T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 19-04-2011, n. 582 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 2732010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo 2042010, C.M.T. D. S.R.L., impugna il provvedimento in data 2112010 del Dirigente Area Servizi al Territorio del Comune di Palazzolo sull’Oglio, recante il diniego di rilascio di permesso di costruire in sanatoria, in relazione all’intervento posto in essere sul fabbricato sito all’angolo fra Vicolo Duranti e la Via G. Matteotti.

La ricorrente articola le seguenti doglianze:

I – illegittimità del diniego e degli atti infra procedimentali per violazione e/o falsa interpretazione ed applicazione di legge (Art. 3 e 36 D.P.R. n. 380/2001, Artt. 27, 51, 52 della L.R. n. 12/05, Artt. 2.3, 15, 15.1, 15.2, 15.2.1 punto 1.A1a delle N.T.A. del P.R.G. di Palazzolo) – travisamento dei fatti – difetto di istruttoria – motivazione insufficiente e incongrua;

II – illegittimità del diniego per difetto di istruttoria – difetto di motivazione in rapporto alla espressa previsione di relatività delle prescrizioni generali di cui all’art. 151 punto 2 delle N.T.A. del P.R.G.. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15.1.2 delle NTA del PRG.

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Palazzolo sull’Oglio, chiedendo il rigetto del gravame.

Con memoria depositata il 4.2.2011, la ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame.

Il Comune – con la memoria depositata il 422011 – ha illustrato le ragioni, in fatto ed in diritto, che sorreggono l’atto impugnato, contestando le eccepite illegittimità.

La ricorrente ha risposto con la memoria di replica depositata il 1622011.

Alla pubblica udienza del 932011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, C.M.T. D. S.R.L., impugna il provvedimento del Comune di Palazzolo sull’Oglio con cui le è stato negato il rilascio del permesso di costruire in sanatoria richiesto in data 25.2.2009, relativo ad opere eseguite sull’immobile sito in Palazzolo sull’Oglio, via Matteotti angolo Via Duranti, individuato al NCT di Palazzolo al fg. 16 con il mappale n.51.

La ricorrente, con il primo motivo, prospetta l’erroneità delle proposizioni motivazionali poste a fondamento del diniego comunale, lamentando il travisamento dei fatti, il difetto di istruttoria e l’insufficienza della motivazione.

In particolare – muovendo dall’affermazione che l’intervento edilizio di cui si chiede la sanatoria non possa essere ascritto (come fatto dall’Amministrazione) alla tipologia della ristrutturazione edilizia, ma debba essere ricondotto a quelle della manutenzione straordinaria e/o del restauro e risanamento conservativo – prospetta l’insussistenza dell’affermato contrasto con le disposizioni di cui all’art. 15 delle NTA del PRG, che regolano l’edificazione nella zona A (in cui ricade il fabbricato).

Con il secondo motivo, C.M.T. D. S.R.L. sostiene che, in forza di quanto disposto dall’art. 15.1.2 delle N.T.A. del P.R.G. ("fino all’approvazione di tali piani e programmi, fatto salvo diverso e argomentato parere tecnico del responsabile del procedimento controfirmato per accettazione delle motivazioni esposte dal dirigente dell’Area per il servizio al territorio, si applicano le prescrizioni di seguito riportate"), le prescrizioni poste dall’art. 15 NTA non hanno carattere assoluto ma relativo, derogabili in rapporto ai singoli edifici.

In altri termini, l’Amministrazione – in occasione dell’esame di richiesta di interventi edilizi – avrebbe dovuto valutare se le opere, ancorchè astrattamente non consentite in linea generale, fossero nel caso specifico coerenti e funzionali al recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio (che l’Amministrazione dichiara di voler perseguire) e quindi autorizzabili.

Il ricorso non risulta fondato.

L’atto impugnato, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, risulta fornito di esaustiva e congrua motivazione.

