T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 20-04-2011, n. 2229 Associazioni mafiose Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente svolge attività di gestione dei rifiuti solidi urbani, speciali e tossici e della raccolta differenziata. Insorge avverso la revoca dell’aggiudicazione provvisoria del servizio di nettezza urbana e contestuale affidamento al rti J.I. da parte dell’amministrazione comunale di Marcianise fondata sull’esito sfavorevole dell’acquisizione della informativa prefettizia da parte dell’U.T.G. di Caserta, la quale ha evidenziato elementi di collegamento fra l’impresa ricorrente e la malavita organizzata.

In corso di causa, a seguito di ordinanza istruttoria, la Prefettura ha depositato gli atti di informativa relativa all’impresa ricorrente, unitamente agli atti investigativi presupposti.

Avverso gli atti menzionati è insorta al ricorrente deducendo la violazione del giudicato formatosi a monte sul consorzio di cui faceva parte, la carenza di motivazione degli atti impugnati, non essendo stati indicati – né resi noti o comunque ostensibili – né gli elementi di fatto, né il procedimento logico a seguito del quale cui era stata ritenuta sussistente una condizione di contiguità mafiosa. Contesta in ogni caso che non è stato indicato alcun elemento a sostegno del giudizio sfavorevole, non ricorrendo nella fattispecie alcuna delle ipotesi tipiche di interdizione, né essendovi elementi tali da poter sostenere l’ipotesi di tentativi di infiltrazione mafiosa.

Si sono costituiti la Prefettura di Caserta e l’amministrazione appaltante, che concludono per il rigetto del ricorso. Accolta l’istanza cautelare con ordinanza n. 2098 del 2010, all’udienza del 23 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

L’oggetto del ricorso concerne da un lato la decisione della stazione appaltante di revocare l’aggiudicazione provvisoria in corso, dall’altro l’informativa prefettizia sfavorevole.

Tracciata tale distinzione, sono prive di fondamento le censure avverso la decisione assunta dalla amministrazione locale quale stazione appaltante. Essa trae fondamento dagli esiti sfavorevoli dell’informativa prefettizia prot. n. 18/SUAP/12.b.16/ANT/AREA 1^ del 30.6.10 a firma del Prefetto di Caserta, la quale ha riscontrato, in capo alla ricorrente, la sussistenza delle cause interdittive di cui all’art. 4 del d.lgs. 490/94.

In linea generale, vale osservare che la disciplina delle informazioni antimafia partecipa della medesima ratio delle misure di prevenzione, ed è intesa a combattere le associazioni mafiose con l’efficace aggressione dei loro interessi economici (C.d.S., sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 149; sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710); esse, pertanto, costituiscono degli strumenti, con funzione spiccatamente cautelare e preventivo, di contrasto della criminalità organizzata e di conseguenza, con particolare riguardo alle informazioni relative alla sussistenza di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e degli indirizzi di una società o di un’impresa, devono ritenersi di applicazione rigorosa ma generale, ogni qual volta l’impresa sospettata abbia un contatto con le pubbliche amministrazioni necessario per lo svolgimento della propria attività, salvo che la legge non disponga diversamente.

A differenza della ipotesi di informativa "atipica" o "supplementare" (in cui le controindicazioni emerse in sede di accertamento investigativo non assumono effetto interdittivo automatico), l’informazione prefettizia di cui all’articolo 4 del ripetuto d.lg. 490 del 1994 (cd "tipica") non lascia alla amministrazione destinataria della nota alcun margine di apprezzamento, poichè l’effetto inibitorio (esclusione dalle gare pubbliche, dai contributi e dagli altri atti previsti dalla normativa di settore) discende direttamente dalla legge.

Da tale considerazione consegue che la determinazione assunta da ciascuna delle stazioni appaltanti si presenta del tutto vincolata agli esiti dell’informativa prefettizia richiesta per legge.

Né coglie nel segno la doglianza relativa alla violazione delle regole sulla partecipazione al procedimento amministrativo, atteso che la delicatezza della materia impone che l’attività amministrativa sia riservata e sia caratterizzata dalla celerità della decisione. Al riguardo, è sufficiente richiamare il costante orientamento giurisprudenziale, proprio anche di questa Sezione, secondo cui, connotandosi per i caratteri di segretezza ed urgenza, il procedimento in materia di prevenzione antimafia deve ritenersi sottratto alla disciplina ed alle garanzie partecipative e procedimentali di cui alla legge n. 7.8.1990 n. 241 (Consiglio di Stato VI Sezione 29.10.2004 n. 7047; Consiglio di Stato VI Sezione 11 settembre 2001 n. 4724; T.A.R. Campania I Sezione 24 giugno 1999 n. 1789; T.A.R. Campania Napoli III Sezione 22 febbraio 2003 n. 1171).

