T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 20-04-2011, n. 343 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 22 giugno 2010 e depositato il 29 giugno 2010, il condominio "A." (via Rausei, 38, Reggio Calabria) – giusta deliberazione assembleare di autorizzazione alla lite del 31 gennaio 2007 – e i singoli condomini coniugi U.C. / V. (proprietari dell’appartamento immediatamente sovrastante l’opera de qua) impugnano il permesso di costruire in sanatoria (condono edilizio) n. 146 del 28 aprile 2010, rilasciato in favore del sig. C.A. dal Comune di Reggio Calabria (rif. pratica condono edilizio n. 3701/1995), ai sensi dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

I ricorrenti fanno presente che il permesso di costruire in questione riguarda una costruzione abusivamente realizzata dal sig. A., quale corpo aggiunto all’appartamento di sua proprietà, insistente sul cortile di pertinenza dell’appartamento, dal lato interno.

Il provvedimento impugnato si riferisce, precisamente, alla "sanatoria dell’abuso edilizio eseguito e consistente nella realizzazione di un vano di mq. 9 di s.n.r. in struttura mista, metallica e vetri in ampliamento all’unità abitativa, posta al piano terra (primo f.t.), di un maggior fabbricato in c.a. a sei piani f.t. assentito con L.E. n. 525 del 22.12.1967, ubicata in fregio alla Via Cardinale Portanova dir. Rausei, n. 38 di Reggio Calabria ed identificata nel N.C.E.U. al foglio di mappa n. 89 della sezione censuaria di Reggio Calabria con il numero di particella 700 sub. 17".

I ricorrenti deducono che il sig. A. avrebbe realizzato abusivamente, nel cortile di pertinenza del suo appartamento, in aderenza ed in appoggio al muro perimetrale ed alla facciata condominiale, una costruzione stabile, chiusa da tutti i lati, alta circa 4 metri, interamente coperta da una tettoia in materiale plastico rinforzato (con travi di sostegno in ferro e legno), di superficie complessiva pari a 20 metri quadrati circa.

Tale manufatto sarebbe stato realizzato in carenza dei prescritti titoli abilitativi e senza l’assenso del condominio, che si è anzi espressamente dichiarato contrario, diffidando il sig. A. alla sua rimozione e invitando formalmente il Comune a non rilasciare il permesso di costruire in sanatoria dal medesimo richiesto nel 1995 (pratica n. 3701).

Deducono i seguenti motivi:

I) Violazione della legge n. 724/1994. Tardività della domanda di condono.

L’istanza di condono sfociata nel provvedimento impugnato sarebbe stata presentata dal sig. A. dopo la scadenza del termine di legge del 31 marzo 1995.

II) Violazione della legge n. 724/1994. Tardiva presentazione delle integrazioni documentali richieste dal Comune a pena di decadenza. Inammissibilità della originaria domanda di condono per difetti, carenza documentali e altri vizi sostanziali.

Il sig. A. avrebbe dovuto presentare le integrazioni richieste dal Comune con nota del 2 agosto 2004 entro e non oltre il 31 dicembre 2005. Invece Egli ha provveduto solo negli anni 2007 e 2008, oltre i termini di decadenza previsti dal comma 37 dell’art. 2 della legge n. 662/1996. In ogni caso, la rilevanza delle chieste integrazioni dimostrerebbe l’originaria inammissibilità dell’istanza di condono. Non sarebbero, infine, mai stati prodotti il certificato di idoneità statica e quello di collaudo.

III) Violazione di legge. Eccesso di potere. Carenza di motivazione. Difetto di istruttoria. Illegittima modifica fuori termine dei dati sostanziali dell’originaria domanda di condono. Vizi, omissioni ed errori di natura sostanziale nella domanda e nella procedura di condono. Falsità delle dichiarazioni poste a base della domanda di condono.

Con nota del 26 febbraio 2008 il sig. A. ha presentato una "rettifica" dei dati della domanda di condono che configurerebbe una domanda del tutto diversa, con dati ed elementi essenziali totalmente nuovi. Ciò in quanto nell’istanza originale era stata indicata una concessione edilizia (n. 170/1966) relativa al fabbricato condominiale del tutto differente da quella poi indicata come "reale" (n. 525/1967). Inoltre nessuna delle due concessioni sopra indicate si riferirebbe in realtà al fabbricato in parola, giacché la vera concessione relativa a quest’ultimo sarebbe la n. 89 del 14 febbraio 1968.

IV) Mancanza di legittimazione e titolo per richiedere il condono per l’espresso dissenso manifestato dal Condominio. Violazione di legge. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere. Difetto di motivazione. Violazione dei diritti dei terzi. Erronea valutazione dei presupposti per il condono.