Il provvedimento procede dapprima ad operare un’analitica "ricostruzione dei fatti", dalla quale emerge che:

– il 16.10.2008 l’odierna ricorrente aveva presentato una DIA per prima variante a una precedente DIA, in data 11.5.2007 prot. 12456, relativa alla formazione, al piano terra, di uffici ad uso privato e di una zona fitness (costituita da palestra, piscina d’uso privato condominiale, spogliatoio maschile femminile) e al primo piano di 8 mini appartamenti nel corso delle opere di manutenzione straordinaria per adeguamento stabile con ascensori servizi in via Giacomo Matteotti.

– con provvedimento in data 24.12.2008, veniva quindi dall’Amministrazione "negata la formazione del silenzio assenso sulla DIA sopra richiamata" a cui faceva seguito in data 25.2.2009 la presentazione della richiesta di permesso di costruire in sanatoria.

Il provvedimento procede quindi alla enunciazione dei "Motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire in sanatoria", che appare opportuno riportare integralmente, posto che in essi vengono particolareggiatamente prese in esame le argomentazioni svolte in sede procedimentale da C.M.T. D. S.R.L. (sostanzialmente poi trasfuse nei plurimi profili del primo motivo di ricorso).

"1.La classificazione urbanistica dell’immobile. In primo luogo deve essere ribadito che l’immobile in argomento è classificato del vigente piano regolatore come sottozona "A1a: edifici e complessi di alto valore storicoarchitettonico" e, solo per una piccola parte come sottozona "A1c: edifici isolati significativi del tessuto storico". Tale classificazione, che viene contestata nella relazione tecnica presentata, comprende gli edifici o parti di edifici sottoposti a vincolo ex legge n. 1089/1939 presenti in zona A e gli edifici e i complessi di notevole valenza architettonica, artistica, monumentale e tipologica che costituiscono emergenze storico ambientali di particolare valore del Centro storico e non può essere messa in discussione in sede di presentazione di un istanza di titolo abilitativo edilizio. La classificazione operata dal vigente Piano Regolatore è infatti frutto di approfondite indagini storiche e, comunque, la valenza storica dell’edificio di che trattasi è documentata dai catasti storici, a partire da quello Napoleonico (1810 circa).

2. Qualificazione giuridica dell’intervento. Viene sostenuto che l’intervento realizzato deve essere qualificato come di manutenzione straordinaria, in quanto conserva l’organismo edilizio preesistente, prevedendo l’inserimento di destinazioni d’uso con il medesimo compatibili, senza incrementi di superfici e volumetria.

In realtà, all’interno della sottozona A1a, gli interventi ammessi sono finalizzati alla tutela e conservazione dell’integrità originaria e devono sempre essere condotti con riferimento alle metodologie ed alle tecniche del restauro. È prescritta la salvaguardia assoluta delle facciate esistenti e delle murature portanti antiche, con l’eliminazione di eventuali elementi estranei ed il ripristino dei caratteri originari. Le categorie di intervento ammesse sono appunto quelle della manutenzione ordinaria e straordinaria e del restauro e risanamento conservativo.

L’intervento realizzato, al contrario, configura la ristrutturazione edilizia con ampliamento del fabbricato esistente, considerato che viene previsto un insieme sistematico di opere, tra le quali la formazione di partizioni interne e le demolizioni di setti portanti delle murature, che portano ad una perdita della leggibilità tipologica dei locali, nonché ad un organismo edilizio diverso dal precedente, con pluralità di destinazioni d’uso (uffici, centro fitness, residenzae) e di unità immobiliari con un incremento di volume dovuto alla copertura della corte interna del fabbricato, nonché alla formazione di ballatoi aggettanti sulla corte stessa, che non possono essere quali aggetti di carattere ornamentale e strutturale ne tantomeno come balconi aperti ed, in ogni caso, non sono contemplati nella categoria del restauro.

