T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 20-04-2011, n. 2233 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società ricorrente, aggiudicataria provvisoria della gara per l’affidamento del servizio di gestione, conduzione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti termici e di climatizzazione dell’azienda ospedaliera (indetta con delibera del direttore generale n. 525 del 22 maggio 2009), impugna gli atti in epigrafe emarginati, lamentando l’illegittimità della revoca della gara per una serie di ragioni attinenti alla violazione del codice dei contratti pubblici, alla violazione del regolamento recante il capitolato generale di appalto dei lavori pubblici, alla violazione del bando, del disciplinare e del capitolato speciale di appalto, alla violazione della legge sul procedimento amministrativo, nonché all’eccesso di potere sotto svariati profili.

La medesima propone, altresì, domanda di risarcimento dei danni conseguenziali alla disposta revoca, fornendone gli indici di quantificazione.

Resiste l’azienda intimata.

2. Il Collegio prescinde dallo scrutinio delle eccezioni di rito formulate dalla difesa aziendale, giacché il ricorso si presenta infondato nel merito.

Si premette, in punto di fatto, che la gravata delibera di revoca trae l’interesse pubblico alla rimozione dalla circostanza che, per effetto dei lavori di ristrutturazione riguardanti parte del padiglione centrale della struttura sanitaria (intera stecca lato ovest), già appaltati ed in corso di esecuzione, si è ridotta l’ampiezza dell’oggetto dell’originario affidamento; ne deriva, ad avviso dell’azienda ospedaliera, che costituisce aggravio di spesa aggiudicare definitivamente la gara in parola alla S. S.p.A., dal momento che, in virtù della minor superficie a cui assicurare manutenzione, il corrispettivo dell’appalto, calcolato in ragione di più estesi spazi, non risulta più aderente all’effettivo servizio da svolgere.

2.1 Ciò chiarito, con una prima articolata censura parte ricorrente evidenzia che sono carenti le ragioni di pubblico interesse poste alla base del provvedimento di revoca, almeno per un triplice ordine di motivi: a) non sussiste alcun risparmio di spesa nella rimozione della gara già espletata e nella conseguente indizione delle due procedure con corrispettivi parametrati alle minori superfici da coprire, poiché, pur riducendo le superfici oggetto del servizio e sommando ai costi di tali due procedure (quali pubblicazione di due bandi e compensi per i componenti delle commissioni di gara) i prezzi rispettivamente posti a base d’asta, si otterrebbe un importo di circa Euro 6.000.000,00, che è uguale all’importo a base d’asta della gara originaria, avente ad oggetto, però, un maggior numero di ambienti; b) siccome la stessa azienda ospedaliera prevede di rientrare nella disponibilità della parte di padiglione oggetto di ristrutturazione entro 400 giorni dalla consegna del cantiere, con conseguente attivazione di nuovo affidamento per il servizio manutentivo inerente alle corrispondenti superfici, "l’indizione di due nuove gare (trimestrale e pluriennale) per un servizio relativo a superfici solo temporaneamente ridotte comporta, di fatto, un onere economico a carico dell’azienda di portata maggiore rispetto a quello che l’ente avrebbe sopportato in caso di aggiudica definitiva in favore della S. SpA, con adeguamento del costo del contratto calibrato in ragion della minor superficie oggetto del servizio, limitato, ovviamente, al tempo strettamente necessario per la riconsegna della struttura oggi non disponibile"; c) dovendo l’azienda ospedaliera assicurare nel corso di poco più di un anno il servizio di manutenzione anche per la parte di padiglione in ristrutturazione, con conseguente assunzione dei relativi oneri economici, si esporrà "presumibilmente" ad un aumento dei costi stessi di manutenzione rispetto a quelli attuali.

La doglianza, come complessivamente sviluppata, non merita condivisione.

2.2 Il Collegio rileva, innanzitutto, che è erroneo l’accostamento dei costi totali delle due nuove procedure all’importo posto a base d’asta della gara revocata, giacché una corretta comparazione tra oneri economici discendenti da separate procedure selettive presuppone che le stesse abbiano la stessa durata, altrimenti verrebbe falsata la loro effettiva incidenza sugli esercizi finanziari, e quindi sulle disponibilità di bilancio, della stazione appaltante.

Ne discende che un confronto, in termini di onerosità economica, può essere condotto solo con riferimento alla gara revocata ed alla procedura aperta indetta con la delibera n. 560/2010, che hanno la stessa durata pluriennale, pari nel complesso a cinque anni.