Con questa precisazione, può passarsi all’analisi delle doglianze evidenziate nel ricorso e nei motivi aggiunti che si concentrano sulla carenza istruttoria e motivazionale dei provvedimenti prefettizi impugnati e degli atti investigativi connessi, con riguardo alla insufficienza degli elementi posti a fondamento del negativo giudizio formulato a carico della società.

Va doverosamente premesso che il nucleo originario dell’imputazione sollevata dalla Prefettura risale agli elementi utilizzati per sostenere la contiguità malavitosa del Consorzio Cesap e della relativa holding familiare ed imprenditoriale riconducibile a G. Angelo, membro del comitato direttivo del consorzio, pregiudicato e suocero (per il tramite della figlia G. M.) di un soggetto contiguo al clan Belforte. L’interdittiva antimafia nei confronti di tale consorzio, di cui fa parte l’odierna impresa ricorrente, è stata annullata in sede di appello dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 684 del 2010, di riforma della sentenza n. 818 del 2009 resa da questa Sezione in prime cure.

Corre osservare in primo luogo che non è postulabile alcuna violazione della pronunzia giurisdizionale evocata.

Ed invero, l’annullamento della precedente informativa sfavorevole in sede giurisdizionale non è di ostacolo al riesercizio del potere amministrativo, il quale deve conformarsi all’autorità della cosa giudicata nella misura in cui gli elementi a sostegno della misura interdittiva rimangano inalterati.

Nel caso di specie, invece, rispetto ai precedenti presupposti la Prefettura ha indicato nuove risultanze, che sono alla base di una riconsiderazione complessiva della posizione della società cooperativa ricorrente. Vale sul punto osservare che il giudizioso di contiguità mafiosa rappresenta una sintesi di tutti gli elementi emersi a carico del prevenuto, onde la sopravvenienza di notizie e investigazioni ulteriori è in grado fornire una chiave di lettura diversa anche in relazione ad elementi già scrutinati in sede giurisdizionale, visto che gli elementi devono essere intesi non già in senso atomistico, ma valutati nel loro insieme, ossia come quadro indiziario sintomatico di un atteggiamento complessivo dell’operato della società sospetta.

Pertanto occorre valutare se i nuovi elementi addotti a sostegno dell’informativa interdittiva, considerati complessivamente in uno con i precedenti elementi, possano supportare il giudizio di permeabilità criminale della cooperativa.

L’interdittiva impugnata è fondata sui seguenti elementi informativi:

– la nuova amministratrice della E., nominata successivamente ai provvedimenti interdittivi che hanno riguardato il gruppo imprenditoriale, è stata alle dipendenze di due società entrambe riconducibili alla famiglia G.;

– il trasferimento della sede in Macerata Campana risalirebbe al medesimo periodo;

– G. Giuseppe, con precedenti di rilievo, è stato fermato due volte a bordo di vetture (un furgone ed una Ford) intestate alla società E. ed è solito utilizzare le autovetture intestate a società dello zio G. Angelo.

Questi elementi si aggiungono al quadro complessivo riferito dalla Prefettura già in sede in interdittiva nei confronti del consorzio Cesap, da cui risulta che G. Angelo ha ottenuto un appalto grazie all’intervento di un esponente del clan dei casalesi, presso un’amministrazione locale vicina al territorio del clan. Il figlio, inserito nell’holding societaria, risulta gravato da precedenti penali ed avvistato più volte in compagnia di soggetti pericolosi per la pubblica sicurezza.

In relazione a tale quadro il Consiglio di stato ha evidenziato un evidente profilo di contraddittorietà nelle informative rassegnate dalla Questura di Caserta, la quale con due precedenti note inoltrate all’Ufficio territoriale del governo di Caserta nel settembre 2001 e nel febbraio 2008, aveva escluso in radice, con richiamo a tutti gli atti ed elementi in suo possesso, che potesse desumersi la sussistenza di condizionamento di stampo mafioso nei confronti delle scelte e degli indirizzi di società consorziate al C.E.S.A.P. Con successiva nota del 18.02.2008 la Questura di Caserta dà luogo ad un totale cambiamento rispetto alle proprie precedenti conclusioni, e ciò sulla scorta della nota del Comando carabinieri di Caserta del 06.12.2007, oggetto di mero richiamo, nella quale si dà rilievo all’ affidamento in favore del sig. G. Angelo di un appalto di servizi di pulizia da parte del Comune di Teverola, cui avrebbe concorso l’ interessamento di soggetto appartenente al clan camorristico dei Casalesi.