In sintesi, diversamente da quanto sostenuto nella relazione tecnica presentata, ossia che l’inserimento delle destinazioni d’uso di progetto ha di fatto rispettato le caratteristiche costruttive dell’immobile, la formazione di numerose partizioni interne e le demolizioni di setti portanti delle murature portano ad una perdita della leggibilità tipologica dei locali, mentre la copertura della corte, con la nuova costruzione al suo interno di una piscina, costituiscono manufatti estranei alla storia dei luoghi. In merito poi alla piscina si osserva che la stessa non risulta rappresentata sugli elaborati inizialmente allegati alla richiesta di permesso di costruire in sanatoria, mentre risulta invece rappresentata sugli elaborati allegati alle integrazioni documentali protocollata in data 30 ottobre 2009 al n. 32343.

3. Mancata conformità all’articolo 15. 1. 5 delle NTA per quanto riguarda l’aumento della SLP e del volume previsto dal progetto.

All’interno della zona A1 centro storico, l’articolo 15.1.5 delle NTA del vigente piano regolatore non consente incrementi della superficie lorda di pavimento e del volume esistenti, con l’eccezione delle sottozone diverse dalle A1a e A1b, nelle quali l’aumento della SLP è consentito attraverso il tamponamento di logge e portici.

Ricordato che l’edificio oggetto di intervento è principalmente classificato come sottozona "A1a: edifici complessi di alto valore storicoarchitettonico", ne consegue che nella fattispecie non sono consentiti incrementi della SLP e, conseguentemente, del volume neppure mediante il tamponamento di portici e logge.

In considerazione della chiusura della copertura della corte interna e della formazione di ballatoi aggettanti sulla stessa, interventi comportante un incremento della volumetria del fabbricato classificato come sottozona A1a, ne deriva che il progetto è in contrasto con il disposto dell’articolo 15.1.5 delle vigenti NTA.

4. Mancata conformità all’articolo 15. 2. 1 delle NTA per quanto riguarda le modalità di intervento.

Come più volte ricordato l’edificio oggetto di intervento è classificato del vigente piano regolatore come sottozona "A1a: edifici complessi di alto valore storicoarchitettonico", la quale comprende gli edifici o parti di edifici sottoposti a vincolo ex legge numero 1089/1939 presenti in zona A e gli edifici e i complessi di notevole valenza architettonica, artistica, monumentale e tipologica che costituiscono emergenze storico ambientali di particolare valore del Centro storico.

Solo una piccola parte dell’intervento ha riguardato una porzione del fabbricato classificato come sottozona A1c.

All’interno della sottozona A1a, gli interventi ammessi sono finalizzati alla tutela e conservazione dell’integrità originaria e devono sempre essere condotti con riferimento alle metodologie e alle tecniche del restauro. È prescritta la salvaguardia assoluta delle facciate esistenti e delle murature portanti antiche, con l’eliminazione di eventuali elementi estranei ed il ripristino dei caratteri originari.

Le categorie di intervento ammesse sono quelle della manutenzione ordinaria e straordinaria e del restauro e risanamento conservativo.

Il progetto presentato, al contrario, configura la ristrutturazione edilizia con ampliamento del fabbricato esistente, considerato che viene previsto un insieme sistematico di opere che portano ad un organismo edilizio diverso dal precedente, con pluralità di destinazioni d’uso (uffici, centro fitness, residenza) e di unità immobiliari, con un incremento di volume dovuto alla copertura della corte interna del fabbricato, nonché alla formazione di ballatoi aggettanti sulla corte stessa e ricordato che è stata modificata la destinazione d’uso precedente del fabbricato adibito a Museo storico della ditta Marzoli.