Ebbene, a fronte di un importo a base d’asta, relativo alla gara revocata, di Euro 6.000.000,00, la procedura aperta in parola prevede un corrispettivo presunto di Euro 5.500.000,00, con un evidente risparmio di spesa nel quinquennio di Euro 500.000,00. Né tale economia può essere erosa dagli eventuali costi aggiuntivi inerenti all’indizione della nuova gara, giacché questi, consistenti essenzialmente nelle spese di pubblicazione e nei compensi per i componenti della commissione giudicatrice, non riuscirebbero mai a raggiungere cifre dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro.

In definitiva, risulta conclamato il conseguimento per la stazione appaltante dell’obiettivo di una congrua riduzione dei costi.

2.3 In secondo luogo, si osserva che non era possibile per l’azienda ospedaliera ricorrere ad una rimodulazione in diminuzione dell’oggetto dell’appalto, in relazione alla temporanea indisponibilità di una parte della struttura sanitaria, non solo perché, a termini dell’art. 114 del codice dei contratti pubblici, l’istituto delle varianti in corso d’opera non è immediatamente applicabile agli appalti di servizi, richiedendo l’intermediazione del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice, non ancora emanato alla data di adozione della delibera di revoca (ed attualmente in gran parte non ancora in vigore), ma anche perché lo stesso art. 3 del capitolato originario prevedeva solo possibilità di modifica in ampliamento dell’oggetto contrattuale, mediante, previo adeguamento del corrispettivo, nuove assegnazioni di aree e/o edifici che si rendessero disponibili durante il corso dell’appalto.

2.4 Infine, deve essere disatteso l’argomento del "presumibile" futuro aumento dei costi di manutenzione, essendo lo stesso collegato ad elementi di aleatorietà discendenti dal poco prevedibile andamento dei cicli economici, che deve far propendere per la ragionevolezza della scelta dell’amministrazione di lucrare l’immediato risparmio di spesa derivante dalla ridefinizione al ribasso del prezzo posto a base d’asta.

3. Con altra censura, parte ricorrente deduce la pretestuosità e la contraddittorietà della motivazione del provvedimento di revoca, in quanto "l’amministrazione era perfettamente a conoscenza che parte delle strutture ospedaliere sarebbero state indisponibili per effetto e conseguenza dei lavori di ristrutturazione già appaltati e, quindi, avrebbe potuto, ab origine, modificare le superfici oggetto del servizio aggiudicato alla S. SpA".

La doglianza non ha pregio essendo smentita in fatto dalle emergenze processuali, che danno conto che la stazione appaltante, avendo bandito la procedura selettiva per il servizio di manutenzione prima di quella per i lavori di ristrutturazione (la relativa delibera di indizione è del 10 giugno 2009) non poteva essere edotta della precisa consistenza degli immobili oggetto degli interventi di riqualificazione, né, tantomeno, poteva prevedere i tempi dell’affidamento dei lavori, il loro cronoprogramma e le date di consegna dei singoli cantieri. Ad ogni modo, quand’anche si riuscisse a dimostrare che l’amministrazione fosse stata a conoscenza, al momento dell’indizione della prima gara, dell’indisponibilità temporanea di alcune strutture, ciò non implica l’inibizione dei poteri di revoca alla luce di una rinnovata ponderazione dell’interesse pubblico originario (arg. ex art. 21 quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990).

4. Con una terza censura, viene lamentata l’inesistenza dei presupposti per il ricorso allo strumento della revoca, giacché l’azienda ospedaliera avrebbe dovuto rideterminare in diminuzione, previo contraddittorio con la società ricorrente, il contenuto del contratto da sottoscrivere, in applicazione dell’art. 3 del capitolato speciale – laddove prevede che "L’A.O., a suo insindacabile giudizio, si riserva di apportare eventuali variazioni alle modalità di espletamento del servizio affidato all’Appaltatore, ai fini di un maggiore coordinamento con l’organizzazione delle attività proprie della stessa A.O." – e dell’art. 10 del d.m. n. 145/2000 (regolamento recante il capitolato generale di appalto dei lavori pubblici), che prescrive l’obbligo dell’appaltatore di eseguire le variazioni che non superino il quinto dell’importo complessivo dell’appalto.

Anche tale doglianza non si presta ad essere condivisa.

