T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 19-04-2011, n. 1003 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, usufruttuario di un’area nel Comune di Desio, catastalmente individuata al fg. 4 mapp. 281 e azzonata coma E – destinazione agricola – espone:

di essere imprenditore edile;

di utilizzare l’area quale deposito per i materiali e gli strumenti funzionali all’attività;

di aver presentato in data 3.5.2002 una d.i.a. per la realizzazione di una recinzione in pali e rete metallica, con porzione apribile, nonché una domanda di autorizzazione, in data 26 luglio 2002, per la realizzazione di un pergolato in legno e la pavimentazione con piastroni grigliati;

di aver realizzato nei mesi invernali del 20222003 un piccolo manufatto precario ad uso capannone per il ricovero degli attrezzi e un prefabbricato costituito da un unico vano;

di aver presentato domanda di sanatoria ex L. 326/2003 per queste ultime opere in data 12 luglio 2004, effettuando il versamento di quanto dovuto;

che il Comune, dopo aver richiesto integrazioni documentali con la nota del 7 luglio 2005, in data 26 gennaio 2007 ha notificato il preavviso di diniego, motivato con l’inesistenza delle opere da condonare alla data del 31 marzo 2003, in base ad un rilievo aereofotogrammetrico redatto da una società incaricata;

di aver inviato le proprie osservazioni, facendo rilevare principalmente che la fotografia non era idonea ad attestare l’esistenza dei manufatti;

di aver ricevuto il diniego di sanatoria, avverso cui ha articolato con il ricorso principale le seguenti censure:

violazione e falsa applicazione della L. 326/2003; violazione della circolare del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 2699/2005; eccesso di potere per travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della PA; violazione e falsa applicazione L. 241/90: l’Amministrazione non ha raggiunto la prova sulla data di esatta realizzazione e non ha valutato le osservazioni presentate ex art 10 bis L. 241/90.

Si costituiva in giudizio il Comune di Desio, chiedendo il rigetto del ricorso.

Medio tempore, avendo l’Amministrazione riscontrato nel sopralluogo del 8 ottobre 2010, l’esistenza di ulteriori manufatti abusivi, notificava l’ordine di demolizione, avverso il quale sono stati proposti motivi aggiunti, depositati in data 21.10.2010, con le seguenti censure:

violazione e falsa applicazione della L. 326/2003; violazione della circolare del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 2699/2005; eccesso di potere per travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria e di motivazione; perplessità e contraddittorietà: sostiene il ricorrente che talune opere, di cui si ordina la demolizione, sono già state rimosse, mentre altre hanno natura precaria e quindi non necessitano di titolo; per le rimanenti, già oggetto di sanatoria, l’Amministrazione non ha provato che le opere non fossero completate alla data del 31.3.2003.

Anche rispetto ai motivi aggiunti si costituiva il Comune, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 1270 del 18.11.2010 la domanda cautelare veniva accolta.

All’udienza del 24 febbraio 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione

1) Parte ricorrente ha impugnato con il ricorso principale il diniego di sanatoria di opere poste a servizio della sua attività imprenditoriale; con motivi aggiunti è stata gravata l’ordinanza di demolizione delle opere per cui era stata presentata la sanatoria, nonché di ulteriori manufatti.

2) La questione centrale attiene alla prova fornita dall’Amministrazione circa il tempo di realizzazione dell’abuso: infatti l’Amministrazione ha respinto la domanda di sanatoria facendo riferimento alla circostanza che l’opera edilizia non risultava esistente alla data prescritta dalla legge, cioè il 31.3.2003, in base ad un rilievo aerofotogrammetrio.

Nei motivi del ricorso principale, parte ricorrente lamenta la illegittimità del diniego della sanatoria per difetto di istruttoria: gli elementi invocati dalla PA non sarebbero dotati di valore di prova legale, in quanto il rilievo effettuato e la certificazione successiva non potrebbero inficiare l’efficacia probatoria delle allegazioni del ricorrente (in particolare la dichiarazione sostitutiva del 20.6.2004, allegata alla domanda di sanatoria – doc. n.2 parte ricorrente).

Viene rilevata anche la contraddittorietà dell’atto, in quanto di fronte al versamento della oblazione e alla presentazione della documentazione integrativa richiesta nel luglio del 2005, l’Amministrazione non ha mai eccepito nulla, ma, dopo cinque anni, ha concluso negativamente il procedimento.

L’ultimo rilievo attiene poi alla violazione dell’art 10 bis L. 241/90: essendo stati prodotti nella fase istruttoria, elementi di prova ulteriore da parte dell’interessato, l’Amministrazione avrebbe dovuto dare un nuovo preavviso di rigetto.

I motivi non hanno pregio.