5. Mancata conformità all’articolo 15. 2 delle NTA per quanto concerne le destinazioni d’uso.

L’articolo 15. 2 delle NTA, relativamente alla sottozona "A1 centro storico", per le destinazioni d’uso prevede che:

"Salvo diverse e più specifiche disposizioni prescritte per le sottozona, sono di norma classificata destinazioni d’uso principali di aree ed edifici le seguenti destinazioni:

residenza

esercizi commerciali di vicinato ed esercizi pubblici

strutture ricettive

uffici

servizi di interesse collettivo, pubblici e privati

laboratori artigianali non molesti e non inquinanti con SLP massima di mq. 250

parcheggi pubblici e privati.

Tali destinazioni sono comunque inammissibili se il loro inserimento non sia compatibile con le tipologie esistenti e/o comporti alterazioni architettoniche degli edifici o dell’assetto e della organizzazione del complesso esistente in contrasto con il mantenimento dei carattere storicoarchitettonici, le norme generali e le modalità di intervento ammesse per le singole sottozone".

Le opere di cui all’intervento realizzato, al fine di insediare nuove destinazioni d’uso, configurano evidenti alterazioni architettoniche dell’assetto e della organizzazione del fabbricato esistente, in contrasto con il mantenimento dei caratteri storicoarchitettonici dello stesso.

Infatti, in funzione delle nuove destinazioni d’uso previsto dal progetto, sono state effettuate la chiusura di un locale interrato, la demolizione di parte di setti murari portanti, in alcuni casi con la perdita dei caratteristici allineamenti delle aperture collegate i diversi locali, la formazione di tavolati interni che portano ad una perdita della leggibilità delle partizioni originarie dell’edificio, la compromissione della corte interna con la copertura della stessa e con la formazione di una piscina interrata estranee alla storia del luogo.

Come tali le nuove destinazioni previste dal progetto sono da ritenersi inammissibili con la tipologia esistente del fabbricato.

6. Mancata conformità all’articolo 15. 1- punto 2 "prescrizioni generali" per le zone A delle NTA.

6. 1 – La formazione di u nuovo terrazzo nella copertura è in contrasto con le prescrizioni generali per i "sottotetti esistenti" dettate dall’articolo 15.1 punto 2 delle NTA del vigente Piano Regolatore;

6.2 – La chiusura della corte interna del palazzo, mediante copertura della stessa e la nuova costruzione di una piscina interrata sono in contrasto con le prescrizioni generali per "corti e altri spazi liberi" e per le "piscine" dettate dall’articolo 15.1 punto 2 delle NTA del vigente piano regolatore.

6.3 La nuova costruzione di ballatoi di disimpegno agli alloggi al primo piano aggettanti sulla corte interna è in contrasto con le prescrizioni generali per gli "aggetti e sbalzi", dettate dall’articolo 15.1 punto 2 delle NTA del vigente piano regolatore.

Da quanto sopra esposto, ne consegue che l’intervento di ristrutturazione edilizia realizzato è in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente si al momento della realizzazione dello stesso, sì al momento della presentazione della domanda e che, pertanto, non sussistano i requisiti di cui all’articolo 36 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria."

Come si è detto la ricorrente sostiene che:

1) l’intervento realizzato rimane nell’ambito del restauro e risanamento conservativo, come si evince peraltro dalle tavole progettuali, stante il rispetto degli elementi formali e strutturali del fabbricato (pareti perimetrali, sistemi di collegamento tra il piano terra e primo piano, copertura, porticati), non essendovi inoltre diversa distribuzione di volumi. Gli appartamenti sono stati ricavati all’interno della struttura esistente di cui sono stati conservati i setti portanti, con partizioni interne che hanno interessato locali privi di rilevanza tipologica: trattasi infatti di vani già utilizzati come uffici, archivi, oltre a servizi igienici, realizzati nel corso degli anni (cfr. tavola dello stato di fatto).

