Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-01-2011) 21-04-2011, n. 16065

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14-10-2009 il Giudice Monocratico del Tribunale di Sulmona confermava nei confronti di T.Z. la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Pratola Peligna in data 28.11.2007, con la quale il suddetto T. era stato condannato perchè ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 594 c.p., commesso ai danni di V.A., alla pena di Euro 150,00 di multa.

Nella specie si era contestato all’imputato di avere inviato due missive in data 2.3.2004 di cui una indirizzata alla dipendente della s.r.l. Agriaquila di Raiano Cristina Rante e l’altra a V.T., descrivendo il predetto come autore di ammanchi di denaro verificatisi presso la società innanzi menzionata.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo la assoluta mancanza di motivazione sui punti dedotti in sede di appello.

Evidenziava altresì che l’imputato aveva qualifica di amministratore unico della società, nella quale la parte lesa era socio,senza percepire stipendio.

In tale situazione l’amministratore aveva constatato gli ammanchi, non essendovi corrispondenza tra il fatturato e l’incasso.

In conclusione rilevava che l’imputato aveva scritto le missive rilevando quanto si stava verificando e assumendo il controllo diretto della attività amministrativa.

Tale aspetto non era stato esaminato in sentenza e dunque la difesa riteneva carente la motivazione anche per l’elemento psicologico del reato.

Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso risulta dotato di fondamento.

Invero la difesa ha rappresentato specifiche deduzioni attinenti alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato ascritto al predetto imputato,facendo esplicito riferimento alla attività che esso e la presunta parte lesa svolgevano nell’ambito della società presso la quale operavano, e, soprattutto, alle ragioni che l’avevano indotto a ritenere che vi fossero stati degli ammanchi.

Orbene, nella sentenza impugnataci giudice disattende le doglianze dell’appellante senza rendere alcuna motivazione in ordine ai punti sopra segnalati. Conseguentemente trattasi di sentenza viziata per carenza della motivazione restando nella specie inadeguato il richiamo alla motivazione del primo giudice, privo di riferimenti specifici ai motivi di impugnazione ed alle ragioni per le quali venivano disattesi.

Va dunque pronunziato l’annullamento con rinvio al giudice competente per il nuovo giudizio di appello.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Sulmona per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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