Secondo il giudice d’appello il corretto esercizio della potestà di prevenzione imponeva, tuttavia, all’organo di pubblica sicurezza di corredare la propria nuova determinazione di adeguata motivazione, indicando in che modo un fatto remoto, risalente a 15 anni prima rispetto alla data di affidamento degli appalti, potesse assumere valenza prevalente rispetto alla successiva condotta di vita dell’interessato, oggetto di disamina nelle due precedenti informative inoltrate al Prefetto e che aveva indotto ad escludere ogni contiguità con organizzazioni criminali. Né in sede di riunione del G.I.A. del 22.02.2008 – a fronte di un insieme di informative di prevalente segno liberatorio e positivo nei confronti della compagine sociale del C.E.S.A.P. – ha avuto luogo, prima di pervenire alla misura restrittiva dell’iniziativa di impresa del predetto Consorzio, una motivata composizione dei discordanti avvisi, esternando in motivazione le ragioni di prevalenza accordate all’informativa del Comando carabinieri di Caserta ed indicando in che misura il fatto in essa ipotizzato, risalente nel tempo, veniva a riverberare, nell’attualità, una situazione, anche potenziale, di ingerenza mafiosa nell’attività di impresa, considerato altresì l’ uscita nel 2004 del signor Angelo Grillo dalla compagine sociale sia con riguardo alla partecipazione al capitale, sia all’ investitura in cariche sociali.

Il Consiglio di Stato ha poi aggiunto, quanto alla consistenza sul piano fattuale degli elementi cui è dato rilievo indiziante del pericolo di condizionamento ed infiltrazione mafiosa, che la vicenda dell’appalto conferito dal Comune di Teverola, come ricostruita nella sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere n. 395/96 non evidenzia una situazione di condizionamento dell’Amministrazione da parte del clan camorristico ai fini dell’ affidamento e proroga dell’appalto dei servizi di pulizia del predetto Comune cui sia stato partecipe il signor Angelo Grillo. Il Tribunale è, infatti, pervenuto alla condanna degli amministratori dell’ente per il reato di abuso in atti d’ufficio sul rilievo che l’ aggiudicazione e proroga dell’ appalto di pulizie risultavano indirizzate a perseguire interessi diversi da quelli di rilievo pubblicistico, determinando un vantaggio patrimoniale per la ditta affidataria e la possibilità di dar luogo ad assunzioni clientelari su segnalazione degli amministratori comunali.

Infine sui restanti elementi ha osservato che per concorde giurisprudenza la segnalazione della frequentazione di soggetto pregiudicato – che dai referti di polizia acquisiti in giudizio non emerge peraltro nel suo accadimento oggettivo di luogo e tempo – non assume in sé valore significativo di un’attività sintomaticamente connessa a logiche e interessi malavitosi in assenza di ulteriori elementi rivelatori e, segnatamente, di una continuità e stabilità di siffatte frequentazione in connessione a vicende proprie dell’ attività di impresa esercitata. Le medesime considerazioni valgono per il signor G. G., membro del comitato direttivo del Consorzio C.E.S.A.P. e amministratore unico di una società consorziata, nei cui confronti nell’informativa del Comando dei carabinieri di Caserta del 18.04.2005 è segnalato un incontro risalente all’ ottobre 2001 con soggetti pregiudicati per delitti contro il patrimonio.

A uguale conclusione è pervenuto con riguardo ai rapporti parentali della sorella di G. G., che non esprimono in sé alcuna univoca volontà dell’organizzazione criminale di condizionare le scelte societarie, trattandosi per di più di persona estranea al corpo sociale e dirigenziale del consorzio e delle imprese consorziate.

La valutazione dei nuovi elementi addotti dalla Prefettura sulla base dei nuovi atti investigativi nulla aggiungono di rilevante in relazione alla possibile contiguità camorristica del gruppo imprenditoriale prevenuto, poiché si limitano ad irrobustire la convinzione che anche la società E. ricada nell’alveo della relazioni imprenditoriali facenti capo alla famiglia G., ma non illumina in alcun modo diverso e ulteriore rispetto al quadro precedente sulla vicinitas di tale gruppo familiare con elementi di riferimento delle organizzazioni camorristiche operanti sul territorio.

Per le considerazioni che precedono l’interdittiva prefettizia non si configura indenne dagli esaminati vizi di eccesso di potere nei profili dell’adeguatezza e dell’esaustività della motivazione, della congruenza delle determinazioni provvedimentali ai presupposti di fatto assunti a fondamento delle stesse, della ragionevolezza della misura adottata allo scopo primario cui è essa è indirizzata di tutela preventiva dal pericolo di infiltrazioni mafiose nella gestione ed utilizzo di risorse economiche da parte della pubblica amministrazione.

Va pertanto accolto il ricorso originario ed i connessi motivi aggiunti e vanno annullati i provvedimenti con essi impugnati, mentre l’accoglimento della istanza cautelare soddisfa in modo specifico il pregiudizio subito dall’impresa ricorrente (cfr. determinazione n. 2045 del 30.11.2010 del Comune di Marcianise).

Infine la richiesta di declaratoria di inefficacia del contratto è inammissibile per genericità, in quanto non consta agli atti la stipula di un contratto fra le parti evocate in giudizio.

In relazione agli specifici profili dell’insorta controversia spese ed onorari di giudizio vanno compensati fra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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