L’impugnato provvedimento di sanatoria sarebbe illegittimo perché – pur interessando parti comuni dell’edificio condominiale (muro perimetrale e facciata) – disattende, anzi non prende neppure in considerazione, l’espresso dissenso formalmente manifestato dal Condominio.

V) Violazione dei diritti dei terzi. Violazione delle distanze legali minime previste dalla normativa urbanistico – edilizia e di piano.

La sanatoria sarebbe stata consentita in presenza di violazione delle distanze legali minime, perché la copertura del manufatto abusivo dista meno di 50 cm dalla finestra della camera da letto dei coniugi U.C. / V..

I ricorrenti concludono, anche con successiva memoria, per l’accoglimento del gravame.

Il Comune di Reggio Calabria si è costituito in giudizio e ha sostenuto, con articolate controdeduzioni e successive memorie, la piena legittimità del provvedimento impugnato, chiedendo la reiezione del ricorso.

Si è costituito in giudizio pure il controinteressato sig. A., che, anche con successiva memoria, ha chiesto il rigetto del gravame, deducendo in particolare quanto segue:

– la sanatoria in questione non riguarda la prima chiusura (vetrata A, di mq. 7,90 per 1,49) realizzata in aderenza al suo appartamento negli anni "60, ma solo la seconda (vetrata B, di mq. 3,05 per mq. 3,18), realizzata in ulteriore ampliamento dell’appartamento nel 1979;

– solo nel 2007 il condominio avrebbe contestato tali opere, incardinando innanzi al Tribunale civile di Reggio Calabria un giudizio volto ad ottenere la loro demolizione;

– il procedimento penale a carico del sig. A. per la realizzazione di dette opere si è concluso con la richiesta di archiviazione da parte dello stesso P.M., in considerazione dell’avvenuto decorso del termine di prescrizione dei reati eventualmente commessi;

– la vetrata B, oggetto di condono, non inciderebbe in alcun modo su parti condominiali;

– per l’occupazione ultraventennale della facciata operata dalla vetrata A, il sig. A. ha iniziato dinanzi al Tribunale civile di Reggio Calabria giudizio per far valere l’acquisto dei relativi diritti reali, per avvenuta usucapione.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 6 aprile 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. E’ necessaria una premessa in fatto.

L’impugnato permesso di costruire in sanatoria n. 146 del 28 aprile 2010 non riguarda tutto il manufatto abusivamente realizzato dal sig. A. in ampliamento del suo appartamento (per complessivi 20 mq. circa, secondo le deduzioni dei ricorrenti), ma solo una parte di esso, cioè, secondo la denominazione utilizzata dalla difesa del controinteressato, la vetrata B (di circa mq. 9).

L’adiacente parte rimanente (vetrata A) rimane dunque abusiva, per ammissione dello stesso controinteressato (v. pag. 11 della memoria di costituzione depositata il 27 luglio 2010), con conseguente obbligo del Comune di Reggio Calabria di adottare i provvedimenti sanzionatori del caso, finora – a quanto pare – disatteso, malgrado le puntuali segnalazioni operate dal Condominio con note del 15 settembre 2007 e del 5 febbraio 2008, in atti) e il sopralluogo effettuato dal tecnico comunale in data 9 ottobre 2007, per l’istruttoria della pratica di condono (v. copia in atti).

La vetrata B è allocata sul cortile di proprietà del sig. A. e confina dal lato sud con la vetrata A (a sua volta confinante con il muro perimetrale dell’edificio condominiale), della parte finale (lato monte) della quale costituisce in sostanza un’estensione, anche per quanto riguarda il tetto di copertura.

Ciò posto, si può passare all’esame delle censure proposte dai ricorrenti (Condominio e due condomini) avverso il rilascio del predetto permesso di costruire in sanatoria.

3. Con il I) motivo si sostiene che l’istanza di condono sfociata nel provvedimento impugnato sarebbe stata presentata dal sig. A. dopo la scadenza del termine di legge del 31 marzo 1995.

La doglianza è inaccoglibile, giacché l’amministrazione ha prodotto in giudizio copia della busta che conteneva l’istanza in questione, recante il timbro postale del 30 marzo 1995, certificata in data 8 luglio 2010 come conforme all’originale dal funzionario comunale addetto, senza che i ricorrenti forniscano prova alcuna della sospettata alterazione della stessa.

4. Con il II) motivo i ricorrenti deducono che le integrazioni alla domanda di sanatoria richieste dal Comune con nota del 2 agosto 2004 avrebbero dovuto essere prodotte dall’interessato entro e non oltre il 31 dicembre 2005.

La censura è fondata.

