come è noto, non corrisponde all’integrale risarcimento del danno.

Sul punto va osservato che l’articolo 21 quinquies legge 7 agosto 1990, n. 241, aggiunto dall’art. 14 legge 11 febbraio 2005, n. 15, ed integrato dal comma 1bis introdotto dall’art. 13 D. L. 31 gennaio 2007, n. 7, (convertito dalla legge 2 aprile 2007, n. 40), stabilisce che il presupposto dell’attribuzione dell’indennizzo a favore del soggetto che direttamente subisce il pregiudizio presuppone anzitutto la legittimità del provvedimento di revoca (c.d. responsabilità per atti legittimi) (Consiglio, sez. V, 14 aprile 2008, n. 1667; sez. VI, 8 settembre 2009, n. 5266).

Inoltre, non venendo in rilievo nel menzionato art. 21quinquies un risarcimento del danno per responsabilità contrattuale, precontrattuale o extracontrattuale, ove la colpa del danneggiante è comunque essenziale salvo un diverso regime probatorio in relazione a ciascun tipo di responsabilità civile (cfr. Consiglio, sez. V, 20 ottobre 2008, n. 5124; Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; Cass. Sez. Lav., 14 aprile 2008, n. 9817), non occorre neppure accertare la presenza di colpa nell’apparato della L. SpA (Cfr. la decisione della Sezione 10 febbraio 2010 n. 671).

Il Collegio ritiene che l’indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di un provvedimento debba essere circoscritto al "danno emergente", come espressamente stabilito nel comma 1 bis dell’art. 21quinquies L. n. 241/1990 (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. IV, 4 ottobre 2007, n. 5179; Sez. VI 21 maggio 2009, n. 3144), sicché va esclusa la possibilità di riconoscere un indennizzo in relazione al mancato utile quantificato dalla ricorrente in euro 166.668,00 (pari al 10% dell’ammontare dell’offerta) di cui è stato chiesto a titolo di indennizzo il 50%. Per analoghe ragioni, a titolo di indennizzo non possono essere considerati gli eventuali pregiudizi derivanti dalla rinuncia alla partecipazione ad altre gare (cfr. elenco allegato al ricorso), quantificati dalla ricorrente in complessivi euro 300.000,00 (3% del valore dei relativi contratti), a prescindere dalla considerazione che difficilmente l’interessata avrebbe potuto partecipare a tutte le gare indicate nel caso non avesse partecipato a quella oggetto di causa.

Con le eccezioni appena trattate, le spese da ricondurre alla voce del danno emergente sono state indicate nel ricorso originario (e non specificamente contestate dalla controparte) come segue: 1) Spese sopportate nella fase procedimentale: euro 8.176,00 per spese di personale ed euro 224,00 relativi alla fideiussione; 2) Spese per penali per tardiva cancellazione degli ordini di acquisto dell’infrastruttura necessaria (30% di euro 122.000,00) pari a euro 36.600,00; 3) oneri derivanti dall’impegno di assunzione del personale in sostituzione degli specialisti attualmente al Ministero del Welfare offerti in gara (7% di 1.918.224,00) pari a euro 134.275.68. Il tutto, per un totale di euro 179.257,68.

A titolo di indennizzo la ricorrente ha chiesto il riconoscimento di tali voci di pregiudizio nella misura del 50% pari, quindi, a complessivi euro 89,637,84

Sulle singole spese rimborsabili, che sono debiti di valore, compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, dalla data di effettuazione della spesa fino alla data di deposito della presente decisione.

Sulla somma così rivalutata vanno computati gli interessi legali calcolati dalla data di deposito della presente decisione fino all’effettivo soddisfo (Cfr. Cons. Stato, Sez, VI, 21 maggio 2009, n. 3144).

7. Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa, in considerazione della particolarità e complessità della vicenda e delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– respinge la domanda di annullamento degli atti di revoca della procedura ad evidenza pubblica;

– accoglie la domanda di annullamento della clausola VI.3 del bando di gara;

– respinge le domande di risarcimento danni;

– accoglie la domanda tesa al riconoscimento dell’indennizzo ex art. 21 quinquies l.n. 241/1990 e condanna la L. L.I.E.T. S.p.A. a corrispondere in favore della Società ricorrente la somma di euro 89,637,84, oltre rivalutazione monetaria e interessi come in motivazione;

– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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