2) non sussiste l’ aumento volumetrico in quanto:

a) la corte interna è destinata a rimanere aperta, essendo unicamente stato inserito un elemento (a scomparsa) da utilizzare in particolari condizioni meteorologiche avverse, quindi tale copertura, per le sue caratteristiche e funzioni, non è atta a trasformarla in un piano abitabile rilevante a fini del computo dei volumi, come disposto dall’art. 2.3 delle NTA del PRG ("il volume si ricava moltiplicando la superficie lorda di pavimento dei singoli piani per l’altezza virtuale dei locali abitabili di m. 2,70 e di cm. 30 per i solai").

b) quanto ai ballatoi interni, la normativa urbanisticoedilizia, e specificatamente l’art. 2.3 numero 4 delle NTA ("sono esclusi dal computo della s.l.p…. b) i portici, le logge ed i balconi aperti, gli aggetti ornamentali") li esclude dal computo della S.l.p. (e quindi del volume)

3) la pluralità di destinazioni d’uso è consentite dalla norma di zona, che non preclude la "coesistenza" di funzioni diverse all’interno del medesimo fabbricato, e il mutamento di destinazione d’uso è compatibile con l’intervento di restauro e risanamento conservativo.

Tali prospettazioni vanno disattese.

Sotto un profilo d’ordine generale, con riferimento alla questione della natura giuridica dell’intervento (di cui al p. 1), occorre muovere dal rilievo che la normativa regionale della Lombardia (art 27 della L.R. 11.3.2005 n. 12), nel dettare le definizioni delle differenti tipologie d’intervento edilizio, afferma che gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti…."

La norma, per quanto in questa sede viene in rilievo, è in perfetta consonanza con quanto previsto dal T.U. dell’edilizia (di cui al D.P.R. n. 380 del 2001) il quale, all’ art. 3, comma 1 – lett. d), (come modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301) definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti".

L’ art. 10, comma 1 – lett. c), del cit. DPR n. 380, come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici", ovvero si connettano a mutamenti di destinazione d’uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A).

La giurisprudenza ha rilevato che la ristrutturazione edilizia, poiché non vincolata al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio, differisce sia dalla manutenzione straordinaria, che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, o, ancora, modifica della sagoma o mutamento della destinazione d’uso, sia dal restauro e risanamento conservativo, che non può modificare in modo sostanziale l’assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d’uso "compatibili" con l’edificio conservato (cfr. Cassazione penale, sez. III, 16 marzo 2010 n. 20350).

L’aumento della superficie e della volumetria non si concilia quindi con la nozione di manutenzione straordinaria, che espressamente presuppone l’immutabilità dei volumi e delle superfici, essendo invece riconducibile alla figura della ristrutturazione, assentibile soltanto mediante concessione edilizia (cfr. T.A.R. Marche 27 settembre 2010 n. 3318. Si veda anche quanto osservato dal T.A.R. Lazio sez. II, 11 settembre 2009 n. 8644, laddove, in relazione alla chiusura di un piano piloty, è stato rilevato che tale intervento comporta aumento di superficie e di volumetria e non si riduce quindi alla semplice rinnovazione o sostituzione di parti anche strutturali di un edificio, sicché l’ intervento non può essere riferito all’ipotesi della manutenzione straordinaria né è assimilabile ad un intervento di restauro, di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, che non comporti aumento di superfici utili di calpestio, ancorché non residenziali).

Ancora, è stato rilevato dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Molise, 27 marzo 2009 n. 99, Cons.St., sez. V, 17 dicembre 1996 n. 1551) che gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro o risanamento conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia

In altre parole, affinché sia ravvisabile un intervento di ristrutturazione edilizia è sufficiente che risultino modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi dell’edificio, ovvero l’ordine in cui risultavano disposte le diverse porzioni dell’edificio, per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d’uso esistente, poiché anche in questi casi sussistono un rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, ed un’alterazione dell’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, che presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie (cfr. T.A.R. Marche, 27 settembre 2004 n. 1503; T.A.R. Campania, sez. IV, 18 settembre 2003 n. 11499; Consiglio di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2002 n. 5775; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 maggio 2000, n. 2988).

