Cass. civ. Sez. II, Sent., 19-07-2011, n. 15832 Difformità e vizi dell’opera

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che con sentenza in data 30 marzo 2006, il Tribunale di Fermo, accogliendo la domanda presentata da B.N. nei confronti di R.U., titolare della ditta individuale Arredil, e della s.n.c. S.T. Scale di Tarchi Mauro & Sergio Salvi, ha condannato i convenuti al pagamento, in solido, in favore della attrice, della somma di Euro 6.255,00 a titolo di risarcimento del danno derivante da vizi e difetti di progettazione e di esecuzione di una scala realizzata all’interno di un immobile appartenente all’attrice, ed il solo R. al pagamento della ulteriore somma di Euro 2.750,00 a titolo di risarcimento per il danno derivato da vizi strutturali e di esecuzione di alcune porte laccate montate all’interno del medesimo immobile;

che, per quanto qui ancora rileva, la Corte d’appello di Ancona, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 21 giugno 2008, in accoglimento del gravame della società S.T. Scale, ha respinto la domanda della B. nei confronti della società, ponendo a carico dell’appellata le spese di entrambi i gradi del giudizio;

che la Corte territoriale ha escluso la sussistenza di un rapporto contrattuale tra la committente B. e la società S.T. Scale tale da legittimare l’evocazione in giudizio di quest’ultima, avendo accertato che la società si era limitata a fornire i materiali strutturali compositivi della scala alla ditta Arredil, che era l’unico soggetto appaltatore, responsabile della fase di "concezione progettuale" e "di verificare la congruità dei predetti materiali compositivi rispetto all’obiettivo progettuale di competenza del medesimo";

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la B. ha proposto ricorso, con atto notificato il 21 settembre 2009, sulla base di due motivi;

che nè la società S.T. Scale nè l’altro intimato hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata nella decisione del ricorso;

che con il primo motivo (violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ.) la ricorrente lamenta che l’appellante società S.T. Scale abbia introdotto, in sede di gravame, una domanda nuova consistente nella richiesta di accertamento negativo circa la sussistenza di valido rapporto contrattuale tra le parti, laddove in primo grado essa si era limitata ad eccepire, non contestando il contratto, l’inesistenza dei vizi e dei difetti e la decadenza dalla garanzia ex art. 1667 cod. civ.;

che il motivo è infondato;

che, infatti, la deduzione, ad opera dell’appellato, del proprio difetto di titolarità passiva del rapporto fatto valere in giudizio dall’attore, risolvendosi nella contestazione dei requisiti di fondatezza della domanda, la cui sussistenza deve essere dal giudice verificata anche d’ufficio, non rientra fra le eccezioni riservate alle parte, ma, integrando una mera difesa, può essere sollevata per la prima volta anche appello, senza che sia possibile invocare il divieto dei nova, nel giudizio di gravame, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. lav. , 16 novembre 1985, n. 5642);

che con il secondo mezzo (omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) ci si duole che la Corte del merito abbia fatto malgoverno delle risultanze istruttorie, affermando l’irrilevanza probatoria, in ordine al rapporto dedotto, della fattura prodotta in atti, attribuendo ad essa valore meramente contabile di natura accessoria; di qui il quesito se "nell’ambito del contratto di appalto la fattura emessa dall’appaltatore e portata a conoscenza del committente costituisca affermazione implicita da parte dell’emittente dell’esistenza di un rapporto contrattuale con il destinatario", e, "ove quest’ultimo non la contesti ma anzi l’accetti seppure per facta concludentia", l’ulteriore interrogativo se possa "la fattura costituire prova piena dell’esistenza di un rapporto contrattuale intercorso tra la parte emittente e la parte ricevente"; che il motivo è fondato;

– che la Corte d’appello – nell’escludere qualsiasi rapporto contrattuale tra la B. e la soc. S. T. Scale – ha negato di poter dare alcuna rilevanza alla fattura n. (OMISSIS) emessa dalla società ed indirizzata alla B., trattandosi di "circostanza che investe un versante di operazioni amministrative e contabili di natura accessoria ed estrinseca (comunque successive alla fase genetica dei rapporti contrattuali), che, nella presente sede civilistica, non rilevano ai fini della individuazione dei soggetti effettivamente contraenti;

che, sotto quest’ultimo profilo, la Corte d’appello non ha tenuto conto del fatto che la fattura non solo ha efficacia probatoria contro l’emittente, che vi indica la prestazione e l’importo del prezzo, ma può costituire piena prova nei confronti di entrambe le parti dell’esistenza di un corrispondente contratto allorchè risulti accettata dal contraente destinatario della prestazione fatturata (Cass., Sez. 2^, 27 ottobre 1977, n. 4633; Cass., Sez. 3^, 17 dicembre 2004, n. 23499; Cass., Sez. 3^, 13 giugno 2006, n. 13651);

che il suindicato principio tanto più vale in una fattispecie nella quale – per come risulta per tabulas dalla comparsa di costituzione e risposta della società S.T. Scale, puntualmente riportata nel testo del ricorso – quest’ultima (emittente della fattura) ha espressamente ammesso di avere eseguito il manufatto secondo le prescrizioni contenute nella commissione e, in via riconvenzionale, ha chiesto la condanna della B. al pagamento dell’importo monetario indicato in fattura;

che, pertanto, il ricorso deve essere accolto limitatamente al secondo motivo;

che, cassata la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Ancona, che la deciderà in diversa composizione;

che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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