Secondo la giurisprudenza, la procedura amministrativa di sanatoria edilizia prevista dagli art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 e 38 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 deve ritenersi improcedibile (con conseguente diniego della sanatoria), ai sensi del comma 4 del citato art. 39 (come modificato dall’art. 2, comma 37, della legge 23 dicembre 1996 n. 662), non solo nel caso di mancata presentazione dei documenti entro il termine previsto dalla legge (tre mesi dalla richiesta), ma anche nel caso in cui il termine sia stato prorogato d’iniziativa del Sindaco ed entro detto termine prorogato vi sia stato adempimento da parte del condonante, atteso che un termine stabilito dalla legge a pena di decadenza non può essere discrezionalmente prorogato dall’autorità amministrativa (Cass. pen., III, 11 luglio 2000, n. 10969; T.A.R. Puglia, Bari, II, 20 ottobre 2010, n. 3680).

Nella fattispecie l’amministrazione ha illegittimamente accolto l’istanza di condono, malgrado che il controinteressato abbia iniziato a produrre le dovute integrazioni, peraltro in assenza di proroghe di sorta, solo dopo oltre tre anni dalla richiesta (cfr. nota del 24 ottobre 2007, che riscontra la richiesta formulata dal Comune con nota del 2 agosto 2004, in atti).

Né le argomentazioni della difesa comunale, che invoca le difficoltà operative determinate dal rilevante numero di istanze di condono, possono giustificare un mancato rispetto dei termini di legge, imputabile – dopo la richiesta dell’amministrazione – esclusivamente al privato interessato.

5. Con il III) motivo si rileva che in data 26 febbraio 2008 il sig. A. ha presentato una "rettifica" dei dati della domanda di condono che configurerebbe una domanda del tutto diversa, con dati ed elementi essenziali totalmente nuovi. Ciò in quanto nell’istanza originale era stata indicata una concessione edilizia (n. 170/1966) relativa al fabbricato condominiale del tutto differente da quella poi indicata come "reale" (n. 525/1967). Inoltre nessuna delle due concessioni sopra indicate si riferirebbe in realtà al fabbricato in parola, giacché la vera concessione relativa a quest’ultimo sarebbe la n. 89 del 14 febbraio 1968.

Tali lagnanze sono prive di fondamento.

Dalla documentazione in atti emerge che in effetti la concessione concernente l’edifico condominiale originale è la n. 525/1967 e che per mero errore materiale il sig. A. ha indicato in un primo momento la n. 170/1966. La concessione n. 89/1968 concerne, invece, una sopraelevazione (sesto piano fuori terra) dell’edificio, successivamente assentita.

6. Con il IV) ed il V) motivo si deduce che l’impugnato provvedimento di sanatoria sarebbe illegittimo perché – pur interessando parti comuni dell’edificio condominiale (muro perimetrale e facciata) disattende, anzi non prende neppure in considerazione, l’espresso dissenso formalmente manifestato dal Condominio e perché la sanatoria sarebbe stata consentita in presenza di violazione delle distanze legali minime.

Dette censure meritano favorevole considerazione.

Il collegio condivide l’orientamento interpretativo secondo cui nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, l’amministrazione ha il potere ed il dovere di verificare l’esistenza in capo al richiedente di un idoneo titolo di godimento sull’immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, per cui, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari (quali le opere edilizie interessanti porzioni condominiali comuni), è legittimo esigere il consenso degli stessi o pretendere la produzione della dichiarazione di assenso dell’amministrazione condominiale anche nelle ipotesi di autorizzazioni in sanatoria, in quanto il contitolare del bene può essere estraneo all’abuso ed avere un interesse contrario alla sanatoria di opere che potrebbero risolversi in danno del medesimo (T.A.R Abruzzo, Pescara, I, 6 giugno 2009, n. 401).

Il collegio ritiene inoltre che in tema di proprietà, l’obbligo di rispettare le distanze legali – previste dagli strumenti urbanistici per le costruzioni legittime non soltanto a tutela dei proprietari frontisti ma anche per finalità di pubblico interesse – deve essere osservato a maggior ragione nel caso di costruzioni abusive, sicché in sede di esame di istanze di sanatoria amministrativa (i cui effetti sono limitati al campo pubblicistico e non pregiudicano i diritti dei terzi), la violazione delle distanze legittimamente ne comporta il diniego con conseguente necessità di disporre e procedere all’abbattimento e alla riduzione a distanza legale della costruzione illegittima (T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 10 novembre 2010, n. 23762).

Su tali basi, risulta evidente che il Comune, invece di ignorarla totalmente, avrebbe dovuto prendere in specifica considerazione l’espressa e reiterata opposizione del Condominio A. al rilascio della sanatoria de qua, (v. note del 15 settembre 2007 e del 5 febbraio 2008, in atti) con riferimento alla lamentata compromissione di parti comuni (facciata, muro perimetrale), nonché rilevare la violazione delle distanze minime di legge tra l’opera sanata e la finestra dell’appartamento immediatamente sovrastante dal lato sud.

7. In relazione alle considerazioni sopra svolte, il ricorso in esame risulta fondato e va quindi accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

8. Sussistono i presupposti di legge per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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