La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L’elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente, ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo (cfr. Cassazione penale, sez. III, 14 maggio 2008 n. 35897).

Con riguardo alle ulteriori argomentazioni svolte dalla difesa della ricorrente (di cui ai p. 2 e 3), va innanzitutto rilevata la correttezza delle osservazioni sviluppate dall’Amministrazione nell’ambito del provvedimento impugnato: al p. 3. "Mancata conformità all’articolo 15. 1. 5 delle NTA per quanto riguarda l’aumento della SLP e del volume previsto dal progetto", al p. 4. "Mancata conformità all’articolo 15. 2. 1 delle NTA per quanto riguarda le modalità di intervento", al p. 5. "Mancata conformità all’articolo 15. 2 delle NTA per quanto concerne le destinazioni d’uso" e al p. 6. "Mancata conformità all’articolo 15. 1- punto 2 "prescrizioni generali" per le zone A delle NTA".

In tali paragrafi l’Amministrazione ha confutato le tesi di parte ricorrente ponendo in luce il contrasto dell’intervento realizzato con le specifiche disposizioni, di volta in volta richiamate, delle NTA che disciplinano le sottozone in cui è articolata la zona A.

In aggiunta, con riguardo alla questione della copertura della corte interna dell’edificio, occorre sottolineare l’insostenibilità della tesi – sviluppata dalla ricorrente – secondo cui trattandosi di una copertura mobile (utilizzata solo in caso di maltempo) non si verterebbe in un’ipotesi di modificazione permanente. per contro, va affermato che la possibilità di apertura della stessa non ne può certo far venir meno il carattere di permanente modificazione della struttura preesistente "a corte". Al riguardo va richiamato il condivisibile orientamento (cfr. T.A.R. Campania, sez. VI, 7 settembre 2009 n. 4899, T.A.R. Campania, sez. II, 29 gennaio 2009 n. 492) secondo cui "gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime della concessione edilizia (oggi permesso di costruire) soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono; tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza concessione edilizia (oggi permesso di costruire) allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite; quando, quindi, per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell’edificio principale o della parte dello stesso cui accedono".

Il primo motivo va dunque rigettato siccome infondato in punto di fatto e di diritto.

Parimenti infondata è la seconda censura, con la quale si lamenta il difetto di istruttoria e motivazione, in relazione all’asserita sussistenza di un potere di discrezionale valutazione, da parte del funzionario, in sede di disamina del progetto.

Innanzi tutto risulta preclusiva la circostanza che si è in presenza di un "accertamento di conformità" ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l’area in cui sorgono, vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria (c.d. doppia conformità). Tale procedura si caratterizza come oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, dovendo l’autorità procedente valutare l’assentibilità dell’opera eseguita senza titolo, sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione ad entrambi i momenti considerati dalla norma.

Per completezza, va soggiunto che – quand’anche dovesse ritenersi che, in forza della disposizione di cui all’art. 15.1.2 NTA, sia stato attribuito al funzionario dell’UTC, in sede di disamina, un potere di valutazione discrezionale di valutazione circa l’ammissibilità del progetto edilizio proposto anche in deroga alle prescrizioni delle medesime NTA (principio che si porrebbe in pieno contrasto con il consolidato insegnamento per cui il rilascio di permesso di costruire consiste in un provvedimento vincolato al riscontro della conformità del progetto del proposto intervento costruttivo alla normativa urbanistica ed edilizia in atto vigente, senza che residui in capo all’Amministrazione Comunale alcun margine di discrezionalità amministrativa) – nella fattispecie la suddetta valutazione è stata comunque compiuta, con esito negativo, alla stregua di una approfondita istruttoria e di una analitica motivazione.

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste – alla stregua del principio victus victori – a carico della ricorrente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore del resistente Comune di Palazzolo sull’Oglio, che liquida in complessivi Euro 3.000 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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