Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 03-03-2011) 21-04-2011, n. 16018 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini avverso la sentenza emessa, all’esito del giudizio abbreviato, in data 18.2.2010 dal GUP presso il Tribunale di Rimini con la quale, veniva riconosciuta la penale responsabilità di F.D. e C.A.C. in ordine al delitto (capo a) di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 per aver coltivato marijuana e detenuto gr. 1004,9 della detta sostanza stupefacente, e condannati, con circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, alle pene condizionalmente sospese (per il F. limitatamente a quella detentiva) di mesi dieci di reclusione ed Euro 3.000 di multa il F., e a quella di mesi otto di reclusione ed Euro 2.000 di multa la C.. Al contempo, il F. veniva assolto per non aver commesso il fatto dal reato (capo b) di cessione a S. M. di 100 grammi di hashish. Denunzia la violazione della legge penale e processuale nonchè il vizio motivazionale:

1. avendo il GUP ritenuto (benchè nel dispositivo letto in udienza l’avesse espressamente qualificata "attenuante") che la fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 costituisca ipotesi autonoma di reato e non già circostanza attenuante ad effetto speciale, con conseguente irrogazione di una pena illegale;

2. essendo stata erroneamente riconosciuta la detta ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, atteso il quantitativo di stupefacente (netti gr. 618,86), le dosi ricavabili (560), la disponibilità di sofisticati strumenti per la coltivazione, alimentazione e sostentamento delle piante di marijuana e di un bilancino intriso di sostanza stupefacente, la disponibilità di una considerevole somma di denaro (Euro 3.100).

3. Deduce l’illogicità e contraddittorietà della decisione di concedere la sospensione condizionale della pena attesa la contestazione della recidiva.

4. Si duole, infine, dell’assoluzione del F. dal reato ascrittogli al capo b) (per giunta con l’erronea formula per non aver commesso il fatto) sulla base della sola protesta d’innocenza del medesimo.

Rappresenta l’apparenza della motivazione e la incompatibilità della decisione "con altri atti del processo" e precisamente con la minuziosa deposizione di S.M. (riportata integralmente in ricorso), compiutamente riscontrata dalla perquisizione dei CC. con il rinvenimento della marijuana, dalla disponibilità della BMW di cui aveva parlato il S., dai contatti telefonici tra i due e dalla pregressa conoscenza da parte del F. del S., come tossicodipendente.

E’ stata depositata una memoria difensiva nell’interesse dell’imputata C.A.C., con cui si deduce la violazione dell’art. 584 c.p.p. per omessa notifica del ricorso per cassazione presso il domicilio eletto (durante l’esame in sede di convalida di arresto) dall’imputata (cioè presso lo studio dell’avv. Davide Veschi del Foro di Rimini, sito in Riccione).

Per il resto, la memoria svolge argomentazioni a sostegno della sentenza impugnata, circa la qualificazione di ipotesi autonoma di reato del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, l’integrazione di esso nel caso di specie e la concedibilità della sospensione condizionale.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

E’ al 1990 che risale l’ultima pronuncia (Rv. 185206) di questa Corte che configurava il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, come ipotesi autonoma di reato. Da allora, costante ed uniforme è stato l’orientamento, anche a Sezioni Unite, che ha qualificato la "lieve entità" prevista dal detto comma 5, come circostanza attenuante ad effetto speciale (da ultimo: Sez. Un. n. 35737 del 24.6.2010, Rv.

247911). Ritornare a riproporre, attraverso una lettura artificiosa della disciplina sugli stupefacenti, quella vetusta tesi giuridica è dunque del tutto incomprensibile e fuorviante oltre che inane ed erroneo tentativo di diversa qualificazione giuridica, sicchè non si ritiene nemmeno il caso di ripercorrere i più noti passaggi della più nota e seguita tesi sopra citata attributiva della natura di attenuante. Già questo implica l’erroneità segnalata dal ricorrente circa la determinazione della pena inflitta, atteso che l’attenuante in questione avrebbe dovuto rientrare anch’essa nel giudizio di equivalenza, sicchè la pena minima sarebbe rimasta quella di cui al cit. art. 73, comma 1, esorbitando, così, dai limiti previsti per la concedibilità della sospensione condizionale.

Ma nemmeno appare corretta la stessa ritenuta integrazione della detta attenuante di cui al cit. art. 73, comma 5, dal momento che, come affermato dalle SS.UU. nella sentenza sopra richiamata, essa può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio cioè, il vaglio in senso negativo anche di uno solo dei parametri di riferimento individuati dalla legge deve condurre ad escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità. E nel caso in esame, come evidenziato dalla parte pubblica ricorrente, l’estremo della quantità e delle dosi ricavabili in una all’attrezzatura disponibile per la coltivazione della marijuana si pongono quale ostacolo alla configurabilità dell’attenuante in questione.

Infine, è palesemente priva di motivazione è l’assoluzione del F. dal reato, di cui al capo b), di cessione di 100 grammi di marijuana a S.M., la cui deposizione, riscontrata oggettivamente già dal rinvenimento dello stupefacente ed oggetto in sequestro, avrebbe imposto una più meditata risoluzione.

Quanto alla doglianza rappresentata nella memoria depositata nell’interesse della C., si osserva che la medesima è del tutto irrilevante, avendo comunque raggiunto il suo effetto e dal momento che "L’omessa notifica dell’atto di appello della pubblica accusa alla parte privata o viceversa non è causa di nullità di ordine generale nè da luogo all’inammissibilità del gravame, comportando unicamente la mancata decorrenza del termine per la proposizione, da parte del soggetto interessato, dell’eventuale appello incidentale, se consentito" (Cass. pen. Sez. 3, n. 3266 del 10.12.2009 Rv. 245859 ed altre conformi).

Consegue l’annullamento della sentenza impugnata nei limiti di cui in dispositivo, con rinvio al Tribunale di Rimini per il nuovo giudizio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di entrambi gli imputati limitatamente ai punti concernenti l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 ed il trattamento sanzionatorio per il reato di cui al capo a); annulla la stessa sentenza nei confronti di F.D. in ordine alla imputazione di cui al capo b); con rinvio su tali punti e capi al Tribunale di Rimini.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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