T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 19-04-2011, n. 3417 commercio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in trattazione la società G. s.r.l. – premesso di avere avuto conoscenza dell’adozione del provvedimento impugnato a seguito della notificazione nei suoi confronti del ricorso presentato dalla società O.R.I.P.M. s.r.l. avverso lo stesso – ha impugnato la determinazione dirigenziale del Comune di RomaMunicipio I Roma Centro storico, n. 123 dell’11.4.2007, notificata in data 8.5.2007, con la quale è stata disposta la decadenza dall’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della L. n. 287 del 1991 per l’inattività protratta per oltre un anno ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. a), della medesima legge, a seguito di accertamento della Polizia Municipale dell’8.3.2006, in quanto nonostante la richiesta presentata ai fini dell’interruzione del procedimento di revoca, la stessa non ha fatto pervenire al Municipio la documentazione originale relativa al registro dei corrispettivi richiesta con la nota del 10.10.2006.

Ne ha dedotto la illegittimità, previa riaffermazione della propria legittimazione al ricorso, per i seguenti motivi di censura:

1. Mancata notificazione del provvedimento impugnato.

2. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed indeterminatezza.

3. Violazione di legge ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, irragionevolezza e contraddittorietà

La ricorrente ha acquisito l’azienda in questione in data 10.10.2005 e l’ha ceduta in affitto alla società O.R.I.P.M. s.r.l. in data 2.11.2005, per cui non potrebbe imputarsi alla stessa l’eventuale inattività dei propri danti causa o dell’affittuario; peraltro la società affittuaria ha posto in essere un’attività a scartamento ridotto nel periodo novembre 2005gennaio 2006, avendo deciso di avviare i lavori di ristrutturazione del locale e rendendolo disponibile esclusivamente per cene private, la cui realizzazione sarebbe comprovata dalle fatture allegate in copia al ricorso e, comunque, ha avviato a pieno regime l’attività in data 3.5.2006, per cui sarebbe illogico comminare la decadenza a distanza di un anno.

Non sarebbe, inoltre, stata effettuata l’indicazione del termine a decorrere dal quale dovrebbe computarsi il periodo annuale di inattività rilevante ai fini della decadenza ma sarebbe esclusivamente stato richiamato al riguardo il verbale della polizia Municipale dell’8.3.2006.

Il Comune ha depositato documentazione in data 2.10.2007 ed in data 25.5.2010 nonché memoria difensiva in data 7.6.2010, con la quale ha dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso del quale ha chiesto il rigetto; quindi, dopo un nuovo deposito documentale in data 16.2.2011, ha depositato, in data 23.2.2011, la memoria conclusiva, con la quale, dopo avere ripercorso in punto di fatto la vicenda di cui trattasi, ha argomentatamene dedotto l’infondatezza del ricorso, insistendo per il rigetto.

Con la memoria del 16.3.2011 la ricorrente, dopo avere richiamato le argomentazioni svolte nel ricorso introduttivo, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 6.4.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza delle parti come da verbale di causa in atti.
Motivi della decisione

L’articolo 4 della legge 25 agosto 1991, n. 287, rubricato "Revoca dell’autorizzazione.", dispone testualmente che: "1. L’autorizzazione di cui all’articolo 3 è revocata:

a) qualora il titolare dell’autorizzazione medesima, salvo proroga in caso di comprovata necessità, non attivi l’esercizio entro centottanta giorni dalla data del rilascio ovvero ne sospenda l’attività per un periodo superiore a dodici mesi;…".

Al riguardo si evidenzia come la giurisprudenza sul punto ha avuto più volte modo di rilevare come, in tema di esercizi pubblici, il legislatore, con il richiamato articolo 4, abbia impropriamente definito "revoca" un provvedimento, ad adozione e contenuto vincolato, che presenta piuttosto i marcati connotati di una decadenza di tipo sanzionatorio; il detto atto non ha, peraltro, valore costitutivo ma solo dichiarativo, tanto che l’effetto di estinzione si formalizza con la mera sequenza dei presupposti di legge a prescindere dalla ricognizione del comune.

L’interesse tutelato dalla norma è quello ad una celere utilizzazione degli assensi rilasciati, funzionale all’ordinario svolgimento del commercio ed al fine di scongiurare il rischio di deprecabili fenomeni di indebita locupletazione sui titoli suddetti.

L’obiettiva natura vincolata della detta revoca attenua l’esigenza di una diffusa motivazione del provvedimento, apparendo sufficiente, ai fini di un’esauriente esternazione delle ragioni che lo giustificano, che dal tenore dell’atto emerga l’insussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge.

La misura della revoca dell’autorizzazione al commercio, per effetto dell’accertata inattività protratta per un periodo superiore a 12 mesi, prevista dal richiamato articolo 4 procede al suddetto accertamento e ne è conseguenza automatica, a meno che l’intestatario non deduca comprovate necessità, per effetto delle quali la decadenza può essere differita di un anno, ovvero abbia dato prova di asserite cause di forza maggiore che gli avrebbero impedito di eseguire le opere necessarie a riavviare la sua attività commerciale; mentre nel caso che la necessità derivi unicamente da esigenze del titolare tanto è ininfluente.