Deve ricordarsi che:

a) in materia di ripartizione dell’onere della prova, rispetto al profilo specifico della data di realizzazione delle opere da sanare, è stato affermato che detto onere grava sul richiedente la sanatoria; ciò perché mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che richiede la sanatoria può fornire qualche documentazione da cui si desuma che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta come ad es. fatture, ricevute, bolle di consegna, relative all’esecuzione dei lavori e/o all’acquisto dei materiali ecc. Pertanto colui che ha commesso l’abuso non può trasferire il suddetto onere in capo all’Amministrazione, qualora non sia in grado di fornire elementi e documenti atti a sostenere la richiesta legittima di condono edilizio (ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 02 febbraio 2011, n. 752);

b) l’autodichiarazione del privato, allegata alla domanda di condono edilizio, attestante la ultimazione delle opere abusive entro la data prevista dalla legge non presenta valenza probatoria privilegiata, ma costituisce esclusivamente un principio di prova, destinato a cedere in presenza di più consistenti elementi probatori in possesso dall’Amministrazione.

In applicazione a tale orientamento è stato ritenuto legittimo il rigetto della domanda di condono presentata ai sensi dell’art. 32 della L. 24 novembre 2003, n. 326 di opere edilizie, che, in base ad una aerofotogrammetria in possesso dell’Autorità comunale, era stato provato che le opere stesse non erano esistenti alla data prevista dalla legge per conseguire il condono (Cons. Stato sez. IV, n. 4359/2007);

c) per i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. 241 del 1990, trattandosi di atti dovuti e rigorosamente vincolati, rispetto ai quali non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario (fra le ultime, T.a.r. Lazio Roma, I, 10 maggio 2010, n. 10470; T.a.r. Campania Napoli, VII, 5 maggio 2010, n. 2667).

Quanto sopra riportato costituisce ragione per ritenere legittimo il diniego.

Infatti da un lato l’aerofotogrammetria in possesso dell’Autorità comunale costituisce prova sufficiente a dimostrare che le opere stesse non erano esistenti alla data prevista dalla legge per conseguire il condono, dall’altro il ricorrente si è limitato ad una autodichiarazione, non accompagnata da ulteriori elementi probatori.

Pertanto, proprio perché spetta al soggetto, che chiede il rilascio della licenza di costruzione in sanatoria, l’onere di dimostrare il fatto che si sostiene e l’epoca del riscontrato abuso edilizio, in assenza di una confutazione della prova addotta dall’Amministrazione, è legittimo il rigetto.

Non si ravvisa altresì alcuna contraddittorietà della condotta dell’Amministrazione, che ha adottato dopo una completa istruttoria il provvedimento finale: si tratta di una attività strettamente vincolata, in cui si esclude ogni possibilità di affidamento nonostante il decorso del tempo dalla presentazione della domanda al provvedimento finale.

Tra l’altro nel caso di specie il decorso del tempo è giustificato dalla carenza documentale della domanda stessa.

Altresì inconferente la lamentata violazione dell’art 10 bis L. 241/90, dal momento che tale adempimento è stato assolto, e la produzione di nuovi elementi non comporta la riapertura della fase ma solo l’obbligo per l’Amministrazione di adottare il provvedimento tenendo in considerazione la posizione del destinatario.

Per tali ragioni il ricorso principale va respinto.

3) I motivi aggiunti sono stati proposti avverso l’ordine di demolizione, che ha per oggetto una pluralità di opere, suddivisibili in tre gruppi:

le opere già demolite;

le opere per le quali è stata rigettata la domanda da sanatoria;

le opere precarie.

Anche i motivi aggiunti sono infondati.

Rispetto alle opere abusive rimosse, parte ricorrente si è limitata alla sola affermazione, senza alcuna prova fotografica o di altro genere, né ha comunicato tale operazione di rimozione agli uffici competenti.

Con riferimento alle opere abusive per le quali è stata richiesta la sanatoria, l’ordine di demolizione è stato notificato quale atto conseguente al rigetto della domanda di sanatoria, ritenuto legittimo.

Pertanto non è viziato da illegittimità derivata.

Né ha alcun rilievo di illegittimità la circostanza che l’Amministrazione abbia adottato il provvedimento sanzionatorio mentre era ancora sub judice il rigetto di sanatoria.

Quanto invece alle opere non oggetto di sanatoria, per le quali parte ricorrente afferma la natura precaria e il carattere pertinenziale, l’Amministrazione ha evidenziato il contrasto con le norme di zona e quindi l’inapplicabilità dell’art 22 comma 1 DPR 380/2001.

Come noto, la natura di precarietà presuppone che l’opera sia agevolmente rimuovibile, funzionale a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea (es. baracca o pista di cantiere, manufatto per una manifestazione…) – destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l’interesse finale. Nel caso di specie manca ogni prova circa la temporaneità delle opere e quindi correttamente l’Amministrazione ne ha escluso la natura precaria.

Va poi da ultimo osservato che le opere, anche se individualmente considerate possono raffigurarsi come meri accessori degli edifici già esistenti, di fatto compongono un unicum, dando luogo ad una complessiva trasformazione edilizia dei luoghi.

Per tali ragioni i motivi articolati avverso la demolizione sono infondati e vanno respinti.

4) In conclusione il ricorso e i motivi aggiunti vanno respinti.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna parte ricorrente a liquidare a favore del Comune di Desio le spese di giudizio, quantificate in Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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