Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 18-01-2011) 21-04-2011, n. 16004 Omicidio colposo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- S.D. propone ricorso, per il tramite del difensore, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, del 25 febbraio 2010, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza, del 31 marzo 2008, che lo ha dichiarato colpevole del delitto di omicidio colposo, in pregiudizio di Sa.Pi. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di mesi otto di reclusione, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, da liquidarsi in separato giudizio.

Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito, l’imputato, quale dirigente medico dell’unità operativa di anestesia e rianimazione dell’ospedale (OMISSIS), per negligenza, imprudenza ed imperizia, ha cagionato la morte del Se. – che avrebbe dovuto esser sottoposto ad intervento chirurgico per una frattura scomposta del femore – perchè, dopo avere inutilmente tentato di effettuare un’anestesia spinale ed avere quindi proceduto ad anestesia generale con intubazione oro-tracheale, eseguita dopo laboriose manipolazioni, accompagnate da crisi di ipertensione e tachicardia, per contrastare i fenomeni emodinamici insorti, aveva somministrato della clonidina (catapresan), farmaco che, in un soggetto particolarmente debole (il Sa. pesava appena 40 kg), aveva provocato un forte abbassamento dei valori pressori che aveva determinato la morte del paziente.

In particolare, la corte territoriale ha ribadito, alla luce delle valutazioni e delle conclusioni rassegnate dai periti incaricati di accertare le cause della morte del Se. e richiamando la sentenza di primo grado, che proprio la somministrazione del catapresan – non più necessaria perchè i valori pressori, aumentati per le manipolazioni effettuate durante le operazioni di intubazione, erano in via di normalizzazione, dopo che questa era stata realizzata – aveva determinato la caduta drastica della pressione e quindi il decesso del Se.. Se il sanitario, ha sostenuto la corte territoriale, ancora riportando i giudizi espressi dai periti, avesse ricondotto l’ipertensione nell’ambito dell’ipossia conseguente alle difficoltà dell’intubazione, sarebbe stata evitata la somministrazione del catapresan e la conseguente ipotensione seguita dal decesso del paziente.

Avverso tale sentenza ricorre, dunque, l’imputato, che deduce:

A) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza impugnata e nullità della stessa. Sostiene il ricorrente che con l’atto di appello erano state formulate precise critiche alla motivazione della sentenza di primo grado, sulle quali il giudice del gravame avrebbe sorvolato, adagiandosi su una motivazione "per relationem" e senza affrontare il tema del contrasto emerso tra le valutazioni e le conclusioni dei periti e quelle alle quali è pervenuto il consulente dell’imputato. Anche in termini superficiali sarebbe stata affrontata l’eccezione relativa alla mancata correlazione tra l’accusa contestata e la sentenza che, contrariamente a quanto originariamente ritenuto dal PM, ha ipotizzato una condotta commissiva dell’imputato, piuttosto che omissiva. Nessun rilievo sarebbe stato accordato alle osservazioni del consulente del PM, ed erroneamente interpretate sarebbero state talune deposizioni testimoniali. Lo stesso giudice non avrebbe considerato che la somministrazione del catapresan era stata effettuata nella giusta misura e si era resa necessaria per prevenire altre complicanze, ad esempio un ictus cerebrale, mentre non era stato correttamente valutato il rischio nascente dal danno coronarico che già accusava il paziente.

B) Erronea applicazione dei criteri relativi al nesso causale nella colpa professionale medica. Dopo avere riassunto i termini della questione e i diversi orientamenti giurisprudenziali, il ricorrente rileva che il giudice del gravame avrebbe del tutto ignorato il tema della causalità, benchè con l’atto di appello esso fosse stato chiaramente posto all’attenzione della corte territoriale;

C) Mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’assunzione di prova tecnica necessaria, si sostiene nel ricorso, per chiarire i molti lati oscuri della vicenda.

Conclude, quindi, il ricorrente, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Con nota depositata presso la cancelleria di questa Corte, le parti civili deducono l’infondatezza del ricorso e ne chiedono il rigetto.

-2- Il ricorso è infondato.

A) Il primo dei motivi proposti è certamente inammissibile, laddove il ricorrente, deducendo il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostanzialmente propone all’esame del giudice di legittimità, peraltro talvolta in termini del tutto generici, una rilettura del materiale probatorio posto dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, confortata da motivazione congrua e coerente sul piano logico.

In realtà, il giudice del gravame, in piena sintonia con gli elementi probatori acquisiti, richiamando le osservazioni e le conclusioni rassegnate dai periti incaricati di accertare le cause della morte del Se. e le eventuali responsabilità, ha ribadito che tali cause andavano individuate nell’errore diagnostico e terapeutico compiuto dall’imputato che, non avendo compreso che il rialzo pressorio – provocato dalle manovre poste in essere per l’intubazione del paziente, prolungate e difficoltose – si stava autonomamente normalizzando una volta realizzata l’intubazione, ha somministrato il catapresan, farmaco che aveva causato un violento abbassamento dei valori pressori ed il conseguente decesso del paziente, soggetto dalla costituzione particolarmente gracile.