Il Collegio si limita ad osservare, in primo luogo, che l’invocata disposizione del capitolato non contempla, atteso il suo inequivoco tenore letterale, il potere di modifica unilaterale del contenuto contrattuale ad opera della stazione appaltante (il che si presenta in sé poco plausibile per la contrarietà ai principi informatori della contrattualistica pubblica), bensì il più limitato potere di conformare le modalità operative di espletamento del servizio di manutenzione, raccordandole con le esigenze organizzative della struttura ospedaliera.

In secondo luogo, si nota che l’art. 10 del d.m. n. 145/2000 ha un ambito applicativo ristretto, circoscritto ai soli appalti di lavori pubblici, per i quali è stato appositamente congegnato, e non appare assolutamente estensibile agli appalti di servizi (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, Sez. V, 13 novembre 2002 n. 6281).

5. Con un’ulteriore censura, la ricorrente stigmatizza l’omessa valutazione del contrapposto interesse privato al mantenimento della situazione di vantaggio, in violazione dei principi che regolano l’attività di rimozione in autotutela dei provvedimenti amministrativi.

La censura deve essere disattesa sulla scorta della decisiva considerazione che fino all’aggiudicazione definitiva di una gara non è configurabile alcuna posizione consolidata in capo all’impresa concorrente che possa postulare il riferimento, in occasione della revoca dell’aggiudicazione provvisoria, ad un interesse pubblico giustificativo del sacrificio dell’interesse privato; pertanto, deve riconoscersi all’amministrazione il potere di provvedere in merito senza essere tenuta ad esternare una particolare motivazione, giustificandosi la disposta revoca "ex se" in base alla sola dichiarata sopravvenuta inopportunità al mantenimento di un atto non più conforme all’interesse pubblico, come puntualmente avvenuto nella presente fattispecie (orientamento consolidato: cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 novembre 2007 n. 6137 e 5 settembre 2002 n. 4460; TAR Piemonte, Sez. I, 23 aprile 2010 n. 2085; TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 3 febbraio 2010 n. 555; TAR Lazio Roma, Sez. II, 9 novembre 2009 n. 10991; TAR Campania Napoli, Sez. I, 8 febbraio 2006 n. 1794; TAR Abruzzo Pescara, 27 giugno 2005 n. 410; TAR Liguria, Sez. II, 2 luglio 2004 n. 1068).

6. Né è condivisibile l’ultima censura, con cui parte ricorrente si duole della mancanza dell’avviso di avvio del procedimento di autotutela ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990.

Infatti, si ravvisa la superfluità dell’adempimento di tale formalità prima della revoca dell’aggiudicazione provvisoria, dal momento che quest’ultima si configura come atto endoprocedimentale, che si inserisce nell’iter di scelta del contraente come momento necessario ma non decisivo, atteso che l’individuazione finale dell’affidatario dell’appalto si cristallizza soltanto nell’aggiudicazione definitiva; pertanto, versandosi ancora nell’ambito dell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara, e vantando in tal caso l’aggiudicatario provvisorio solo una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, la stazione appaltante non è affatto onerata di comunicare l’avvio del procedimento di revoca in autotutela (giurisprudenza consolidata: cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2010 n. 3966, 21 novembre 2007 n. 5925 e 22 ottobre 2007 n. 5532; TAR Sicilia Catania, Sez. III, 13 novembre 2009 n. 1871 e 14 luglio 2009 n. 1308; TAR Valle d’Aosta, Sez. I, 13 maggio 2009 n. 42).

7. Si rileva, infine,, che parte ricorrente, con la memoria depositata in data 4 febbraio 2011, muove l’ulteriore censura della sostanziale coincidenza, in termini di superficie oggetto del servizio, tra l’appalto revocato e quello nuovamente indetto, attesa la successiva inclusione del padiglione di accettazione ed emergenza al posto della struttura oggetto di riqualificazione.

La censura è inammissibile poiché è contenuta in atto difensivo non notificato alle controparti, in dispregio delle regole del contraddittorio.

8. Resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, la domanda di annullamento degli stessi deve essere rigettata per infondatezza ed analoga sorte subisce la connessa domanda risarcitoria, non essendosi profilata l’ingiustizia dei danni asseritamente patiti.

In conclusione, l’odierno ricorso deve essere in toto respinto, mentre sussistono giusti e particolari motivi, in ragione della peculiarità della vicenda contenziosa, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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