Cass. civ. Sez. II, Sent., 19-07-2011, n. 15837 Estinzione delle servitù

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 24 giugno 2002 Z.M.P., proprietaria di un edificio in (OMISSIS), chiese al Tribunale di Trento di dichiarare estinta per prescrizione la servitù di non elevare oltre otto metri il fabbricato, il quale fin dal 1961 era stato ristrutturato e ampliato in altezza fino a più di nove metri.

La convenuta M.E. riconobbe il diritto dell’attrice a mantenere lo stabile nelle dimensioni attuali, ma contestò che la servitù si fosse estinta totalmente. Rimase contumace l’altro convenuto Z.S., procuratore generale di Z. E. e S.F., proprietari di un altro confinante fondo beneficiario di analoga servitù.

All’esito dell’istruzione della causa, con sentenza del 2 agosto 2004 il Tribunale dichiarò il diritto dell’attrice alla conservazione dello statu quo.

Impugnata da Z.M.P., la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Trento, che con sentenza del 21 giugno 2005 ha respinto il gravame.

Z.M.P. ha proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi, poi illustrati anche con memoria. M.E. si è costituita con controricorso. Z.S. non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.
Motivi della decisione

I quattro motivi addotti a sostegno del ricorso possono essere presi in esame congiuntamente, poichè rivolgono alla sentenza impugnata essenzialmente una stessa censura: avere la Corte d’appello erroneamente e ingiustificatamente dichiarato estinta la servitù in questione soltanto parzialmente, anzichè totalmente.

La doglianza va disattesa, in quanto il giudice a quo si è uniformato alla costante giurisprudenza di questa Corte in materia di non uso delle servitù negative in generale e di quelle altius non tollendi in particolare (v., tra le più recenti, Cass. 5 dicembre 1997 n. 12350, 16 gennaio 1998 n. 326, 29 aprile 2010 n. 10280) :

l’inerzia del titolare, che per venti anni non abbia reagito alla violazione del proprio diritto, comporta l’estinzione di questo soltanto nei limiti dell’elevazione effettivamente realizzata oltre la misura stabilita, poichè esclusivamente ad essa è riferibile quel mancato esercizio dello ius prohibendi, che da luogo alla prescrizione, mentre permane l’interesse del proprietario del fondo dominante a che la costruzione altrui non sia ulteriormente incrementata in altezza.

Da questi principi – che si attagliano esattamente al caso di specie, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente – non vi è ragione di discostarsi, stante la loro coerenza con le norme in materia di estinzione delle servitù, che correlano l’operatività della prescrizione al non uso, sicchè l’ambito dell’una viene determinato da quello dell’altro: tantum praescribitur quantum possessum.

Deve essere altresì disatteso l’assunto della ricorrente, secondo cui nessuna concreta utilità deriverebbe all’altra parte dal mantenimento della servitù, relativamente a eventuali future sopraelevazioni. La questione attiene ad accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito insindacabili in questa sede perchè adeguatamente motivati nella sentenza impugnata, con la quale si è rilevato che ulteriori aumenti dell’altezza del fabbricato di M. Z.P. toglierebbero ancor più aria luce e sole a quello limitrofo di M.E., sicchè residua per il fondo dominante il vantaggio, pur se ridotto, apprestato dalla servitù.

Correttamente, quindi, la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva accolto solo parzialmente la domanda dell’attrice, affermando il diritto di costei a mantenere la sua costruzione all’altezza che aveva raggiunto oltre i limiti consentiti, senza dichiarare totalmente estinta la servitù di cui si tratta e quindi escludendo che quei limiti possano essere ancora superati.

Nè infine è esatto quanto sostiene la ricorrente, a proposito del vincolo che le sarebbe stato imposto con la sentenza impugnata, di mantenere il proprio edificio in tutte le attuali dimensioni, anche nel fronte che non è stato sopraelevato oltre otto metri. Ciò che realmente è stato deciso, invece, è che l’edificio di M.P. Z. non potrà essere ulteriormente sopraelevato nelle parti in cui è stata superata la misura suddetta, ferma restando la facoltà di raggiungerla nel lato che ne è rimasto al disotto.

Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna della ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

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