L’iter argomentativo della motivazione, che ha richiamato anche la sentenza di primo grado, non presenta alcuna incongruenza sul piano logico nè contraddittorietà rispetto alle emergenze in atti. Come era ovvio che fosse, la sentenza ha ricordato i giudizi tecnici espressi dai periti, la cui valenza scientifica è stata contestata dal ricorrente, tuttavia con argomentazioni che, laddove non si sono caratterizzate per la loro genericità, sono state ritenute infondate dai giudici del merito. In termini più articolati e specifici dal giudice di primo grado che, dopo avere confrontato le diverse valutazioni ed osservazioni provenienti dagli stessi periti e dal consulente dell’imputato, è giunto a concludere che più persuasive, anche perchè riscontrate, si presentavano quelle dei periti e che non una emergenza probatoria autorizzava a pervenire a conclusioni diverse da quelle da questi ultimi rassegnate.

Non è stato, peraltro, trascurato il tema, oggetto di specifico confronto dibattimentale, della incidenza della patologia cardiaca, rilevata in sede autoptica, di cui era portatore il Se.. A tale proposito, lo stesso giudice di primo grado ha sostenuto – sempre richiamando i giudizi espressi dai periti – che la tesi di parte, secondo cui il crollo pressorio improvviso era stato provocato da una pregressa situazione cardiaca, non era convincente, dato che dalla cartella anestesiologica era emerso un calo dei valori che era stato graduale, e quindi incompatibile con l’ipotesi della genesi cardiaca.

Anche il tema della correlazione tra accusa e sentenza è stato affrontato e coerentemente risolto dalla corte territoriale che ha correttamente rilevato come in termini chiaramente commissivi fosse stata descritta nel capo d’imputazione la condotta colposa attribuita all’imputato e come conforme a tale premessa fosse stata la decisione del primo giudice.

B) Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

In realtà, il tema della causalità non è stato per nulla trascurato ed è stato correttamente affrontato dalla corte territoriale che ha giustamente posto in diretta relazione il decesso del paziente con l’errata gestione, sotto l’aspetto anestesiologico, dello stesso.

Richiamando ancora una volta i pareri tecnici espressi dai periti, la medesima corte, ripercorrendo le varie tappe nelle quali si è concretizzato l’intervento dell’imputato, ha coerentemente ritenuto che vi fosse una precisa e diretta correlazione, logica e cronologica, tra il decesso del Se. e gli interventi eseguiti dal sanitario, a partire dalle ripetute manovre eseguite per ottenere l’intubazione del paziente, seguite dalla sopravvenuta ipertensione, fino all’uso del catapresan, seguito dall’immediato e fatale crollo pressorio. Il decesso, in altri termini, secondo il corretto argomentare dei giudici del merito, è stato determinato dall’inopportuno ricorso ad un farmaco che, in un soggetto già a rischio ipossemico, ha provocato una condizione di ipossemia rivelatasi fatale.

A fronte di tali precise argomentazioni, l’obiezione relativa all’asserita mancanza di valutazione, da parte del giudice del merito, del tema della prevedibilità e della evitabilità del decesso, appare chiaramente pretestuosa, essendo stati tali argomenti oggetto di analisi, sia pure sintetica, nel contesto argomentativo della sentenza, laddove è stato ricordato che il paziente già presentava un importante fattore di rischio ipossemico per una pregressa bronchite cronica e per un deficit coronarico. Rischio del quale l’imputato avrebbe ben dovuto tener conto, allorchè aveva deciso di somministrare il catapresan, avendo dovuto prevedere che detto farmaco quel rischio avrebbe certamente aggravato in un soggetto dalla costituzione fisica particolarmente gracile.

C) Ancora infondato è, infine, l’ultimo motivo di ricorso, peraltro genericamente enunciato, laddove si consideri che l’esigenza di ricorrere ad un’ulteriore perizia viene dedotta dal ricorrente dal contrasto di opinioni registrato tra i periti ed il consulente dell’imputato. Circostanza che certamente di per sè non giustifica l’espletamento di ulteriore perizia (quella in atti, oggetto di contestazione, era già stata disposta in vista del contrasto rilevato tra i consulenti del PM ed il consulente dell’imputato), specie laddove il giudice abbia, come nel caso di specie, motivatamente ritenuto di condividere le conclusioni dei periti – considerate più convincenti e valide sotto il profilo scientifico dopo averle confrontate con le tesi del consulente di parte – e di non avere nessuna necessità di ulteriori approfondimenti tecnici, essendo nelle condizioni di decidere senza ulteriori indugi.

Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione, in favore delle costituite parti civili, delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione, in favore delle costituite parti civili, delle spese di questo giudizio, che liquida in Euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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