Pertanto nel caso in cui l’esercente non abbia dato prova di asserite cause di forza maggiore che gli avrebbero impedito di eseguire le opere necessarie a riavviare la sua attività commerciale, il comune legittimamente fa decorrere dalla data della prima comunicazione della chiusura dell’esercizio, il termine annuale di inattività, costituente il presupposto per l’adozione del provvedimento di decadenza di cui all’articolo 4, comma 1, lett. a), della l. n. 287 del 1991 (Consiglio di Stato, sez. V, 27 settembre 2004, n. 6321).

Ed è legittima la revoca dell’autorizzazione comunale per mancato svolgimento dell’attività di somministrazione come accertato con sopralluogo della polizia municipale, in quanto l’effettivo esercizio di tale attività deve essere dimostrata mediante l’esibizione d’idonea documentazione.

Tanto premesso in punto di diritto, ai fini della decisione è, tuttavia, necessario ripercorrere in punto di fatto i passaggi salienti della vicenda di cui trattasi nei termini che seguono:

– la società dante causa della ricorrente, con l’istanza del 14.7.2005, ha comunicato al comune la sospensione dell’esercizio dell’attività in questione per un periodo inferiore all’anno;

– la società O.R.I.P.M. s.r.l. ha effettuato la denuncia di inizio dei lavori di ristrutturazione del locale al comune in data 18.8.2005;

– la Polizia Municipale ha effettuato un sopralluogo in data 15.9.2005 dal cui verbale emerge che i locali erano ancora interessati dai lavori di ristrutturazione e che, da informazioni assunte sul luogo, l’attività risultava sospesa dal mese di febbraio 2005;

– con la nota di cui alla nota prot. n. 69806 del 6.10.2005 la società dante causa ha comunicato al comune la riattivazione dell’esercizio;

– la società G. s.r.l. ha rilevato l’azienda con contratto di acquisto del 10.10.2005;

– la Polizia Municipale ha effettuato un nuovo sopralluogo in data 8.11.2005 dal quale è emerso che l’attività non risultava essere stata ripresa;

– con il contratto di affitto di azienda stipulato in data 2.11.2005 la gestione dell’esercizio è passata dalla società G. s.r.l. alla società O.R.I.P.M. s.r.l.;

– la società O.R.I.P.M. s.r.l. avrebbe svolto la propria attività nel periodo novembre 2005gennaio 2006 "a scartamento ridotto", organizzando piccoli ricevimenti privati contestualmente all’effettuazione dei lavori di ristrutturazione del locale;

– la Polizia Municipale ha effettuato nuovi sopralluoghi in data 19.1.2006 e 2.2.2006 dai quali è emerso che l’attività non risultava essere stata ripresa;

– il comune ha dato comunicazione dell’avvio del procedimento di dichiarazione dell’intervenuta decadenza ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. a), della l. n. 287 del 1991 in data 26.4.2006;

– l’attività sarebbe iniziata a pieno regime in data 3.5.2006;

– il comune ha rilasciato la voltura della concessione di occupazione di suolo pubblico relativa all’esercizio di cui trattasi, richiesta in data 9.2.2006, in data 26.6.2006;

– il comune ha notificato la richiesta di integrazione documentale in data 10.10.2006;

– il comune ha adottato il provvedimento impugnato di decadenza in data 11.4.2007 e lo ha notificato nella successiva data dell’8.5.2007.

Dall’esame degli atti depositati emerge, inoltre, che effettivamente la notificazione sia della comunicazione dell’avvio procedimentale che della richiesta di integrazione documentale, pur essendo state effettuate regolarmente nei confronti della società G. s.r.l. nella sede di via di Tor Fiorenza, sono state, invece, effettuate nei confronti dell’Osteria al vecchio indirizzo di via Casilina nonostante che, con l’istanza del 2.5.2006, la stessa avesse indicato nell’intestazione la nuova sede in via di Tor Fiorenza n. 56.

Da quanto esposto emerge come il comune abbia calcolato l’anno di inattività (pur non avendolo specificato nel provvedimento impugnato ma soltanto negli scritti difensivi) a decorrere dal febbraio 2005 (data indicata in sede di assunzione di informazioni nel corso del sopralluogo effettuato in data 15.9.2005), visto che anche nella comunicazione dell’avvio procedimentale il riferimento è all’accertamento pervenuto in data 8.3.2006 (ossia il verbale in copia agli atti con indicati anche i sopralluoghi del 19.1.2006 e del 2.2.2006).

Tuttavia, la copia del verbale del detto sopralluogo del 15.9.2005 non evidenzia da chi siano state assunte le informazioni e quale sia stato il loro esatto contenuto con riferimento ai dati di fatto acquisibili; sicuramente l’attività non è stata esercitata a decorrere dal 14.7.2005 (vista la richiesta di sospensione dell’esercizio dell’attività per meno di un anno inoltrata da parte della società dante causa della G. s.r.l.) e fino al 3.5.2006, almeno non in modo continuativo, atteso che sono state depositate in atti soltanto n. 6 fatture relative all’attività svolta nel locale nel periodo ottobre 2005marzo 2006 e che è stato, comunque, accertato che all’interno vi erano in corso i lavori di ristrutturazione.

Ne consegue che non può fondatamente ritenersi che, al momento dell’adozione della comunicazione dell’avvio procedimentale (nonché dell’impugnato provvedimento di decadenza) fosse con certezza effettivamente decorso l’anno di inattività che costituisce il presupposto per la declatoria della decadenza dall’autorizzazione amministrativa di cui trattasi.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto siccome fondato nel merito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo che segue.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il comune al pagamento in favore della società ricorrente delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi euro 500,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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