Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-03-2011) 21-04-2011, n. 16040 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 16 maggio 2010, il Tribunale di Messina ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro preventivo che grava su di una somma (Euro 12.980) ritenuta provento del reato di spaccio di sostanze stupefacenti di cui sono indagati gli attuali ricorrenti G.G. e Gl.Ro..

Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno, innanzi tutto, disatteso la prospettazione difensiva secondo la quale la mancata trasmissione degli atti entro il termine di giorni cinque determinasse la caducazione della misura. Indi, il Tribunale ha evidenziato gli elementi dai quali ha tratto la conclusione che la somma, occultata dal G., fosse il corrispettivo di una pregressa cessione di stupefacente. Le emergenze a carico degli indagati sono rappresentate dai loro precedenti specifici, dalla mancata plausibile giustificazione circa il possesso della somma, dalla circostanza che il Gl. ed il G. si erano verosimilmente recati presso tale T.F. agli arresti domiciliari per spaccio di droga e dal rilievo che i due erano già stati sottoposti a controllo di Polizia in occasione dello arresto di uno spacciatore.

Per l’annullamento dell’ordinanza, gli indagati hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che, in dispregio del diritto al contraddittorio, alla udienza camerale il Tribunale ha fatto concludere le parti prima che il Difensore disponesse del provvedimento impugnato e della notizia di reato che non erano stati trasmessi al Giudice del riesame;

– che la conclusione sul c.d. fumus commissi delicti si basa su elementi travisati o inconsistenti che non sono indicativi del rapporto pertinenziale della somma di denaro (di cui è stata documentata la provenienza lecita) con la fattispecie criminosa contestata.

Per quanto concerne la prima censura, si osserva che, in tema di riesame di sequestri preventivi, l’omessa o tardiva trasmissione, da parte della autorità procedente, degli atti al Tribunale del riesame non comporta la automatica inefficacia della misura impugnata; ciò in quanto il richiamo contenuto nell’art. 324 c.p.p., comma 7, all’art. 309 c.p.p., comma 10, deve essere riferito al testo di questa ultima norma come vigente prima delle modifiche introdotte con la L. n. 332 del 1995 che era privo di previsioni sanzionatorie riferibili alla violazione del termine (Sezioni Unite sentenza 25932/2008).

In base a questo consolidato principio, il Tribunale del riesame, alla udienza camerale del 6 maggio 2010 ha – e correttamente- acquisito la documentazione mancante (come risulta dal relativo verbale che la Corte può compulsare essendo stato dedotto un vizio procedurale); nell’occasione, il Difensore non ha immediatamente eccepito, a sensi dell’art. 182 c.p.p., comma 2, la violazione dei suoi diritti, per inadeguatezza del tempo concessogli per esaminare gli atti, per cui la deduzione della eventuale nullità è tardiva.

Tanto premesso, la Corte rileva come la conclusione del gravato provvedimento si fondi, per larga parte, sulle dichiarazioni rilasciate dagli attuali ricorrenti- nella immediatezza dei fatti senza la presenza dei Difensori – che il Tribunale ha reputato utilizzabili, a sensi dell’art. 63 c.p.p., comma 1.

Questa norma, che consente all’inquisito di non autoincriminarsi e di non collaborare con l’autorità procedente, è una applicazione del generale diritto di difesa comprensivo della scelta della strategia processuale. La disciplina garantistica, che rende operante la tutela del silenzio prima che una persona assuma la formale veste di indagato o imputato, prevede due ipotesi con differenti regimi – uno relativo ed uno assoluto – di inutilizzabilità delle dichiarazioni indizianti sotto il profilo soggettivo.

Il primo 1 concerne il caso di chi rende dichiarazioni autoaccusatorie in qualità di testimone o persona informata sui fatti e introduce la regola che l’interrogatorio sia sospeso, per dare modo al soggetto di essere assistito da un difensore, precisando che le dichiarazioni rese non possono essere contro di lui utilizzate. Il comma secondo riguarda la ipotesi di persona che sin dallo inizio avrebbe dovuto essere escussa con le modalità stabilite per l’indagato e l’imputato godendo delle connesse garanzie difensive e sancisce la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese sia contra se che contra alios.

Rispetto a questa ultima previsione, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che si deve prescindere la una imputazione formale e dalla iscrizione del soggetto nel registro degli indagati dovendosi considerare la posizione sostanziale della persona al momento in cui ha reso le dichiarazioni (ex plurimis: Sezioni Unite sentenza 15208/2010).

Applicando questi principi alla ipotesi in esame, la Corte rileva che (stante i limitati atti in sua visione) non ha elementi per ritenere che G. e Gl., sin dallo inizio, avrebbero dovuto essere sentiti quali indagati per l’emersione di indizi di reità, conosciuti alla Polizia, prima della loro escussione; di conseguenza, la Corte non può che condividere il rilievo dei Giudici di merito per i quali le loro dichiarazioni erano utilizzabili solo contro terzi.

Tuttavia il Tribunale, dopo avere evidenziato che il caso era regolato dall’art. 63 c.p.p., comma 1, ha posto a fondamento della sua decisione ed utilizzato in chiave accusatoria nei confronti di G. e Gl., tra gli altri elementi, le dichiarazioni dagli stessi rese nello interrogatorio della Polizia effettuato in assenza di un difensore.

Per questa violazione di legge, rilevabile di ufficio a sensi dell’art. 191 c.p.p., comma 2, la Corte, annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina che provvedere ad un nuovo esame senza tenere conto delle dichiarazioni autoaccusatorie degli indagati; tale conclusione, per il suo carattere assorbente, esonera dal prendere in considerazioni le residue censure dei ricorrenti.
P.Q.M.

Annulla la impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Messina per un nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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